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Titolo uniforme: Archidamus.
Autore principale: Isocrates
Serie: Raccolta di autori greci con note italiane / diretta dal prof. C. Fumagalli
Dionìsio I o Dionigi di Siracusa, detto il Vecchio o anche il Grande (in greco antico: Διονύσιος, Dionýsios; 430 a.C. – 367 a.C.) è stato un tiranno di Siracusa, militare e tragediografo. Egli riuscì, salendo al potere, ad abbattere la democrazia che si era instaurata in Siracusa nel 465 a.C., anno della morte di Trasibulo, l'ultimo tiranno della dinastia dei Dinomenidi. La scelta politica di Dionisio perseguiva quella di Gelone I, vissuto un'ottantina d'anni prima; per tanto, non sorprende che per lui sia stato «il riso della Sicilia». Si racconta che Publio Scipione l'Africano, quando gli furono chiesti i nomi degli uomini più abili e più intelligentemente coraggiosi, abbia risposto «I siciliani Agatocle e Dionisio». Dionisio fu a capo dell'esercito di Siracusa e degli alleati durante le guerre greco-puniche (in particolare la terza e la quarta). I successi, sommati ai risultati che la guerra contro la lega italiota ebbe, portarono al completo assoggettamento della Sicilia (esclusa la parte nord-occidentale ancora in mani cartaginesi) sotto un'unica polis egemone: Siracusa. Questa nuova entità statale, inizialmente denominata "Arcontato di Sicilia", pur attraversando anche delle fasi convulse di cambio di forma di stato e trasformata in "Regno di Sicilia" vero e proprio da Agatocle, durò fino alla conquista romana di Siracusa nel 212 a. C. . La sua tirannide portò svariate novità in àmbito culturale; Dionisio, infatti, fu un uomo di grande cultura e un mecenate, la sua corte ospitò personalità come Platone (388 a.C.), Eschine Socratico, Filosseno e Aristippo di Cirene, senza contare i numerosi artigiani e studiosi che accolse. Egli è tutt'oggi ricordato come esempio della crudeltà che un tiranno può raggiungere, infatti, si narrano molti aneddoti riguardanti la sua personalità e la maggior parte di essi è raccolta nelle Tusculanae disputationes di Cicerone e nei Moralia di Plutarco.
L'ascesa del regno di Macedonia, da una piccola monarchia della periferia della Grecia classica alla dominazione dell'intero mondo ellenico (e dintorni), avvenne nello spazio di soli 25 anni, tra il 359 e il 336 a.C. Questa ascesa è attribuibile alla personalità di Filippo II (regnante dal 359 al 336 a.C.).
I viaggi di Platone in Sicilia si sarebbero svolti durante il IV secolo a.C., coprendo un arco di tempo compreso fra il 388 a.C. e il 360 a.C., con una pausa tra il primo e il secondo viaggio di circa vent'anni. Non esiste assoluta certezza della autenticità di questi viaggi del filosofo ateniese (nato nel 428 o 427 a.C. e morto nel 348 o 347 a.C.) e anche le motivazioni sono controverse: gli studiosi, per lo più, considerano reali i viaggi, ma essi restano la parte della biografia platonica più oscura e dibattuta. Centrale è il ruolo di una fonte, la Lettera VII, forse l'unica realmente vergata da Platone dell'epistolario che la tradizione gli attribuisce. Tutti i biografi antichi sostengono che Platone giunse per la prima volta in Sicilia, forse intorno al 388 a.C., spinto dal desiderio di visitare il vulcano Etna. A Siracusa, venuto a conoscenza del tiranno Dionisio I, Platone, allora quarantenne, entrò in contatto con il giovane nobile Dione, della cerchia di Dionisio, che divenne suo discepolo. Secondo la tradizione, quando Platone attaccò con le sue parole la tirannide, provocando l'ira del dinasta, fu proprio Dione che cercò di mettere in salvo il maestro, facendolo imbarcare in tutta fretta per Atene, anche se tale viaggio si concluse con la riduzione in schiavitù del filosofo. Nel 367 a.C., vi sarebbe stato un secondo viaggio di Platone in Sicilia, in questo caso invitato da Dione per educare il nipote Dionisio II, figlio di Dionisio I e suo successore, con l'obiettivo di farlo diventare un re-filosofo. Tuttavia, la situazione politica precipitò e Dione fu allontanato. Platone si sarebbe recato anche una terza e ultima volta a Siracusa nel 361 a.C., allo scopo di facilitare una mediazione pacifica tra Dionisio II e Dione, fallendo però nel suo intento. Allontanato dall'acropoli, poté fare ritorno ad Atene grazie all'intervento dei pitagorici di Taranto, che intercedettero in suo favore presso il tiranno. In quel periodo, si colloca la spedizione militare di Dione del 357 a.C. contro la tirannide siracusana, alla quale seguì un periodo assai turbolento, con il succedersi di diversi tiranni a Siracusa, fino al ritorno di Dionisio II nel 347/346 a.C. e il successivo invio dalla metropoli di Corinto di un pacificatore, Timoleone, che tra il 344 e il 337 a.C. riportò la pace in Sicilia. Pur non essendoci nei dialoghi platonici alcun richiamo diretto ed esplicito ai viaggi in Sicilia, una parte della critica moderna ritiene che sia comunque possibile riscontrare reminiscenze dei viaggi nella produzione letteraria del filosofo: La Repubblica, il Politico e le Leggi sarebbero pervasi dall'esperienza della tirannide siracusana; il Simposio conterrebbe ricordi del tempo passato a Siracusa con Dione; dietro il mito di Atlantide, di cui si parla nel Timeo e in Crizia, starebbe un riferimento alla stessa Siracusa.
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