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Il Wabi-cha (侘茶) è lo stile della Cerimonia del tè giapponese praticata secondo gli insegnamenti dei monaci buddhisti zen Murata Shukō (村田珠光, 1423-1502), Takeno Jōō (武野紹鴎, 1502-1555), e Sen no Rikyū (千利休, 1522-1591). Essa si caratterizza per la semplicità e la sobrietà del rito e per il suo stretto collegamento agli insegnamenti buddhisti. Il fondamento della concezione wabi (侘) della Cerimonia del tè è già presente fin dall'opera di Murata Shukō quando egli evidenziava come "uno splendido cavallo si manifesta meglio in un'umile capanna che in una sontuosa stalla". Secondo lo studioso giapponese Masao Shoshin Ichishima la metafora di Murata Shukō è evidente: il meraviglioso cavallo rappresenta la "mente originaria" (giapp. hongaku, 本覺) mentre l'umile capanna di paglia indica la "stanza del tè" (Chashitsu, 茶室 soprattutto nel suo stile yojouhan 四畳半). La sobria e semplice bellezza wabi si oppone dunque alla bellezza sontuosa, denominata in giapponese basara (伐折羅, tale termine deriva dal sanscrito vajra che in quella lingua indica il diamante) di cui lo shōgun Toyotomi Hideyoshi (豊臣秀吉, 1536-1598) fu per lungo tempo propugnatore. Murata Shukō riprendeva questa sua particolare concezione della Cerimonia del tè proprio dalle dottrine buddhiste enunciate, nel II secolo, dal maestro indiano Nāgārjuna. Nel Mahāprajñāpāramitā-śāstra (Commentario al Mahāprajñāpāramitā-sūtra, 大智度論 pinyin: Dà zhìdù lùn, giapp. Daichidoron, T.D. 1509, 25.57c-756b, opera attribuita a Nāgārjuna e tradotta da Kumārajīva in 100 fascicoli. Conservato nel Shìjīnglùnbù) si legge:
Il matcha o maccha (抹茶, "tè sfregato", pronunciato [mat.tɕa]) è una varietà di tè verde originaria della Cina imperiale usata nella dinastia Sui, finemente lavorata e usata principalmente nella tradizionale cerimonia del tè. Le foglie vengono cotte al vapore, asciugate e ridotte in polvere finissima; ce ne sono due tipi, il koicha (spesso) che proviene da piante di età superiore a 30 anni, e l'usucha (sottile) che proviene da piante di età inferiore ai 30 anni.
L‘estetica giapponese è considerata una parte integrante della cultura nipponica e della vita quotidiana dei giapponesi. Sebbene questi ultimi abbiano avuto per molti secoli una grande produzione artistica, la disciplina filosofica corrispondente all'estetica occidentale non venne studiata sino alla fine del XIX secolo. L'estetica giapponese è quindi un insieme di ideali tradizionali, tutti nati prima che tale disciplina fosse istituita formalmente: mono no aware (il pathos delle cose), wabi (sommessa e austera bellezza), sabi (patina rustica), shibusa (che coniuga ruvidità e raffinatezza), yūgen (profondità misteriosa), iki (stile raffinato) e kire (taglio) sono alcuni di questi ideali, la maggior parte dei quali accomunati dalla nozione buddhista (in particolare Zen) della transitorietà ed evanescenza della vita.A partire dal secondo dopoguerra altri ideali estetici hanno fatto la loro comparsa nel Paese nipponico, alcuni ispirati dalla stessa cultura giapponese e dalle sue numerose sub-culture (kawaii e superflat), altri invece influenzati dal periodo storico in cui essi sono comparsi (gutai).
Il Cha no yu (茶の湯, "acqua calda per il tè"), conosciuto in Occidente anche come Cerimonia del tè, è un rito sociale e spirituale praticato in Giappone, indicato anche come Chadō o Sadō (茶道, "via del tè"). È una delle arti tradizionali zen più note. Codificata in maniera definitiva alla fine del XVI secolo dal monaco buddhista zen Sen no Rikyū (千利休, 1522-1591), maestro del tè di Oda Nobunaga (織田信長, 1534-1582) e successivamente di Toyotomi Hideyoshi (豊臣秀吉, 1536-1598). Il cha no yu di Sen no Rikyū riprende la tradizione fondata dai monaci zen Murata Shukō (村田珠光, 1423-1502) e Takeno Jōō (武野紹鴎, 1502-1555). La cerimonia si basa sulla concezione del wabi-cha (侘茶). Questa cerimonia e pratica spirituale può essere svolta secondo stili diversi e in forme diverse. A seconda delle stagioni cambia inoltre la collocazione del bollitore (釜 kama): in autunno e inverno è posto in una buca di forma quadrata (爐, ro, fornace), ricavata in uno dei tatami (畳) che formano il pavimento, mentre in primavera ed estate è in un braciere (furo, 風爐) appoggiato sul tatami. La forma più complessa e lunga (茶事, chaji) consiste in un pasto in stile kaiseki (懐石), nel servizio di tè denso (濃茶, koicha) e in quello di tè leggero (薄茶, usucha). In tutti i casi si usa in varie quantità il matcha (抹茶), tè verde polverizzato, che viene mescolato all'acqua calda con l'apposito frullino di bambù (茶筅, chasen). Quindi la bevanda che ne risulta non è un'infusione, bensì una sospensione: questo significa che la polvere di tè viene consumata insieme all'acqua. Per questo motivo e per il fatto che il matcha viene prodotto utilizzando germogli terminali della pianta, la bevanda ha un effetto notevolmente eccitante. Infatti veniva e viene ancora utilizzata dai monaci zen per rimanere svegli durante le pratiche meditative (zazen, 坐禅). Il tè leggero usucha, a seguito dello sbattimento dell'acqua col frullino durante la preparazione, si ricopre di una sottile schiuma di una tonalità particolarmente piacevole e che si intona con i colori della tazza.