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I trattati Roma-Cartagine ebbero fondamentale importanza per le relazioni non solo diplomatiche tra le due potenze, ma anche nei confronti dei Greci di Sicilia e d'Italia, che in Siracusa videro l'ultimo baluardo della grecità nell'area del Mediterraneo centro-meridionale.Roma e Cartagine: due città-stato che riuscirono a diventare imperi, a un certo punto della loro esistenza ebbero la necessità di regolare le reciproche convenienze, le rispettive zone di influenza. Per secoli le due città operarono fianco a fianco e perfino da alleate. Gli interessi economici e le metodologie di espansione erano infatti simmetrici. Roma non guardava al mare, poiché ancora impegnata a difendersi dai vicini Sabelli, Etruschi, Galli e Greci, per conquistare l'egemonia in Italia; Cartagine, senza un vero esercito cittadino e costretta a combattere contro i Greci di Cirene, di Massilia e di Siracusa in Sicilia, nelle più lunghe guerre dell'antichità classica (cfr. le guerre greco-puniche), appariva pronta a sostenere le sue conquiste, solo dopo un'attenta valutazione dei costi e relativi benefici che ne sarebbero derivati; e se il partito aristocratico tendeva a estendere il potere della città nelle terre circonvicine, il partito commerciale era più portato allo sfruttamento di rotte ed empori nel Mediterraneo occidentale, grazie anche alla qualità della sua flotta.Tutti questi trattati non sarebbero bastati a fermare le ostilità tra le due potenze del Mediterraneo occidentale, ma con la loro stipula e osservanza, le relazioni fra Roma e Cartagine seguirono per secoli una rotta di reciproca tolleranza.
Pirro (in greco antico: Πύρρος, Pýrrhos, "il colore del fuoco, rosso biondo"; 318 a.C. – Argo, 272 a.C.) è stato re dell'Epiro tra il 306 e il 300 a.C. e di nuovo nel periodo 298-272 a.C. Appartenente alla casa degli Eacidi (che dichiarava di discendere da Neottolemo, figlio di Achille) e imparentata agli Argeadi e quindi ad Alessandro Magno, dal 306 a.C. fu re della sua gente, i Molossi, tribù preponderante dell'antico Epiro nei periodi 288-285 a.C. e 273-272 a.C. La storia lo accredita come uno dei principali antagonisti della Repubblica romana.Fu uno dei condottieri alessandrini più rilevanti, tanto che Annibale lo ritenne il più astuto degli strateghi. Fu però anche abile diplomatico e valido propagandista del proprio stesso mito: diffuse la voce che Achille e Eracle fossero suoi avi. Il libro di storie di Timeo di Tauromenio si conclude con le sue gesta e Plutarco gli dedicò una delle sue Vite parallele, raffrontandolo a Gaio Mario.
Neottolemo (in greco antico Νεοπτόλεμος) è un personaggio della mitologia greca, figlio di Achille e della principessa Deidamia, il quale partecipò come il padre alla guerra di Troia. Achille portava allora il soprannome di Pirra, "la Fulva", poiché la madre Teti, dopo aver saputo da un oracolo che suo figlio sarebbe morto davanti a Troia, immaginò di nascondere il giovane rivestendolo di abiti femminili e facendolo vivere alla corte di Licomede, re di Sciro (vedi Achille a Sciro), dove visse per nove anni con le figlie del re (fra cui Deidamia sua sposa) e proprio per il colore dei suoi capelli di un biondo ardente, prese questo appellativo alla corte reale, che poi ereditò Neottolemo prendendo l'epiteto di Pirro. In ogni caso è riconosciuto con due nomi, Neottolemo e Pirro, usati indistintamente.