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Titolo uniforme: The tenth muse
Autore principale: Smith, Patrick J.
Il libretto è il testo verbale, quasi sempre steso in versi, utilizzato per la composizione di un lavoro musicale. Il libretto nasce per il melodramma, e come tale può altresì identificare anche il genere letterario, e in virtù della sua efficacia e mole, menziona anche quei testi verbali che vengono adoperati per le grandi forme vocali musicali successive, l'oratorio, la cantata, l'operetta, così come anche il balletto, dove il libretto (libretto di balletto) costituisce e si identifica a pieno con l'accezione del genere letterario, poiché il suo contenuto viene musicato solo strumentalmente e non vocalmente, e in cui la prosa prevale dunque sui versi.
Cavalleria rusticana è un'opera in un unico atto di Pietro Mascagni, su libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci, tratto dalla novella omonima di Giovanni Verga. Andò in scena per la prima volta il 17 maggio 1890 al Teatro Costanzi di Roma, con Gemma Bellincioni e Roberto Stagno. Viene spesso rappresentata insieme a un'altra opera breve, Pagliacci (1892) di Ruggero Leoncavallo, con la quale è considerata una delle più rappresentative opere veriste. Questo singolare abbinamento venne proposto fin dall'anno seguente il debutto di Pagliacci, al Metropolitan Opera House di New York il 22 dicembre 1893,[1] e venne legittimato dallo stesso Mascagni, che nel 1926, al Teatro alla Scala di Milano, diresse, nella stessa soirée, entrambe le opere. Cavalleria rusticana veniva talvolta eseguita insieme a Zanetto, dello stesso compositore.
L'opera è il termine italiano di utilizzo internazionale per un genere teatrale e musicale in cui l'azione scenica è abbinata alla musica e al canto. La denominazione "opera" è la forma abbreviata di opera lirica o anche della locuzione sostantivale opera in musica. Non è un caso che la parola "opera" sia usata invariabilmente in quasi tutte le lingue del mondo: anche se pure altre nazioni posseggono tradizioni operistiche di innegabile importanza e valore, il genere è nato e si è sviluppato in Italia, paese che per questo possiede il maggior numero di teatri d'opera al mondo e ha tra i suoi maggiori vanti l'essere universalmente considerata la patria dell'opera. Tra i numerosi sinonimi, più o meno appropriati, basta ricordare melodramma, opera in musica, teatro musicale e opera lirica, espressione largamente impiegata dal linguaggio comune e mediatico. Il termine è fortemente contestualizzato nel suo impiego, in quanto il vocabolo opera, in italiano, è un termine di origine latina che indica un lavoro in generale, particolarmente in ambito artistico. Dall'agosto 2013, l'Associazione Cantori Professionisti d'Italia ha depositato presso il MIBACT il dossier per la Candidatura UNESCO per l'opera italiana, con l'intento di iscrivere l'opera all'interno del Patrimonio dell'Umanità protetto da UNESCO.
Norma è un'opera in due atti di Vincenzo Bellini su libretto di Felice Romani, tratto dalla tragedia Norma, ou L'infanticide di Louis-Alexandre Soumet (1786-1845). Composta in meno di tre mesi, nel 1831, fu data in prima assoluta al Teatro alla Scala di Milano il 26 dicembre dello stesso anno, inaugurando la stagione di Carnevale e Quaresima 1832. Quella sera l'opera, destinata a diventare la più popolare tra le dieci composte da Bellini, andò incontro a un fiasco clamoroso, dovuto sia a circostanze legate all'esecuzione, sia alla presenza di una claque avversa a Bellini e alla primadonna, il soprano Giuditta Pasta. Non solo, ma l'inconsueta severità della drammaturgia e l'assenza del momento più sontuoso, il concertato che tradizionalmente chiudeva il primo dei due atti, spiazzò il pubblico milanese. Il soggetto è ambientato nelle Gallie al tempo dell'antica Roma, e presenta espliciti legami con il mito di Medea. Fedele a questa idea di classica sobrietà, Bellini adottò per Norma una tinta orchestrale particolarmente omogenea, relegando l'orchestra al ruolo di accompagnamento della voce.
Orfeo ed Euridice (versione francese: Orphée et Euridice) è un'opera lirica composta da Christoph Willibald Gluck intorno al mito di Orfeo, su libretto di Ranieri de' Calzabigi. Appartiene al genere dell'azione teatrale, in quanto opera su soggetto mitologico, con cori e danze incorporati. Fu rappresentata per la prima volta a Vienna il 5 ottobre 1762, su impulso del direttore generale degli spettacoli teatrali (Generalspektakeldirektor), conte Giacomo Durazzo, ed aprì la stagione della cosiddetta riforma gluckiana –proseguita con Alceste e Paride ed Elena–, con la quale il compositore tedesco ed il librettista livornese (e, insieme a loro, il genovese direttore dei teatri) si proponevano di semplificare al massimo l'azione drammatica, superando sia le astruse trame dell'opera seria italiana, sia i suoi eccessi vocali, e ripristinando quindi un rapporto più equilibrato tra parola e musica. Le danze furono curate dal coreografo italiano Gasparo Angiolini, che si faceva portatore di analoghe aspirazioni di riforma nel campo del balletto, in un'epoca che vide la nascita della nuova forma coreutica del "ballet d'action".Dodici anni dopo la prima del 1762, Gluck rimaneggiò profondamente la sua opera per adeguarla agli usi musicali della capitale francese, dove, il 2 agosto 1774, nella prima sala del Palais-Royal, vide la luce Orphée et Euridice, con libretto tradotto in francese, ed ampliato, da Pierre Louis Moline, con nuova orchestrazione commisurata ai più ampi organici dell'Opéra, con parecchia musica completamente nuova, con imprestiti da opere precedenti e con un più largo spazio dato alle danze. L'opera è passata alla storia come la più famosa tra quelle composte da Gluck, e, nell'una edizione o nell'altra, o, più spesso ancora, in versioni ulteriori, ampiamente e variamente rimodellate, è stata una delle poche opere settecentesche, se non addirittura l'unica non mozartiana, a rimanere sempre, fino ad oggi, in repertorio nei principali teatri lirici del mondo.
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