Accedi all'area personale per aggiungere e visualizzare i tuoi libri preferiti
Autore principale: Leone, Cinzia, 1970-
Pubblicazione: Firenze : Giuntina, 2010
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese: IT
Con la locuzione ebreo orientale (Ostjuden nell'originale tedesco; propriamente in yiddish: מעריבֿ־אשכנזים, mayrev-ashkenazim) si voleva indicare nel mondo ebraico assimilato di cultura tedesca, con senso dispregiativo, l'ebreo dei territori dell'Europa centro-orientale. Un'irriverente descrizione di tale popolo è stata fatta da Joseph Roth, lui stesso appartenente a questa genìa. Egli ce ne parla L'affresco che ci regala Roth è ancora vivo grazie ai numerosi artisti (tra cui il sefardita Moni Ovadia) che si son giovati, nelle loro opere, dell'amorevole disamina, mai sorpassata, del giornalista mitteleuropeo sul "problema dell'ebreo orientale". La differenza tra ebreo ashkenazita tedesco ed ebreo ashkenazita "orientale" (dalla prima definizione comunque originata) in Germania poteva sembrare addirittura fondamentale: l'ebreo tedesco era già relativamente ben assimilato, quasi non parlava più lo yiddish (al quale capitava di riferirsi con disprezzo chiamandolo "gergo"). In Europa orientale invece ancora esistevano i pogrom: se in occidente l'emancipazione dell'ebreo fu un dono del XVIII secolo e del XIX secolo, in Russia l'antisemitismo ufficiale si manifestò con molta violenza negli anni ottanta del XIX secolo. L'ebreo ashkenazita orientale non poteva che guardare agli altri popoli con ammirazione: l'esempio dei movimenti nazionali in tutta l'Europa, l'unificazione della Germania, il Risorgimento degli italiani, la lotta per l'emancipazione dei popoli dell'Impero Austro-Ungherese, dei popoli del Balcano, le rivoluzioni dei polacchi. Ma se ogni nazione europea poteva reclamare i propri diritti sulla terra che da secoli occupava, l'ebreo non poteva appellarsi a nessuna propria nazione o terra riconosciuta dalle altre Nazioni. È solo in questo tessuto sociale che poteva nascere il sentimento sionista. Dal mondo dell'Ostjude si sviluppò, dopo esperienze come il caso Dreyfus o la nascita dell'antisemitismo moderno nella Vienna di Karl Lueger, anche in seno agli ashkenazi. Molti Ostjuden sono poi emigrati in occidente soprattutto in seguito ai pogrom antisemiti della fine dell'Ottocento, dopo la Rivoluzione d'Ottobre e dopo la dissoluzione della monarchia austriaca.
Adolf Hitler (pronuncia tedesca [ˈadɔlf ˈhɪtlɐ] ; Braunau am Inn, 20 aprile 1889 – Berlino, 30 aprile 1945) è stato un politico tedesco di origine austriaca, cancelliere del Reich dal 1933 e dittatore, col titolo di Führer, della Germania dal 1934 al 1945. Capo del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori, nonché principale ideatore del nazionalsocialismo, Hitler conquistò il potere cavalcando l'orgoglio ferito del popolo tedesco, dopo la sconfitta nella prima guerra mondiale e la grave crisi economica che affliggeva la Repubblica di Weimar. Sfruttando la sua abilità oratoria e l'insoddisfazione delle classi medie, presentò un manifesto politico intriso di nazionalismo, anticomunismo e antisemitismo e dopo alterne vicende (fallito Putsch nel 1923 e conseguenti otto mesi di carcerazione, durante i quali iniziò la stesura del Mein Kampf), arrivò alla Cancelleria nel gennaio del 1933. Nel 1934, dopo la morte del presidente Paul von Hindenburg, si attribuì per legge il titolo di Führer e Cancelliere del Reich, accentrando nelle sue mani i poteri dello Stato e instaurando un regime dittatoriale. Grazie a un possente ed efficace programma di ristrutturazione economica e riarmo militare, Hitler perseguì una politica estera estremamente aggressiva, volta principalmente a espandere il Lebensraum (spazio vitale) tedesco a spese delle popolazioni dell'Europa orientale. In un susseguirsi di atti di sfida alla comunità internazionale, giunse a invadere la Polonia il 1º settembre del 1939, provocando lo scoppio della seconda guerra mondiale. Da quel momento Hitler diresse personalmente le operazioni di guerra, esercitando un'influenza determinante nelle scelte strategiche e nella conduzione operativa. Grazie anche alle sue decisioni e alla sua determinazione i primi anni del conflitto furono caratterizzati da impressionanti vittorie, che permisero al Terzo Reich di dominare gran parte dell'Europa e sembrarono dimostrare l'invincibilità della Wehrmacht. Tuttavia a partire dal 1942, col formarsi della potente coalizione degli Alleati anglo-americano-sovietici, la Germania dovette passare sulla difensiva e subire gli attacchi sempre più efficaci dei suoi nemici. Abbandonato dagli alleati, logorato dalle continue sconfitte e in condizioni fisiche e psichiche sempre più precarie, Hitler rifiutò di cedere le armi e continuò a resistere ostinatamente. Rimasto bloccato con le truppe a lui fedeli in una Berlino ormai accerchiata dall'Armata Rossa, si suicidò nel suo bunker il 30 aprile 1945 insieme alla compagna Eva Braun, che aveva sposato il giorno prima. Responsabile della morte di milioni di persone, Hitler fu propugnatore di un'ideologia nazionalista e razzista, e di una politica di discriminazione e sterminio che colpì vari gruppi etnici, politici e socialiː popolazioni slave, etnie romanì, testimoni di Geova, omosessuali, oppositori politici, membri della Massoneria, prigionieri di guerra, disabili fisici e mentali, e in particolar modo gli ebrei. Segregati sin dal 1933 dalla vita sociale ed economica del Paese, gli ebrei e le altre minoranze furono oggetto dal 1941 di un piano d'internamento e sterminio noto con il nome di soluzione finale, al quale ci si è riferiti sin dall'immediato dopoguerra con il termine di Shoah od Olocausto. La parola genocidio fu coniata dall'ebreo polacco Raphael Lemkin in un'opera del 1944 sulle politiche di sterminio naziste.
Le origini del totalitarismo è un saggio di Hannah Arendt del 1948. Riconosciuto alla sua pubblicazione come la trattazione più completa del totalitarismo - e in seguito definito un classico dal The Times Literary Supplement - quest'opera continua da molti ad essere considerata il testo definitivo sulla storia dei regimi totalitari o quantomeno delle loro incarnazioni del XX secolo.
L'antisemitismo, per alcuni sinonimo di giudeofobia, è la paura o l'odio verso i giudei, cioè gli ebrei. Secondo la Working Definition of Antisemitism ("definizione pratica dell'antisemitismo"), dell'Agenzia europea dei diritti fondamentali «l'antisemitismo è quella certa percezione descrivibile come odio verso gli ebrei. Le manifestazioni retoriche e fisiche dell'antisemitismo sono dirette contro singoli ebrei o non ebrei, e/o contro la loro proprietà, contro le istituzioni comunitarie e contro le strutture religiose ebraiche. Inoltre tali manifestazioni possono anche avere come bersaglio Israele, concepito come una collettività di ebrei. L'antisemitismo accusa frequentemente gli ebrei di cospirare ai danni del resto dell'umanità, ed è spesso utilizzato per incolpare gli ebrei di uno o più problemi politici, sociali ed economici. Trova espressione orale, scritta e impiega stereotipi sinistri e tratti caratteriali negativi.
Alcune catalogazioni sono state accorpate perché sembrano descrivere la stessa edizione. Per visualizzare i dettagli di ciascuna, clicca sul numero di record
Record aggiornato il: 2023-10-10T04:12:05.005Z