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Pubblicazione: Livorno : Sillabe, 2005
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese: IT
Caterina Maria Romula di Lorenzo de' Medici, nota semplicemente come Caterina de' Medici (Firenze, 13 aprile 1519 – Blois, 5 gennaio 1589), fu regina consorte di Francia, come moglie di Enrico II, dal 1547 al 1559, reggente dal 1560 al 1563. Nota come «la regina madre» per aver generato tre sovrani di Francia (Francesco II, Carlo IX, Enrico III), ebbe una grande e duratura influenza nella vita politica dello Stato.Il suo nome è legato alle guerre di religione che si combatterono in Francia negli anni del suo regno. Una sorta di leggenda nera che l'ha perseguitata da tempo immemorabile ne ha fatto una persona austera, vendicativa, attaccata al potere e persino malvagia, pronta a qualunque espediente pur di raggiungere i suoi scopi, secondo i dettami de Il Principe, che Niccolò Machiavelli aveva dedicato al padre. Nella moderna storiografia Caterina de' Medici viene considerata piuttosto una delle maggiori sovrane di Francia, sostenitrice della tolleranza civile, che, pur compiendo diversi errori di valutazione, tentò di seguire una politica di conciliazione con l'aiuto dei propri consiglieri, animata in primo luogo dal desiderio di assicurare la continuazione della dinastia Valois.Il suo ruolo nel massacro della notte di san Bartolomeo, tuttavia, contribuisce ancora oggi a farne un personaggio controverso.
La storia dell'arte è la teoria e la storia che studia la nascita e il progresso delle espressioni artistiche, attraverso un punto di vista metodologico filosofico ed estetico oltre che semiotico - cognitivo e letterario, con particolare riguardo ai fenomeni distintivi. Nell'arco dei secoli si è formalizzata come ricerca di conoscenze, tecniche e descrizioni, utili alla comprensione delle più varie forme artistiche. Le prime descrizioni autentiche compaiono in testi greci antichi (Pausania) e romani (Plinio il Vecchio). In quanto disciplina teorica si occupa dei principi estetici e storici della funzione estetica, della costituzione e delle variazioni di forme, degli stili e dei concetti trasmessi attraverso opere d'arte. Una grande divisione, tra arte e tecnica, nasce nell'Accademia platonica, a contrasto delle forme ibride di imitazione. Nel corso delle importanti egemonie culturali, il punto di vista dello storico dell'arte, è stato omologato alla ricerca e diffusione di canoni operativi. Nella sua veste di ricerca stilistica e biografica, essa adotta i criteri della filosofia e della storia letteraria, così come della psicologia evolutiva e della critica d'arte. Solo dopo la metà dell'Ottocento, l'interesse della sociologia, per studi psicologici e letterari, ha comportato un orientamento verso la comprensione del fenomeno artistico dal punto di vista dei fenomeni sociali coinvolti. In questo quadro scientifico di studi contemporanei, è stato possibile completare la ricerca da un punto di vista sociopedagogico e psicopedagogico, con teorie sulla "formatività" (Pereyson) e sull'apporto dei musei, delle gallerie e degli archivi pubblici e privati, messi in luce dalla critica contemporanea. La storia dell'arte è intesa anche come rispetto delle sistematicità che essa contiene e contribuisce a far conoscere, mediando tra conservazione, innovazione culturale e industriale. Opere unitarie sulla personalità artistica ottengono l'ambito riconoscimento di ricomporre la teoria e la tecnica delle arti. Si pensi al saggio di Benvenuto Cellini. Uno dei successivi maggiori contributi, nasce con l'esperienza vivida dei manieristi al seguito di Michelangelo Buonarroti: Giorgio Vasari comprese la necessità di raccogliere le testimonianze letterarie e critiche, concrete e collezionistiche, tecniche e diaristiche proprie degli artisti e quindi raccolse utili informazioni allo scopo di tracciare la fortuna delle opere e degli artisti. Facendo così intese riportare la tradizione culturale italiana a partire da Giotto, costituendo un modello, presumibilmente derivato dall'arte greca, della maniera, affrancandola dall'ambito servile in cui era collocata per essere considerata un'arte libera alla pari con il lavoro intellettuale. La sua raccolta, Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori, permette di riconoscere la continuità dello stile e la necessità critica di un giudizio sull'arte e sull'architettura, ha innovato nello stile, ha dato un'impronta negli studi, almeno fino a Federico Zeri. La funzione di queste raccolte, pubblicate a mezzo stampa, ebbe colorazioni diverse. Marco Boschini, scriverà con un lessico veneziano, il modo di interpretare la pittura, in una Venezia aperta al riconoscimento e al mercato internazionale, non di meno con intenzioni allegoriche e istruttive dal punto di vista culturale e morale. In Italia, si sono percorse influenze profonde, ancorate a principi teorici: dalla storia della religione, all'evoluzione dei concilii, dalla manifestazione di opere pubbliche alla realizzazione di scuole, motivo per cui, una storia dell'arte, può avere come suo ancoramento intrinseco, una vocazione dal tratto antropologico culturale propria. Il metodo dello storico dell'arte, in sintesi, deve potersi avvicinare a quello del sociologo e semiotico visivo pur rappresentando conoscenze evolutive proprie e accostandosi al metodo filosofico e naturalistico delle scienze. In quanto disciplina, deve occuparsi di tutte le forme artistiche, potersi specializzare e ricoprire quindi una veste scientifica propria per poter essere trasmessa. L'aspetto approfondito del bene culturale, così come le conoscenze di opere e di autori, in particolare in pittura, in scultura e in architettura, sono il fondamento degli studi accademici, specialistici e di ricerca. Inoltre, come ogni altra disciplina storica e umanistica, la storia dell'arte è soggetta ad un'opera di interpretazione e riconoscimento critico ed è soggetta al metodo storiografico progressivo. Lo studio dei contesti, degli antefatti, delle condizioni ambientali e dei mutamenti, della collocazione e della condizione della conservazione, in cui un'opera è stata concepita, realizzata, recepita e studiata, nonché della committenza e dei materiali, è parte integrante sia per la comprensione del significato, delle funzioni tipiche dell'opera, sia del percorso artistico e del valore dell'opera. A queste competenze si aggiungono la museografia e il restauro del bene culturale. Anche su questo piano, la storia dell'arte, deve poter cercare le analogie e le differenze comprese nell'opera, dal punto di vista dei legami con altre scienze, degli usi e dei costumi, nell'impegno complessivo di partecipare allo sviluppo democratico e alla conoscenza in genere. La "descrizione analitica" (ékphrays) del formarsi delle opere d'arte, e delle opere stesse, permette di affrontare tematiche di vasta portata: i ricettari, i trattati, i dizionari monografici, del disegno e del colore, sia tecnici che a glosse, favoriscono la divulgazione della storia delle arti, e rendono possibile una competenza settoriale, uno studio distintivo in Arti maggiori e Arti minori nel rispetto del ritrovamento. Con il contributo dell'archeologia, le opere d'arte possono essere studiate e descritte approfondendo aspetti ragionati che la costituiscono: dalle osservazioni presemiotiche e meno intenzionali, dai materiali alla conoscenza strutturata, dobbiamo il formarsi di settori propri: iconologia, iconografia, allegoria e simbolo, che di volta in volta hanno arricchito la letteratura artistica, favorendo il nascere di correnti di pensiero (ut pictura poïesis). Lo studio delle opere del passato, soprattutto se appartenenti a culture distanti, porta, in particolar modo, alla conoscenza e al rispetto di codici culturali e filosofici ai quali le opere fanno riferimento. Lo studio articolato delle invenzioni e delle scoperte, in storia e storia dell'arte, porterebbe ai significati teorici stessi delle opere d'arte ritenute maggiori. L'arte, afferma Edgar Wind, è sottoposta a principi regolativi universali, educare con l'arte, significa concedere all'espressione e al contenuto artistici, uno statuto normativo e progettuale proprio, che attinge alla forma stessa dei linguaggi dei primordi che hanno permesso la formazione del gusto, dell'estetica e dell'etica nelle varie epoche. I contributi degli storici dell'arte, non possono che provenire da spontanee costruzioni professionali, nozioni, competenze, disposizioni che restituite ne favoriscono l'accesso, tuttavia nel corso del Novecento sono nati veri e propri istituti di eccellenza. Ad esempio il Warburg Institute di Londra, si è occupato dell'orientamento religioso, allegorico e astrologico delle opere d'arte. Con la didattica museale si esprime un concetto affine, quello del significato dell'esperienza diretta del fare artistico accanto alla fruizione estetica del sapere, si favorisce la conoscenza individuale del valore estetico dell'opera d'arte. Le correnti strutturaliste e costruttiviste, linguistiche e psicologiche, hanno orientato la pedagogia artistica sulle direzioni di senso, legate alla comprensione delle procedure artistiche tecniche. Alcuni sviluppi autorialiAlois Riegl, 1893, Stilfragen (tr. in it. Problemi di stile); Spätrömiche Kunstindustrie, 1901 (tr. in it. Arte industriale della tarda romanità Arnold Hauser evoluzione dell'arte (sociologo dell'arte) F. Wickhoff narrazione continua Heinrich Wölfflin leggi della visione figurazione Max Dvořák situazione spirituale rispecchiata Julius von Schlosser apporti strutturalisti Carlo Brandi semiologia e arte Benedetto Croce il soggetto del fare artistico è inseparabile dall'opera e irriducibile allo stile N. Ivanoff il carattere di una narrazione dello sbocciare successivo e imprevedibile di maniere e stili J. J. Winckelmann adotta il concetto classico di storia e cerca di ricostruire l'essenza dell'arte che a suo avviso non dipende dalla storia personale degli artisti L. Lanzi le singole maniere nel particolare stile di ciascun artista ma dichiara di non essere interessato a ridurre la storia dell'arte a tratti permanenti, come farebbe una scienza naturale, aprendo lo studio alle forme visive e alle scuole ▪︎ J. D. Fiorillo ▪︎ J. B. Seroux D'Agincourt ▪︎ L. Cicognara ▪︎ F. Kugler ▪︎ A. Springer ▪︎ P. Selvatico ▪︎ G. B. Cavalcaselle ▪︎ J. A. Crowe ▪︎ L. Moretti ▪︎ A. Venturi ▪︎ R. Longhi ▪︎ P. Toesca ▪︎ B. Berenson Storia dell'arte senza nomi A. Hauser Storia dello stile H. Wölfflin Storicismo N. Pevsner per lo sviluppo di una sintesi Luigi Grassi, Mario Pepe - Dizionario di arte. Termini, movimenti e stili dall'antichità a oggi. Torino, UTET, 2003 ISBN 8877508450Si configura in tal modo la centralità dell'insegnamento di tale disciplina, impartita nelle scuole secondarie di primo grado e nei licei.
Margherita di Valois (Castello di Saint-Germain-en-Laye, 14 maggio 1553 – Parigi, 27 marzo 1615) fu Regina consorte di Francia e Navarra come prima moglie di Enrico IV di Francia. Settima figlia e terza femmina di Enrico II di Francia e Caterina de' Medici, fu sorella di tre re di Francia: Francesco II, Carlo IX e Enrico III e della regina di Spagna Elisabetta di Valois. Le sue simboliche nozze con il re ugonotto Enrico di Navarra furono offuscate dalla strage di san Bartolomeo e dalla successiva prigionia alla corte del marito, costretto all'abiura. Divenuta l'eminenza grigia del fratello minore Francesco d'Alençon, in opposizione al re Enrico III, svolse per suo conto un'ambasciata segreta nelle Fiandre in rivolta. In seguito si recò assieme alla madre nel Midi per pacificarlo e ricongiungersi al marito, nel frattempo fuggito dal Louvre e tornato al calvinismo. Fedele discepola del neoplatonismo, a Nérac, manifestò doti di intellettuale e di mecenate, creando un vivace circolo di letterati, poeti e artisti nell'austera corte navarrese. Politicamente continuò a svolgere il ruolo di mediatrice tra le due corti, conducendo una vita coniugale felice, ma la sua sterilità e le tensioni politiche causate dalle guerre civili spezzarono il suo matrimonio, mentre i numerosi scandali sessuali nella quale fu coinvolta e che ne compromisero la reputazione, le alienarono la famiglia. Alla morte del duca d'Alençon nel 1585 Margherita si schierò con la Lega cattolica nemica del marito e del fratello maggiore. Imprigionata nella fortezza di Usson su ordine di Enrico III, vi rimase in esilio per vent'anni, durante i quali scrisse le proprie Memorie. Divenuta virtualmente regina di Francia, al momento opportuno contrattò abilmente le condizioni per l'annullamento del matrimonio, a cui acconsentì solo dopo il versamento di un lauto compenso. Tornata a Parigi nel 1605, in ottimi rapporti con l'ex marito e la sua nuova famiglia, si distinse ancora per il suo ruolo di mediatrice lasciando i suoi beni all'amato delfino Luigi e aiutando Maria de' Medici nel periodo di reggenza. Nell'ultimo periodo della sua vita divenne famosa per le sue qualità di mecenate, di benefattrice e di rinomata donna di lettere, dibattendo sulla Querelle des femmes. Morì nel 1615, quando ormai era già una leggenda vivente.Figura controversa, dopo la sua morte gli aneddoti e le calunnie su di lei hanno creato un mito, che si è consolidato attorno al famoso soprannome di regina Margot (La Reine Margot) inventato da Alexandre Dumas père e che ha tramandato nei secoli l'immagine di una donna ninfomane e incestuosa. Alla fine del XX e all'inizio del XXI secolo gli storici hanno iniziato una revisione delle fonti, concludendo che molti elementi della sua reputazione scandalosa derivavano da una propaganda anti-Valois e da una strumentale denigrazione della partecipazione delle donne in politica, creato dalla storiografia borbonica nel XVII secolo.
La casata dei Medici è un'antica famiglia fiorentina, protagonista di centrale importanza nella storia d'Italia e d'Europa dal XV al XVIII secolo. I Medici ottennero, de Facto, il controllo prima della città di Firenze, e del Granducato di Toscana poi. Tranne qualche interruzione di breve durata il potere mediceo durò dal 1434, con la signoria di Cosimo il Vecchio, al 1737, con la morte di Gian Gastone, ultimo granduca. Originari della regione del Mugello, probabilmente appartenenti alla piccola nobiltà di campagna inurbata a partire dal XII secolo, inizialmente le attività dei Medici delle prime generazioni riguardarono la mercatura tessile, l'agricoltura e solo sporadicamente l'attività bancaria. Con la fondazione del Banco dei Medici, ad opera di Giovanni di Bicci, la famiglia acquistò nel tempo ricchezza e potere, divenendo finanziatrice delle realtà più influenti nel panorama politico europeo. Il Banco, ad esempio, finanziò il Papa, la conquista del Ducato di Milano da parte di Francesco Sforza, la vittoria di Edoardo di York nella Guerra delle due rose. Con l'avvento al governo di Cosimo e di suo nipote Lorenzo il Magnifico, incarnazione del principe umanista, il potere mediceo fu uno dei principali poli propulsivi del Rinascimento: i signori di Firenze erano trattati come sovrani dagli altri monarchi europei, e la vita artistica e culturale della Firenze del XV secolo era punto di riferimento per tutta Europa, grazie anche all'instancabile opera di promozione culturale svolta dal Magnifico. Politicamente, Lorenzo si premurò di conservare l'equilibrio degli Stati italiani attraverso la salvaguardia della Lega Italica promossa dal nonno, garantendo all'Italia un lungo periodo di pace interna e di sviluppo. Dopo la sua morte nel 1492, i suoi eredi non furono altrettanto capaci, contribuendo a far precipitare la Penisola nella rovinosa serie di conflitti noti come Guerre d'Italia, che segnarono la sempre maggiore marginalizzazione degli Stati italiani nell'Europa delle grandi potenze nazionali. La famiglia Medici ha espresso tre Papi della Chiesa cattolica: papa Leone X, figlio di Lorenzo il Magnifico e Clarice Orsini, ultimo successore di Pietro ad essere semplice diacono al momento dell'elezione, portò alla corte pontificia lo splendore e i fasti tipici della cultura delle corti rinascimentali. Il 3 gennaio 1521 scomunicò Martin Lutero con la bolla pontificia Decet Romanum Pontificem. Papa Clemente VII, cugino di Leone X, negò il divorzio ad Enrico VIII d'Inghilterra e dovette subire lo Scisma anglicano. Durante il suo papato vi fu il Sacco di Roma. Entrambi i papi furono grandi mecenati nella tradizione di famiglia. Il terzo papa mediceo, Leone XI, regnò invece per meno di un mese nell'aprile del 1605. La famiglia conta anche due regine consorti di Francia: Caterina de' Medici, l'ultima discendente diretta del Magnifico, e Maria, figlia del Granduca Francesco I de' Medici e nonna di Luigi XIV, il Re Sole. Con l'avvento del Granducato nella seconda metà del XVI secolo i Medici divennero sovrani a tutti gli effetti unificando sotto il loro scettro gran parte della Toscana, con l'unica eccezione dell'indipendente Repubblica di Lucca e dello Stato dei Presidi, sotto dominazione spagnola. Il governo dei granduchi medicei fu inizialmente illuminato come quello dei loro avi: diedero impulso ai commerci, proclamarono la tolleranza religiosa con le famose Leggi livornine del 1591-1593 e furono mecenati delle arti e della scienza, patrocinando Galileo Galilei, astronomo di corte di Cosimo II de' Medici, e fondando, con il cardinale Leopoldo, l'Accademia del Cimento, la prima istituzione scientifica in Europa a promuovere il metodo sperimentale di Galileo. Il malgoverno degli ultimi granduchi e la morte senza eredi dell'ultimo sovrano mediceo Gian Gastone nel 1737, portò il Granducato nella mani di Francesco I di Lorena, marito dell'imperatrice Maria Teresa d'Austria, rimanendo ai loro discendenti fino all'Unità d'Italia. La sorella di Gian Gastone, Anna Maria Luisa de' Medici, ultima del ramo granducale, stipulò il "Patto di famiglia" con gli Asburgo-Lorena lasciando per testamento l'immenso patrimonio artistico alla città di Firenze. L'accordo prevedeva che i nuovi successori non potessero spostare «[...] o levare fuori della Capitale e dello Stato del Granducato, Gallerie, Quadri, Statue, Biblioteche, Gioje ed altre cose preziose, della successione del Serenissimo GranDuca, affinché esse rimanessero per ornamento dello Stato, per utilità del Pubblico e per attirare la curiosità dei Forestieri», come scrisse lei stessa. Attualmente sopravvivono solo tre rami cadetti: quello dei Medici di Ottajano, principi di Ottajano e duchi di Sarno, trapiantati a Napoli sin dal XVI secolo, quello dei Medici Tornaquinci, già marchesi di Castellina, rimasti nell'originaria Toscana, e quello dei Peruzzi de' Medici.
Lorenzo di Piero de' Medici, detto Lorenzo il Magnifico (Firenze, 1º gennaio 1449 – Careggi, 8 aprile 1492), fu signore di Firenze dal 1469 alla morte, il terzo della dinastia dei Medici. È stato anche uno scrittore, mecenate, poeta e umanista, nonché uno dei più significativi uomini politici del Rinascimento, sia per aver incarnato l'ideale del principe umanista, sia per l'oculatissima gestione del potere. Lorenzo divenne, insieme al fratello minore Giuliano, signore de facto di Firenze dopo la morte del padre Piero. Nei primi anni di governo (1469-1478), il giovane Lorenzo condusse una politica interna volta a rinforzare da un lato le istituzioni repubblicane in senso filo-mediceo, dall'altro a sopprimere le ribellioni delle città sottoposte a Firenze (celebri i casi di Prato e Volterra). Sul fronte della politica estera, invece, Lorenzo manifestò il chiaro disegno di arginare le ambizioni territoriali di Sisto IV, in nome dell'equilibrio della Lega Italica del 1454. Per questi motivi, Lorenzo fu oggetto della Congiura dei Pazzi (1478), nella quale il fratello Giuliano de' Medici rimase assassinato. Il fallimento della congiura provocò l'ira di papa Sisto, del re di Napoli Ferrante d'Aragona e di tutti coloro che erano intimoriti dal rafforzamento del potere mediceo su Firenze. Seguirono, pertanto, due anni di guerra contro Firenze, nella quale il prestigio interno e internazionale del Magnifico si rafforzarono enormemente grazie alla sua abilità diplomatica e il suo carisma, con cui riuscì, da un lato a sgretolare la coalizione anti-fiorentina, dall'altro a mantenere unite le forze interne alla Repubblica. Divenuto negli anni ottanta l'ago della bilancia della politica italiana, trattato come un sovrano dai monarchi stranieri, Lorenzo legò il suo nome al periodo di massimo splendore del Rinascimento fiorentino, circondandosi di intellettuali - Poliziano, Ficino, Pico della Mirandola - e di artisti quali Botticelli e il giovane Michelangelo. Con la sua prematura scomparsa nel 1492, Firenze si ribellò all'inetto figlio Piero per consegnare il potere nelle mani del frate Girolamo Savonarola, impiccato e messo al rogo 6 anni dopo. Come conseguenza, la rivalità dei signori italiani, non più frenati dalla diplomazia di Lorenzo, permise a Carlo VIII di Francia di scendere in Italia e dare inizio alle guerre franco-spagnole del XVI secolo.
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