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Renato Guttuso, all'anagrafe Aldo Renato Guttuso (Bagheria, 26 dicembre 1911 – Roma, 18 gennaio 1987), è stato un pittore e politico italiano, impropriamente indicato come esponente del realismo socialista, protagonista della pittura neorealista italiana che si espresse negli artisti del Fronte Nuovo delle Arti. Figlio di Gioacchino (1865-1940), agrimensore e acquerellista dilettante, e di Giuseppina d'Amico (1874-1945) – che preferirono denunciare la nascita a Palermo il 2 gennaio 1912 per contrasti con l'amministrazione comunale di Bagheria dovuti alle idee liberali dei coniugi – il piccolo Renato manifestò precocemente la sua predisposizione alla pittura. Influenzato dall'hobby del padre e dalla frequentazione dello studio del pittore Domenico Quattrociocchi nonché della bottega del pittore di carri Emilio Murdolo, il giovane Renato incominciò appena tredicenne a datare e firmare i propri quadri. Si trattava per lo più di copie (paesaggisti siciliani dell'Ottocento ma anche pittori francesi come Millet o artisti contemporanei come Carrà), ma non mancavano ritratti originali. Durante l'adolescenza cominciò anche a frequentare lo studio del pittore futurista Pippo Rizzo e gli ambienti artistici palermitani. Nel 1928, appena diciassettenne partecipa alla sua prima mostra collettiva a Palermo. La sua arte, legata all'espressionismo, fu caratterizzata anche dal forte impegno sociale, che lo portò anche all'esperienza politica come senatore del Partito Comunista Italiano per due legislature, durante la segreteria di Enrico Berlinguer.
Profilo è un dipinto di Renato Guttuso. Eseguito nel 1956, appartiene alle collezioni d'arte della Fondazione Cariplo.
La Crocifissione è certamente uno dei quadri più famosi di Guttuso e uno dei più importanti in quanto lo rivelò al pubblico e alla critica. L'opera esposta nel 1942 in occasione del Premio Bergamo, nel quale ottenne il secondo posto, si è subito segnalata per la sua forte carica espressiva, rivoluzionaria e, secondo la Chiesa cattolica anche eretica, soprattutto per la presenza della figura della Maddalena nuda; scelta quest'ultima che valse all'autore l'appellativo di "pictor diabolicus". Guttuso profuse il massimo impegno nel trattare questo tema arduo e in particolare cercò di discostarsi dalla precedente tradizione iconografica pensando addirittura, sulla scorta dell'opera di Picasso, di ambientare la scena in un interno. Scelse poi come ambientazione il Golgota ma tuttavia utilizzò uno schema spaziale del tutto nuovo con la disposizione delle tre croci non una di fianco all'altra ma in diagonale una dietro l'altra secondo uno schema simile a quello seguito da Rembrandt nel disegno Cristo in croce tra i due ladroni. La prospettiva ricorda certamente quella a cannocchiale di Tintoretto utilizzata ad esempio nell'Ultima Cena, ma appare in questo caso volutamente irreale per creare così un senso di straniamento ancora maggiore nell'osservatore. Il volto di Cristo è nascosto dalla croce di uno dei due ladroni e possiamo solo immaginarne la smorfia di dolore. La pennellata presenta il tratto spesso e deciso tipico di Guttuso che unitamente ai colori accesi e dalle tinte pastello danno una forte carica espressiva ai corpi dei personaggi e all'opera stessa. La spigolosità delle figure, seppure tipica di Guttuso ricorda con forza quello di Rosso Fiorentino nella Deposizione dalla croce. È chiara l'influenza del Guernica di Picasso, di pochi anni precedente, al quale sembra volere rendere omaggio con la figura del cavallo molto simile a quello dipinto in Guernica e forse anche liberamente ispirato a quello del Trionfo della morte di Palermo. Questi riferimenti sono stati implicitamente confermati dallo stesso Guttuso nel Trionfo della guerra da lui stesso definito un omaggio a Palazzo Sclafani, Honoré Daumier, Rousseau, Franz Marc (I cavalli azzurri), Picasso e al bambino ebreo di Varsavia. "La nudità dei personaggi non voleva avere intenzione di scandalo. Era così perché non riuscivo a vederli, a fissarli in un tempo: né antichi né moderni, un conflitto di tutta una storia che arrivava fino a noi. Mi pareva banale vestirli come ogni tentativo di recitare Shakespeare in frac, frutto di una visione decadente. Ma, d'altra parte, non volevo soldati vestiti da romani: doveva essere un quadro non un melodramma. Li dipinsi nudi per sottrarli a una collocazione temporale: questa, mi veniva da dire, è una tragedia di oggi, il giusto perseguitato è cosa che soprattutto oggi ci riguarda. Nel fondo del quadro c'è il paesaggio di una città bombardata: il cataclisma che seguì la morte di Cristo era trasposto in città distrutta dalle bombe" (R. Guttuso, "La crocifissione" al Premio Bergamo, in "Il Contemporaneo", aprile 1965). È evidente il gusto per il dettaglio che emerge dai continui riferimenti ai Vangeli: un soldato tiene in una mano un'asta con in cima una spugna imbevuta di aceto e nell'altra delle pietre; le corde stesse con cui è legato uno dei ladroni sembrano quasi sfilacciate, dolorose, taglienti. L'intento di Guttuso in quest'opera e più in generale nella sua arte appare da una sua stessa frase: Una Crocifissione che sembri una natura morta e una natura morta che sembri una Crocifissione. La Crocifissione deve essere il dramma di tutti gli esseri umani e in questo senso una scena comune. Questo è tempo di guerra e di massacri: gas, forche, decapitazioni, voglio dipingere questo supplizio del Cristo come una scena di oggi. Non certo nel senso che Cristo muore ogni giorno sulla croce per i nostri peccati ma come simbolo di tutti coloro che subiscono oltraggio, carcere, supplizio per le loro idee. Lo stesso titolo Crocifissione, e non La Crocifissione, non è casuale ma mette in evidenza come l'opera rappresenti non solo il dramma di Gesù ma quello di tutta l'umanità. Guttuso, infatti, pur rappresentando l'episodio evangelico, la Crocifissione per antonomasia, pone l'accento sull'universalità del dolore e sulla sua profonda attualità. È interessante a questo proposito osservare come le case sullo sfondo siano appena accennate, squadrate secondo lo stile cubista, e per la loro essenzialità di linee possano essere le case del tempo così quelle di tutti i giorni. Il paesaggio del resto non è certo quello del Golgota ma presenta delle asperità che ricordano piuttosto i luoghi della memoria di Guttuso, cioè la Sicilia. Sciascia ha scritto giustamente che: Qualunque cosa volle dipingere dipinse sempre la Sicilia. Particolarmente indicativo è, a questo proposito, il ponte sullo sfondo. Non è un ponte romano ma il caratteristico ponte arabo-normanno a gobba d'asino, del quale sono presenti innumerevoli esempi in Sicilia, come il ponte chiaramontano sul fiume San Leonardo vicino Caccamo recentemente sommerso a causa dell'innalzamento delle acque dovuto a una diga.
L'arte figurativa, a differenza dell'arte astratta, riguarda la rappresentazione di immagini riconoscibili del mondo intorno a noi, a volte fedeli e accurate, a volte altamente distorte. Alcuni degli stili artistici sono essenzialmente figurativi come gli stili del Rinascimento, Barocco e del Realismo. Per contro, molti movimenti più recenti come l'Impressionismo o l'Espressionismo sono anche figurativi, ma meno preoccupati per il mimetismo con la realtà. Infine, il Fotorealismo e l'Iperrealismo sono movimenti attuali di rappresentazione di soggetti riconoscibili. Il termine arti figurative viene anche usato per denotare collettivamente le attività artistiche che si basano sulle figure, cioè pittura, disegno, grafica, architettura, scultura e altre arti plastiche.
Il Premio Bergamo fu promosso dal Ministro dell'Educazione Nazionale Giuseppe Bottai, gerarca fascista, nel 1939 in contrapposizione al Premio Cremona voluto da Roberto Farinacci. Bottai, coadiuvato dal Direttore Generale Mario Lazzari, e con l'avallo dei responsabili locali (Giovanni Pieragostini, Fausto Brunelli, Giulio Massironi, Bindo Missiroli) diede vita a quattro edizioni, dal 1939 al 1942. La quinta, prevista per il 1943 fu annullata per la guerra. I vincitori delle quattro edizioni sono stati: 1939 Carlo Varese 1940 Mario Mafai 1941 Bruno Cassinari 1942 Renato GuttusoCome è scritto nel catalogo della mostra Anni Trenta. Arti in Italia oltre il fascismo: «A cavallo del 1940 la dialettica artistica in Italia si manifesta proprio nella rivalità tra i Premi Cremona (1939-1941) e Bergamo (1939-1942). Il primo, ispirato dal federale di Cremona Farinacci, è sintonizzato sull'onda delle mostre hitleriane: "Ascoltando alla radio un discorso del Duce" e "Stati d'animo creati dal Fascismo" sono i temi della prima edizione. Il secondo, promosso dal ministro dell'Educazione nazionale Bottai, è più attento alla qualità della pittura, come indicano i temi delle prime edizioni: "Il paesaggio" e "Una o più figure umane in un'unica composizione". E proprio il Premio Bergamo – dove nel 1941 scoppia il caso della Crocifissione di Guttuso, 'blasfema' per iconografia e per lo stile alla Picasso – funziona da palestra per tanti giovani pittori aperti alle suggestioni d'Oltralpe e destinati al rinnovamento artistico dell'Italia liberata». Nel 1942 Renato Guttuso vinse il secondo premio con la sua Crocifissione (1941), nonostante la censura del regime fascista (l'opera fu accusata di empietà). La Curia addirittura diramò il seguente comunicati: “D'ordine di S. E. Monsignor Vescovo, si dà avviso a tutto il Clero della diocesi ed a quello che fosse di passaggio per la nostra città, che è ad esso proibito l'accesso alla Mostra del Premio Bergamo, pena la sospensione a divinis ipso facto incurrenda”. Nelle quattro edizioni parteciparono più di 333 artisti. Tra essi si ricordano: Attilio Alfieri Cesare Breveglieri Domenico Cantatore Giuseppe Capogrossi Bruno Cassinari Mario Cortiello Cristoforo De Amicis Sergio Nicolò de Bellis Filippo de Pisis Renato Guttuso Umberto Lilloni Raffaello Locatelli Trento Longaretti Mario Mafai Carlo Martini Dante Montanari Luigi Montanarini Emilio Notte Matteo Pedrali Ottone Rosai Angelo Savelli Armando Pizzinato Alfredo Signori