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Autore principale: Parigi, Silvia
Pubblicazione: Firenze : L. S. Olschki, 1995
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese: IT
George Berkeley (Contea di Kilkenny, 12 marzo 1685 – Oxford, 14 gennaio 1753) è stato un filosofo, teologo e vescovo anglicano irlandese, uno dei tre grandi empiristi britannici assieme a John Locke e David Hume. Ignorato e deriso in vita per le sue tesi è oggi ampiamente rivalutato e considerato come una sorta di precursore indiretto di Mach e di Albert Einstein e di Niels Bohr per la sua tesi sull'inesistenza della materia e sull'impossibilità di un tempo e uno spazio oggettivamente assoluti. Le sue critiche alla matematica (in primis riguardo al concetto di numero infinito) e alla scienza sono fra le più controverse della storia della filosofia.
Il Trattato sui principi della conoscenza umana (A Treatise Concerning the Principles of Human Knowledge, comunemente chiamato Trattato in riferimento alle opere di Berkeley), è una pubblicazione del 1710, in lingua inglese, scritta dal filosofo empirista irlandese George Berkeley. Questo libro cerca soprattutto di confutare le affermazioni fatte dal suo contemporaneo John Locke sulla natura della percezione umana. Benché, come tutti i filosofi empiristi, sia Locke che Berkeley fossero d’accordo sul fatto che noi abbiamo esperienze sia che gli oggetti materiali esistano o meno, Berkeley cercò di provare che il mondo esterno (il mondo che causa le idee che una persona ha nella propria mente) fosse composto unicamente da idee. Berkeley lo fece dicendo che “le idee possono assomigliare solamente ad idee” - le idee mentali che possediamo possono somigliare ad altre idee (non oggetti materiali), e quindi il mondo esterno non ha una forma fisica, ma piuttosto fatta di idee. La regolarità e la logica di questo mondo è (o almeno era) stata data da un’altra forza, che Berkeley conclude essere Dio.
Il mito della caverna di Platone è uno dei più conosciuti tra i miti o allegorie o metafore del filosofo ateniese. Il mito è raccontato all'inizio del libro settimo de La Repubblica (514 b – 520 a). Si tratta di uno dei testi universalmente riconosciuti come fondamentali per la storia del pensiero e della cultura occidentale.
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