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Il Convivio è un saggio dottrinario composto da Dante Alighieri nei primi anni dell'esilio, ovvero tra il 1304 e il 1307. L'intento dell'autore era quello di fornire un banchetto di sapienza a tutti coloro che, pur essendo dotati di animo gentile, non hanno potuto dedicarsi agli studi a causa di occupazioni familiari e civili.
Il Simposio (in greco antico: Συμπόσιον, Sympósion, noto anche con il titolo di Convito, o a volte anche Convivio) è forse il più conosciuto dei dialoghi di Platone. In particolare, si differenzia dagli altri scritti per la sua struttura, che si articola non tanto in un dialogo, quanto nelle varie parti di un agone oratorio, in cui ciascuno degli interlocutori, scelti tra il fiore degli intellettuali ateniesi, espone con un ampio discorso la propria teoria su Eros ("Amore").
La Vita nuova è la prima opera di attribuzione certa di Dante Alighieri, scritta tra il 1292 ed il 1295. Si tratta di un prosimetro nel quale sono inserite 31 liriche (25 sonetti, 1 ballata, 5 canzoni) in una cornice narrativa di 42 capitoli.
Nel mezzo del cammin di nostra vita è il primo verso della Divina Commedia di Dante Alighieri; costituisce l'incipit del primo canto dell'Inferno e, per estensione, dell'intero poema. Il riferimento più citato come ispirazione a queste parole è il Convivio (IV 23, 6-10): «lo punto sommo di questo arco [della vita terrena] ne li più io credo [sia] tra il trentesimo e il quarantesimo anno, e io credo che ne li perfettamente naturati esso ne sia nel trentacinquesimo anno». Una concezione, questa, che si fonda biblicamente su un Salmo XC, 10: «I giorni dei nostri anni arrivano a settant'anni e per i più forti a ottanta», e su Isaia XXXVIII, 10 per ciò che concerne l'esito di questa maturazione: «Ego dixi in dimidio dierum meorum: vadam ad portas inferi».Va notato che, unico tra i più antichi commentatori del Poema dantesco, Guido da Pisa interpreta il "mezzo del cammin di nostra vita" come riferimento al sonno (dormiamo circa metà della vita), con ciò sottolineando l'aspetto onirico, quasi di positiva trance, dell'ispirazione dantesca. Dante si immagina dunque per una selva oscura (v. 2), in un momento di confusione interiore (la diritta via era smarrita, v. 3), proprio nella fase mediana della sua vita, in cui ha inizio la descrizione della sua visione mistica della Commedia; il nostra è indice dell'esemplarità di tale esperienza. È stato sottolineato come anche la definizione della vita come cammino sia di origine biblica: camminiamo nella via della fede dice San Paolo, «... dum sumus in corpore peregrinamur a Domino / per fidem enim ambulamus et non per speciem» (2 Cor. 5, 6-7). Dante riprende questa idea del cammino di questa vita nel Convivio, quando indica il pericolo per l'anima di perdere la strada del bene (IV XII, 15-18), come è infatti accaduto a lui all'interno di questa visione poetica (secondo Guido da Pisa un "sonno mistico"), immaginata nel venerdì santo del 1300. La selva è la strada «erronea di questa vita» di cui parla nel Convivio (IV XXIV, 12). Il poeta nel mezzo del cammin di nostra vita all'improvviso prende consapevolezza della condizione negativa in cui è entrato quasi inconsapevolmente, e che è anche la condizione di corruzione dell'intera umanità. Il motivo personale e quello universale continuano costantemente a sovrapporsi in tutto l'itinerarium dell'opera, e ne indicano la prospettiva cosmica, legata alle sorti degli uomini nel loro complesso.Come la maggior parte dei versi della Commedia, anche il terzo verso ha varie interpretazioni. Infatti, al di là dell'interpretazione letterale: «avevo smarrito il sentiero per il quale stavo andando e mi persi in una selva oscura», la "diritta via" va interpretata come "la via del bene". Infatti, Dante, nel periodo in cui scrisse l'opera, viveva un momento di crisi: la Divina Commedia è un cammino di purificazione di Dante e di tutta l'umanità. "Ché la diritta via era smarrita" è una frase per indicare il momento di sbandamento morale dell'autore. Inoltre, Tommaso Di Salvo ha precisato che la via era solo smarrita, e non perduta: infatti, alla fine del poema, il sommo poeta riacquista il bene e la grazia divina, in precedenza fatti "smarrire" dal peccato.
Dante Alighieri, o Alighiero, battezzato Durante di Alighiero degli Alighieri e anche noto con il solo nome Dante, della famiglia Alighieri (Firenze, tra il 21 maggio e il 21 giugno 1265 – Ravenna, notte tra il 13 e il 14 settembre 1321), è stato un poeta, scrittore e politico italiano. Il nome "Dante", secondo la testimonianza di Jacopo Alighieri, è un ipocoristico di Durante; nei documenti era seguito dal patronimico Alagherii o dal gentilizio de Alagheriis, mentre la variante "Alighieri" si affermò solo con l'avvento di Boccaccio. È considerato il padre della lingua italiana; la sua fama è dovuta alla paternità della Comedìa, divenuta celebre come Divina Commedia e universalmente considerata la più grande opera scritta in lingua italiana e uno dei maggiori capolavori della letteratura mondiale. Espressione della cultura medievale, filtrata attraverso la lirica del Dolce stil novo, la Commedia è anche veicolo allegorico della salvezza umana, che si concreta nel toccare i drammi dei dannati, le pene purgatoriali e le glorie celesti, permettendo a Dante di offrire al lettore uno spaccato di morale ed etica. Importante linguista, teorico politico e filosofo, Dante spaziò all'interno dello scibile umano, segnando profondamente la letteratura italiana dei secoli successivi e la stessa cultura occidentale, tanto da essere soprannominato il "Sommo Poeta" o, per antonomasia, il "Poeta". Dante, le cui spoglie si trovano presso la tomba a Ravenna costruita nel 1780 da Camillo Morigia, è diventato uno dei simboli dell'Italia nel mondo, grazie al nome del principale ente della diffusione della lingua italiana, la Società Dante Alighieri, mentre gli studi critici e filologici sono mantenuti vivi dalla Società dantesca.
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