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Autore principale: Mazzolai, Aldo
Pubblicazione: Firenze : Le *lettere, 1996
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese: IT
Il sacco di Roma del 24 agosto 410 è stato uno degli eventi più traumatici della storia antica. Concluse il terzo assedio (dopo quelli del 408 e 409) condotto dai Visigoti di Alarico I. La più potente capitale dell'antichità, per tre giorni (dal 24 al 27 agosto), fu in mano agli invasori che depredarono templi, luoghi pubblici e case private. La furia dei barbari si abbatté sui cittadini romani increduli; violenze che si erano viste soltanto al Colosseo furono compiute su donne e anziani. Gli edifici più colpiti furono il palazzo dei Valerii sul Celio e le ville sull'Aventino che furono incendiate; le terme di Decio vennero gravemente danneggiate, e il tempio di Giunone regina fu distrutto. Le statue del Foro furono spogliate, la curia Iulia, sede del senato, data alle fiamme e l'imperatrice Galla Placidia presa in ostaggio da Alarico. Nonostante tutto, Roma incuteva rispetto agli invasori e nei tre giorni di saccheggio Alarico impartì l'ordine di risparmiare i luoghi di culto (soprattutto la basilica di San Pietro), che considerò come luoghi di asilo inviolabili dove non poteva essere ucciso nessuno. L'evento ebbe un'immediata risonanza in tutto l'Impero e lo sconvolse moralmente. Avvertito come evento epocale, venne visto da sant'Agostino (nel De civitate Dei) come segno della prossima fine del mondo o della punizione che Dio infliggeva alla capitale del paganesimo. I Visigoti lasciarono la città, ma il mito dell'inviolabilità di Roma era crollato (era dal sacco di Brenno, avvenuto 800 anni prima, che era rimasta inespugnata). Da quel momento la città sarà più volte saccheggiata fino al 1527.
L'Impero romano d'Occidente iniziò a configurarsi come organismo statale autonomo alla morte dell'imperatore Teodosio (395) il quale decise di affidare gli immensi territori, sempre più vulnerabili alla pressione dei barbari, ai suoi due figli: ad Arcadio, il maggiore, fu assegnato il governo della parte orientale dell'Impero mentre a Onorio, il minore, spettò la parte occidentale. Non era nelle intenzioni di Teodosio creare due organismi politici differenziati e completamente indipendenti fra di loro. La sua finalità era piuttosto quella di ricollegarsi, attraverso questa scelta, sia alle tradizioni tetrarchiche, che a quelle post-costantiniane. La divisione doveva cioè rivestire un carattere puramente burocratico, amministrativo, o riconducibile al problema della difesa militare. Da allora però, questi due grandi aggregati, ormai strutturatisi in Impero Romano d'Occidente e Impero romano d'Oriente, non si sarebbero più riuniti e avrebbero intrapreso dei percorsi di sviluppo sempre più autonomi fra di loro. L'idea dell'unità restò tuttavia salda nelle coscienze ancora per lungo tempo, e certo non si era ancora spenta quando, nel 476, il re degli Eruli Odoacre depose l'ultimo imperatore occidentale, Romolo Augusto, e rimise le insegne dell'Impero all'imperatore d'Oriente Zenone. Quest'ultimo continuò a considerare l'Italia e Roma, culla della civiltà romana, come una parte dell'impero, mentre Odoacre e poi Teodorico, come patrizi d'Italia, ufficialmente svolgevano il ruolo di governatori per conto del sovrano di Costantinopoli, pur essendo di fatto regnanti autonomi. Ancora l'imperatore bizantino Giustiniano tentò la riunificazione delle due parti dopo la fine dell'Impero d'Occidente, progetto che tuttavia finirà nei secoli successivi con l'affermazione dei regni di franchi, visigoti e longobardi, e la nascita del Sacro Romano Impero.
Le invasioni barbariche del III secolo (212-305) costituirono un periodo ininterrotto di scorrerie all'interno dei confini dell'impero romano, condotte per fini di saccheggio e bottino da genti armate appartenenti alle popolazioni che gravitavano lungo le frontiere settentrionali: Pitti, Caledoni e Sassoni in Britannia; le tribù germaniche di Frisi, Sassoni, Franchi, Alemanni, Burgundi, Marcomanni, Quadi, Lugi, Vandali, Iutungi, Gepidi e Goti (Tervingi ad occidente e Grutungi ad oriente), le tribù daciche dei Carpi e quelle sarmatiche di Iazigi, Roxolani ed Alani, oltre a Bastarni, Sciti, Borani ed Eruli lungo i fiumi Reno-Danubio ed il Mar Nero. Era dai tempi di Marco Aurelio durante le Guerre marcomanniche (166/167-189) che le tribù germanico-sarmatiche non esercitavano una pressione così forte lungo i confini settentrionali dell'Impero romano. La crescente pericolosità per l'Impero romano di Germani e Sarmati era dovuta principalmente ad un cambiamento rispetto ai secoli precedenti nella struttura tribale della loro società: la popolazione, in costante crescita e sospinta dai popoli orientali, necessitava di nuovi territori per espandersi, pena l'estinzione delle tribù più deboli. Da qui la necessità di aggregarsi in federazioni etniche di grandi dimensioni, come quelle di Alemanni, Franchi e Goti, per meglio aggredire il vicino Impero o per difendersi dall'irruzione di altre popolazioni barbariche confinanti. Per altri studiosi, invece, oltre alla pressione delle popolazioni esterne, fu anche il contatto ed il confronto con la civiltà imperiale romana (le sue ricchezze, la sua lingua, le sue armi, la sua organizzazione) a suggerire ai popoli germanici di ristrutturarsi ed organizzarsi in sistemi sociali più robusti e permanenti, in grado di difendersi meglio o di attaccare seriamente l'Impero. Roma, dal canto suo, ormai dal I secolo d.C. provava ad impedire la penetrazione dei barbari trincerandosi dietro il limes, ovvero la linea continua di fortificazioni estesa tra il Reno e il Danubio e costruita proprio per contenere la pressione dei popoli germanici.Lo sfondamento da parte delle popolazioni barbariche che si trovavano lungo il limes fu facilitato anche dal periodo di grave instabilità interna che attraversava l'Impero romano nel corso del III secolo. A Roma, infatti, era un continuo alternarsi di imperatori ed usurpatori (la cosiddetta anarchia militare). Le guerre interne non solo consumavano inutilmente importanti risorse negli scontri tra i vari contendenti, ma - cosa ben più grave - finivano per sguarnire proprio le frontiere sottoposte all'aggressione dei barbari. Come se non bastasse, lungo il fronte orientale della Mesopotamia e dell'Armenia a partire dal 224 la debole dinastia persiana dei Parti era stata sostituita da quella dei Sasanidi, che a più riprese impegnò severamente l'Impero romano, costretto a subire attacchi che spesso si univano alle invasioni, meno impegnative ma comunque pericolose, compiute lungo il fronte africano dalle tribù berbere di Mauri, Baquati, Quinquegentiani, Nobati e Blemmi. Roma mostrò di essere in grave difficoltà nel condurre così tante guerre contemporaneamente e per poco non crollò con due secoli di anticipo. Fu grazie anche alla successiva divisione, interna e provvisoria, dello Stato romano in tre parti (ad occidente l'impero delle Gallie, al centro Italia, Illirico e province africane, ad oriente il Regno di Palmira) che l'Impero riuscì a salvarsi da un definitivo tracollo e smembramento. Ma fu solo dopo la morte di Gallieno (268), che un gruppo di imperatori-soldati di origine illirica (Claudio il Gotico, Aureliano e Marco Aurelio Probo) riuscì infine a riunificare l'Impero in un unico blocco, anche se le guerre civili che si erano susseguite per circa un cinquantennio e le invasioni barbariche avevano costretto i Romani a rinunciare sia alla regione degli Agri decumates (lasciata agli Alemanni nel 260 circa), sia alla provincia della Dacia (256-271), sottoposta alle incursioni della popolazione dacica dei Carpi, dei Goti Tervingi e dei Sarmati Iazigi.Le invasioni del III secolo, secondo tradizione, ebbero inizio con la prima incursione condotta dalla confederazione germanica degli Alemanni nel 212 sotto l'imperatore Caracalla e terminarono nel 305 al tempo dell'abdicazione di Diocleziano a vantaggio del nuovo sistema tetrarchico.
Il termine "storia antica" ( o Antichità o Età Antica o Evo Antico) indica la prima età della storia ed è una delle quattro grandi epoche storiche definite dalla periodizzazione più in uso in Occidente (antica, medievale, moderna e contemporanea). Dell'antichità si è soliti distinguere una storia "preclassica" (precedente l'apparizione di fonti greco-romane) e una classica (Grecia e Roma antiche). Il termine "Storia antica" indica anche la disciplina che studia questo periodo (della durata approssimativa di 4000 anni).
Con il termine socii, foederati o foederatae civitates, si indicavano i popoli o le città legate a Roma da un trattato denominato foedus.
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