Accedi all'area personale per aggiungere e visualizzare i tuoi libri preferiti
Autore principale: Tarì, Marcello
Pubblicazione: Firenze : Regione Toscana, ©2003
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese: IT
Panem et circenses (letteralmente «pane e [giochi] circensi») è una locuzione latina, usata nell'antica Roma per sintetizzare le aspirazioni della plebe, o, in epoca contemporanea, in riferimento a strategie politiche demagogiche. La citazione appartiene al poeta latino Giovenale:
I Romani presero dalle culture precedenti, specialmente da quella greca, l'esercizio di quelle attività con le quali da soli o in gruppo, bambini, per puro divertimento, e adulti, per svagarsi dagli impegni quotidiani, giocavano. Il gioco, seguendo la tradizione greca, era considerato dai Romani come dotato di una valenza educativa: i bambini, come avevano insegnato Platone e Aristotele, giocando prendono contatto con la società che li circonda, imparano a rispettare le regole con lealtà, pena l'esclusione dalla comunità.
Per teatro greco si intende l'arte teatrale nel periodo della Grecia classica, in particolare il V secolo a.C., periodo a cui risalgono la quasi totalità delle opere teatrali oggi conosciute. Gli ateniesi della Atene classica, per i quali le rappresentazioni erano non solo uno spettacolo ma anche una cerimonia religiosa, conoscevano tre tipi di opere teatrali: la tragedia, la commedia e il dramma satiresco. Le rappresentazioni teatrali avvenivano ad Atene in occasione di tre feste in onore di Dioniso (dio del teatro, nonché dell'estasi, del vino e della liberazione dei sensi) che si tenevano nel corso dell'anno: le Grandi Dionisie, le Lenee e le Dionisie rurali. Il teatro, dato il suo vasto seguito, divenne veicolo di diffusione di idee e problematiche nella vita politica e culturale della Atene democratica.
La pagina illustra le maggiori feste e tradizioni popolari sacre celebrate in Abruzzo, nel calendario liturgico di tutto l'anno, partendo da fine dicembre, dal periodo del Natale, fino alle ricorrenze dell'8 dicembre, all'Immacolata Concezione, e alle celebrazioni di San Nicola di Bari. Diversi sono stati i folkloristi e i demologi abruzzesi e non che si sono occupati dai catalogare, raccogliere e commentare le tradizioni dell'Abruzzo, partendo da Antonio De Nino, Gennaro Finamore, Vincenzo Balzano, Giovanni Pansa, poi Alfonso Maria Di Nola, Giuseppe Profeta, Francesco Verlengia, Emiliano Giancristofaro e infine Maria Concetta Nicolai.
La Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane è l'opera più importante del palermitano Giuseppe Pitré (1841-1916), pubblicata in ben venticinque volumi tra il 1871 e il 1913. Come il conterraneo Giovanni Meli, il Pitrè divenne medico di professione e venne, grazie ad essa, a contatto con i ceti più umili dai quali raccolse per primi i Canti popolari siciliani, pubblicati in due volumi nel 1871. Molto importante fu anche il contributo della madre, a cui dedicò questa sua prima opera; addirittura disse di lei: «è la mia biblioteca delle tradizioni popolari siciliane». Ai primi due volumi si aggiunsero presto gli altri, dedicati alla cultura popolare, ma anche a giochi, proverbi, indovinelli, feste, medicina popolare, usi nuziali e molto altro. Per i suoi meriti e la sua fama Giuseppe Pitré fu nominato Senatore del Regno il 30 dicembre del 1914, quando anche in America venivano tradotte e pubblicate le sue opere per le Edizioni Crane, specialmente i proverbi e le fiabe, la cui radice comune a tanti popoli egli aveva esaltato rivendicando in una lettera ad Ernesto Monaci la loro ricchezza linguistica con queste parole: «Che bellezza, amico mio! Bisogna capire e sentire il dialetto siciliano per capire e sentire la squisitezza delle fiabe che sono riuscito a cogliere di bocca ad una tra le mie varie narratrici». Come sostiene Giuseppe Cocchiara, l'opera del Pitré presenta due aspetti, uno storico e l'altro poetico, rivelando «un'umanità viva e vibrante» per cui egli era convinto che era giunto il tempo di studiare con amore e pazienza le memorie e le tradizioni, per custodirle. Da questo nacque anche la creazione del Museo Etnografico, dove raccogliere tutti i materiali e gli oggetti pazientemente ricercati per la Sicilia, che oggi porta il suo nome, ed è ospitato nelle ex-stalle della Palazzina Cinese, all'interno del Parco della Favorita. Molto belle sono le pagine dedicate alle storie di Giufà, protagonista di molti racconti comici della tradizione siciliana, e alle feste popolari, soprattutto quella del Natale e quella dei Morti (Commemorazione dei defunti).
Alcune catalogazioni sono state accorpate perché sembrano descrivere la stessa edizione. Per visualizzare i dettagli di ciascuna, clicca sul numero di record
Record aggiornato il: 2021-11-25T04:53:08.354Z