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Autore principale: Toscana <Regione>: Giunta regionale
Pubblicazione: Firenze : Regione Toscana, Giunta Regionale, 1995
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese: IT
La Legislazione italiana a tutela delle minoranze linguistiche riconosce dodici comunità linguistiche storiche parlanti idiomi ascritti a varie famiglie linguistiche presenti entro i confini della Repubblica italiana e diversi dall'italiano, lingua ufficiale dello stato. Questi dodici gruppi linguistici (albanesi, catalani, croati, francesi, francoprovenzali, friulani, germanici, greci, ladini, occitani, sardi, sloveni) sono rappresentati da circa 2.400.000/3.000.000 parlanti distribuiti in 1.171 comuni di 14 regioni, tutelati da apposite leggi nazionali (come la legge quadro 482/99) e regionali. Non sono giuridicamente riconosciute le «alloglossie interne», comunità parlanti idiomi di ceppo italo-romanzo trasferitesi dalle proprie sedi originali in altri territori (come gli idiomi gallo-italici dell'Italia insulare e meridionale), le «minoranze diffuse», le comunità parlanti varietà non territorializzate (come i rom e i sinti) quindi prive dell'elemento "territorialità", e le «nuove minoranze», le lingue alloglotte parlate in comunità di recente immigrazione conservanti «lingua, cultura, religione e identità di origine» perché mancanti dell'elemento di "storicità". È tuttavia anche da ricordare che le lingue dei migranti non sono comprese tra le lingue tutelate dal trattato internazionale (europeo) "Carta europea delle lingue regionali e minoritarie"La legge quadro 482/99 che dà attuazione all'art. 6 della Costituzione italiana (tutela minoranze linguistiche storiche), come precisato dalla Corte Costituzionale nella sua sentenza nr. 88 del 2011, non esaurisce ogni forma di riconoscimento e sostegno al ricco plurilinguismo presente in Italia; sia prima che dopo la legge 482/99 con apposite leggi regionali è stata infatti prevista la "valorizzazione" dei diversi patrimoni linguistici e culturali delle Regioni. in attuazione all'art. 9 Cost.
Le leggi razziali fasciste furono un insieme di provvedimenti legislativi e amministrativi (leggi, ordinanze, circolari) applicati in Italia fra il 1938 e il primo quinquennio degli anni quaranta, inizialmente dal regime fascista e poi dalla Repubblica Sociale Italiana. Esse furono rivolte prevalentemente contro le persone ebree. Il loro contenuto fu annunciato per la prima volta il 18 settembre 1938 a Trieste da Benito Mussolini, da un palco posto davanti al Municipio in Piazza Unità d'Italia, in occasione di una sua visita alla città. Furono abrogate con i regi decreti-legge n. 25 e 26 del 20 gennaio 1944, emanati durante il Regno del Sud.
Il brefotrofio è l'istituto che accoglie e alleva i neonati illegittimi, abbandonati o in pericolo di abbandono. Si distingue dall'orfanotrofio, attuali case famiglia, che è invece la struttura di accoglienza dove sono accolti ed educati i bambini orfani, e a cui vengono anche affidati minori abbandonati o maltrattati dai genitori naturali. Il termine deriva dal latino tardo brephotrophīum (attestato nel Codex di Giustiniano: 534 d.C.), prestito dal greco brephotrophêion (βρεϕοτροϕεῖον), composto di bréphos (βρέϕος) «neonato, infante» e il tema di tréphein «allevare, nutrire». In italiano, il termine, documentato dal 1796, fu assunto nel primo Ottocento, assieme ad altri nomi mutuati dalle lingue classiche, per designare nuove istituzioni: non solo a causa delle preferenze del linguaggio burocratico per le parole difficili, ma anche per la sua funzione eufemistica.
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