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Autore principale: Becchi, Egle
La condizione delle donne nell'era Vittoriana è spesso vista come l'emblema della discrepanza notevole fra il potere e le ricchezze nazionali dell'Inghilterra e l'arretrata condizione sociale. durante l'era simboleggiata dal regno della regina Vittoria, la vita delle donne divenne sempre più difficile a causa della diffusione dell'ideale sulla "donna angelo", condiviso dalla maggior parte della società. I diritti legali delle donne sposate erano simili a quelli dei figli: esse non potevano votare, citare qualcuno in giudizio né possedere alcuna proprietà. Inoltre, le donne erano viste come esseri puri e puliti. A causa di questa visione, i loro corpi erano visti come templi che non dovevano essere adornati con gioielli né essere utilizzati per sforzi fisici o nella pratica sessuale. Il ruolo delle donne si riduceva a procreare ed occuparsi della casa. Non potevano esercitare una professione, a meno che non fosse quella di insegnante o di domestica, né era loro riconosciuto il diritto di avere propri conti correnti o libretti di risparmio. A dispetto della loro condizione di "angeli del focolare", venerate come sante, la loro condizione giuridica era spaventosamente misera.
Il ruolo di genere, la condizione femminile e i diritti delle donne in Egitto sono cambiati lungo tutto il corso della storia, dall'antichità all'era moderna. Dalle prime documentazioni archeologiche conservate si rileva che le donne egiziane furono considerate quasi uguali agli uomini all'interno della società, indipendentemente dallo stato civile. Attualmente lo stato dei diritti femminili in Egitto è molto povero, con la presenza di mutilazioni genitali femminili, delitti d'onore, matrimoni forzati e molestie sessuali, i quali rimangono gravi problemi da affrontare per le donne; nel 2013, infatti, l'Egitto è stato classificato come il peggior paese nel mondo arabo per quanto riguardava la condizione delle donne. Nonostante tutto, negli ultimi anni i movimenti femministi stanno provando a spezzare vari tabù e ad affrontare la stigmatizzazione sociale, talvolta anche violenta, che la donna subisce nel Paese, svolgendo lavori "maschili" ostracizzati dalla società patriarcale egiziana (nel 2016 Om Waleed è diventata la prima donna al Cairo a ricoprire il ruolo di tassista). Sempre nel 2015/2016 è stata anche inaugurata la prima stazione di servizio femminile in Egitto. In una società che comunque vive sotto un patriarcato conservatore e fortemente repressivo l'emancipazione femminile rimane conunque abbastanza difficile, in particolar modo nelle zone rurali, dove la maggior parte della popolazione vive in condizioni di estrema povertà e non possiede una sufficiente istruzione: lo dimostra l'attrice Rania Youssef, che sarà processata per "oscenità" dopo aver indossato in una cerimonia, nel dicembre 2018, un abito troppo scollato, rischiando una pena massima di 5 anni di reclusione . Nel novembre 2017 la pop star Shaimaa "Shyma" Ahmed è stata condannata a due anni di reclusione, pena poi commutata in un anno, per aver pubblicato un videoclip considerato immorale e con materiale sessualmente esplicito vestita in abiti intimi (la giovane è intenta a mordere una banana, versandoci sopra delle patatine mentre provoca dei ragazzi) dal titolo "I have Issues" . Le donne presenti nella Camera dei rappresentanti (dati 2015) è pari al 14,9% del totale, le donne nella forza lavoro per il 2014 assommano al 26%, e il Global Gender Gap Report per il 2013 era a 0.5935 (125ª posizione su 144 stati). Nel settembre 2016 Noha Elostaz è stata la prima donna a vincere una causa per molestie e violenze sessuali in Egitto; ciò ha comportato un aumento di denunce all'interno del Paese (tuttavia, molte donne ancora non si sentono sicure di denunciare il proprio aggressore) . Nel febbraio 2017 Abdel Fattah al-Sisi nomina Nadia Abdou come donna governatrice per la prima volta nella storia dell'Egitto moderno. La neogovernatrice punta su turismo e investimenti per rilanciare la zona . Secondo il Gender Gap Report 2019 l'Egitto si classifica 134º su 153 paesi per quanto riguarda i diritti delle donne con un ranking di 0.629 da un punteggio che va da 0 a 1. Punteggio di gran lunga superiore alle statistiche del 2006, ovvero un punteggio di 0,579 su 1. Restano comunque scarse le possibilitò di raggiungere alte cariche statali. La partecipazione economica è salita dallo 0.416 del 2006 allo 0.438 su 1 del 2019. Solo il 24,7% delle donne partecipa alla forza lavorativa nel paese. Solo il 7,1% di loro fa parte dei menager e giudici/legislatori del Paese. Il tasso di alfabetizzazione è del 65,5%, il 98,8% di loro ha concluso gli studi primari, l'83,3% ha concluso gli studi secondari, il 35,8% ha conseguito una laurea. L'aspettativa di vita è di 62,4 anni per le donne. Solo il 14,9% del Parlamento è composto da donne, mentre per quanto riguarda le cariche di ministro, solo il 24,2% è ricoperto da donne. L'età del primo figlio è di 27,6 anni, mentre i figli in media sono 3,33 a donna.
L'evoluzione della condizione e dei diritti delle donne in Asia coincidono con l'evolvere della storia stessa del continente; essi corrispondono anche con le culture che si sono via via sviluppate al suo interno. Donne asiatiche che hanno raggiunto un ruolo di notevole importanza all'interno del loro paese sono la rivoluzionaria, scrittrice e femminista cinese dei primi del Novecento Qiu Jin; la filippina Corazón Aquino; l'indiana Indira Gandhi e l'italoindiana Sonia Gandhi; la pakistana Benazir Bhutto e l'israeliana Golda Meir.
Il ruolo di genere, la condizione femminile e i diritti delle donne nella Turchia contemporanea sono determinati da una continua lotta militante in materia di uguaglianza di genere, elementi che concorrono ad includere le condizioni richieste per la candidatura all'Unione europea, contro le politiche prevalenti che favoriscono modelli restrittivi basati sul patriarcato. Le donne turche continuano ad essere vittime di stupro e delitto d'onore; la ricerca svolta dagli studiosi più accreditati e dalle agenzie governative indica inoltre una diffusa presenza di violenza domestica tra la popolazione maschile. Le donne sono costrette ad affrontare anche disparità significative nel campo occupazionale e, in alcune regioni, in quello dell'istruzione femminile. La partecipazione delle donne alla forza lavoro è inferiore alla metà della media europea e mentre diverse campagne sono state intraprese con successo per promuovere l'alfabetizzazione femminile, esiste ancora una forte sacca di divario ta i sessi nell'istruzione secondaria ed un sempre più crescente divario nell'istruzione superiore. Vi è anche una diffusione a macchia d'olio del matrimonio infantile, pratica quest'ultima che è particolarmente presente nelle parti più orientali e centrali del paese. La discriminazione basata sul genere è espressamente vietata dalla costituzione del 1982. Il movimento del femminismo turco prese avvio nel corso del XIX secolo in concomitanza con il declino e la primissima modernizzazione dell'impero ottomano; questo movimento è stato abbracciato, dopo la caduta dell'Impero ottomano e la proclamazione della Turchia repubblicana da parte dell'amministrazione di Mustafa Kemal Atatürk (1922), attraverso riforme modernizzatrici che includevano il divieto di poligamia e la fornitura di diritti completi alle donne turche entro il 1934. Il tasso di occupazione secondo l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico per il 2015 è fermo al 30,5%, mentre il "Global Gender Gap Index" è attestato per il 2013 a 0.6081, alla 120ª posizione su 144 paesi. Il Global Gender Gap Report 2019 su 153 paesi analizzati la Turchia si posiziona 130esima con un punteggio di 0,635 su 1,000 (nel 2006 la posizione era 105esima con un punteggio di 0,585 su 1,000). La percentuale di donna lavoratrici è del 37,5%; la percentuali di manager e giudici in Turchia donne è del 14,8% mentre di lavoratori e operatori professionisti è del 40,1%. Il 93,5% delle donne turche sono alfabetizzate, l'87,2% e l'86% delle donne hanno conseguito un'istruzione primaria e secondaria. Il 17,5% delle donne sono parte del parlamento mentre i ministri donna sono l'11,8%. L'età media per una donna quando mette al mondo il primo figlio è di 28,6 anni con una media di 2,08 figli a donna.
La condizione della donna in Iran ha subìto vari mutamenti nella storia. Le donne iraniane godono di pari dignità sociale ed economica in base alla legge della Sharia, e quindi devono ancora essere pienamente acquisiti. Possono svolgere diverse mansioni e lavori, a patto che si coprano i capelli, mani e braccia; anche se non necessariamente con il chador (abito più comunemente utilizzato dalle donne che si unirono alle proteste precedenti la Rivoluzione Iraniana del 1979).
Record aggiornato il: 2025-12-24T01:13:02.013Z