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Il Grande tempio di Amon di Tebe, o Tempio di Karnak è un grande complesso templare egiziano situato sulla riva orientale del Nilo nella attuale città di Luxor. Situato presso il villaggio di Karnak a pochi kilometri da Luxor è dedicato al culto del dio Amon-Ra e costituisce una parte dell'imponente complesso templare di Karnak. Durante il Nuovo Regno fu il centro della festa annuale di Opet, nella quale una statua di Amon da qui era trasferita lungo il Nilo verso il Tempio di Luxor per il rito di fertilità. Il suo nome in lingua egizia era Ipet-sut ovvero La più venerata delle sedi"Il Tempio di Luxor è un grande complesso templare egiziano situato sulla riva orientale del Nilo nella città di Luxor (antica Tebe).
Day of the Pharaoh (trad. "giorno del faraone"), o Pharaoh nelle schermate introduttive, è un videogioco di commercio e azione ambientato nell'Antico Egitto, pubblicato nel 1989 da Rainbow Arts per Amiga, Atari ST e MS-DOS. L'azienda sviluppatrice Chip lo pubblicò anche autonomamente, in francese, con il titolo Nil Dieu Vivant ("Nilo dio vivente").
Anna Emilia Vivanti, detta Annie (Norwood, 7 aprile 1866 – Torino, 20 febbraio 1942), è stata una scrittrice e poetessa italiana che visse ed operò all'interno di varie culture; fu scrittrice eccentrica, personaggio dagli interessi multiformi, protagonista della vita intellettuale e mondana di molti paesi.
La cosiddetta Valle dei Re è un'area geografica dell'Egitto, di rilevante importanza archeologica, situata nei pressi dell'antica Tebe (Waset, o Uaset, per gli egizi), l'odierna Luxor, il cui accesso è a meno di 3 km dalla riva occidentale del Nilo. Per circa 500 anni, a partire dalla XVIII sino alla XX dinastia, ovvero dal 1552 a.C. al 1069 a.C., fu scelta quale sede delle sepolture dei sovrani del Nuovo Regno d'Egitto.. La valle, il cui nome originale, in lingua egizia, era Ta-sekhet-ma'at ("il Grande Campo"), era anche indicata come ta-int, semplicemente "la Valle". È oggi anche conosciuta, in arabo, come wādī Bībān al-Mulūk (بيبان الملوك) ovvero "la valle delle porte dei re" e nelle sue tombe sono infatti sepolti i sovrani del paese appartenenti alle dinastie sopra indicate, mentre alle regine, alle consorti reali e ai principi di casa regnante era destinata un'altra area alquanto vicina: la cosiddetta Valle delle Regine (Ta-Set-Neferu). Il nome della necropoli, in caratteri geroglifici, era il seguente:
Il tempio di Apollo (Apollónion) è uno dei più importanti monumenti di Ortigia, antistante alla piazza Pancali a Siracusa. È certamente il più antico tempio dorico dell'Occidente greco.
Il museo del Louvre (in francese Musée du Louvre, IPA [myze dy luvʁ]) di Parigi, in Francia, è uno dei più celebri musei del mondo e il primo per numero di visitatori. Si trova sulla rive droite, nel I arrondissement, tra la Senna e Rue de Rivoli.
Gioachino Rossini, o Gioacchino, al battesimo Giovacchino Antonio Rossini (Pesaro, 29 febbraio 1792 – Passy, 13 novembre 1868), è stato un compositore italiano. Fra i massimi e più celebri operisti della storia, la sua attività ha spaziato attraverso vari generi musicali, ma è ricordato principalmente per opere famose e celebrate quali Il barbiere di Siviglia, L'italiana in Algeri, La gazza ladra, La Cenerentola, Il turco in Italia, Semiramide e Guglielmo Tell. Rossini compose la prima opera all'età di quattordici anni e scrisse trentanove opere di rilievo in diciannove anni, prima del suo improvviso abbandono del teatro nel 1829; seguirono decenni in cui Rossini abbandonò l'attività compositiva a livello professionale e fu afflitto da depressione. Morì nella campagna parigina di Passy, dove si era ritirato a vita privata. Più importante compositore italiano della prima metà del XIX secolo e uno dei più grandi operisti della storia della musica, per la precocità e la velocità di composizione Rossini è stato soprannominato il "Mozart italiano". Definito da Giuseppe Mazzini «un titano. Titano di potenza e d'audacia [...] il Napoleone d'un'epoca musicale», tipico del suo stile era il crescendo orchestrale su una frase ripetuta, immortalato nella locuzione crescendo rossiniano.
I furti napoleonici, o più correttamente “spoliazioni napoleoniche”, furono una serie di sottrazioni di beni, in particolare opere d'arte (ed in genere di opere preziose), attuate dall'esercito francese (o da funzionari napoleonici) nei territori del Primo Impero francese, quali la penisola italiana, la Spagna, il Portogallo, i Paesi Bassi e il Belgio, l'Europa centrale. Le spoliazioni vennero costantemente perpetrate nell'arco di venti anni, dal 1797 fino al Congresso di Vienna nel 1815. Secondo lo storico Paul Wescher, le spoliazioni napoleoniche rappresentarono "il più grande spostamento di opere d'arte della storia", che provocò anche diversi danni in quanto "è difficile stabilire con esattezza quante opere d'arte di valore unico andarono distrutte o disperse in quei giorni".Durante il Congresso di Vienna, Austria, Spagna, stati tedeschi e Inghilterra ordinarono l'immediata restituzione di tutte le opere sottratte "senza alcun negoziato diplomatico" sostenendo come "la spoliazione sistematica di opere d'arte è contraria ai principi di giustizia e alle regole della guerra moderna". Venne in fine affermato il principio di come non ci potesse essere alcun diritto di conquista che permettesse alla Francia di detenere il frutto di spoliazioni militari e che tutte le opere d'arte dovessero essere restituite. Secondo la storica Mackay Quynn, gli stati europei, ma specilamente quelli italiani separati dalle Alpi dalla Francia, si trovarono davanti ad elevatissimi costi di trasporto e all'ostinata resistenza dell'amministrazione francese. I Prussiani, vedendosi negato l'accesso alle gallerie del Musée Napoléon, minacciarono di spedire in prigione in Prussia il Direttore Vivant Denon in persona se questi non avesse lasciato agire i propri ufficiali. La strategia dovette funzionare, se in meno di qualche settimana tutti i capolavori dei Prussiani erano pronti per l'imballaggio fuori dai cancelli dell'ex Musée Napoléon, divenuto Louvre. La Spagna inviò funzionari dell'esercito insieme a un discreto numero di militari prima delle conclusioni del Congresso di Vienna, i quali, rompendo i portoni del Musée Napoléon, si ripresero tutte le opere con la forza. Anche Belgio ed Austria mandarono il proprio esercito, senza attendere la conclusione del Congresso di Vienna. Giova ricordare come i furti napoleonici ebbero lunghi strascichi nella storia europea. Durante la guerra franco-prussiana, la Germania di Bismarck chiese alla Francia di Napoleone III la restituzione delle opere d'arte ancora detenute dai tempi delle spoliazioni napoleoniche ma che non erano state restituite.Per quanto riguarda le città italiane, queste si mossero disunite, lente e disorganizzate, prive del supporto di un esercito nazionale, di un corpo diplomatico motivato, e nel disinteresse delle dinastie straniere ai simboli nazionali, oltre che a pagare di tasca propria le spese di spedizione. In Italia le spoliazioni napoleoniche erano sconfinate nelle ruberie e nel vandalismo. Secondo lo storico dell'arte Steinman, gli ufficiali francesi progettarono di staccare gli affreschi di Raffaello dalle Stanze Vaticane e di spedire in Francia la Colonna Traiana. I napoleonici fusero il tesoro della Basilica di San Marco, bruciarono il Bucintoro, la nave ammiraglia della flotta, per ottenerne l'oro delle decorazioni e pagare l'esercito, smantellando l'Arsenale di Venezia, ancora colmo dei trofei militari della Serenissima. I napoleonici tagliarono a pezzi il più grande Rubens in Italia, la Trinita Gonzaga, per poterlo vendere meglio sul mercato, mentre i due pannelli laterali vennero spediti a Nancy e ad Anversa, dove ancora oggi si trovano. Alla ricerca di oro, gli ufficiali francesi tentarono anche di fondere le opere del manierista Benvenuto Cellini. Per la Lombardia e il Veneto, che erano sotto gli Asburgo d'Austria, il governo di Vienna negoziò ma non richiese le opere d'arte portate via dalle chiese, come l'Incoronazione di spine è di Tiziano, commissionata per la chiesa di Santa Maria delle Grazie a Milano, che non fu restituita perché non fu richiesta ufficialmente al Governo francese. Il governo toscano, sotto gli Asburgo-Lorena, non richiese i capolavori sottratti alle chiese sostenendo che sarebbero serviti a pubblicizzare la grandiosità dell'arte toscana, lasciando così in Francia capolavori assoluti quali le stigmate di San Francesco di Giotto, la Maestà di Cimabue o L'Incoronazione della Vergine del Beato Angelico. Per Parma, sotto ex-moglie di Napoleone, Maria Luigia, adottò un'istanza mediatrice, lasciando metà delle opere in Francia e rimpatriandone laltra metà. Il governo pontificio preferì non richiedere tutto, soprattutto i quadri conservati nei musei delle province francesi come molti Perugino sottratti alle chiese di Perugia, per non turbare la ri-cristianizzazione delle campagne francesi uscite dal giacobinismo. Antonio Canova, delegato dallo Stato della Chiesa ai rimpatri, era dotato di documentazione archivistica assai limitata, e si affidava ai funzionari dell'esercito austriaci. Secondo il catalogo del Canova, dei 506 dipinti portati in Francia, 248 rimasero in Francia, 249 tornarono in Italia, 9 vennero indicati come non rintracciabili, raro caso in Europa di opere catalogate e non restituite.
Christian Jacq (Parigi, 28 aprile 1947) è uno scrittore, egittologo e saggista francese. Ha scritto numerosi libri e romanzi sull'antico Egitto, spesso incentrati sulla figura di Ramses II, faraone che Christian Jacq ammira molto.