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Autore principale: Pascal, Blaise
Con la denominazione di religioni indiane si vengono ad indicare quelle fedi religiose che hanno avuto origine nel subcontinente indiano, cioè Induismo, Giainismo, Buddhismo e Sikhismo; queste sono anche classificate tra le religioni orientali. Pur essendo strettamente collegate con la storia dell'India, le religioni indiane costituiscono una vasta gamma di comunità spirituali le quali non si limitano soltanto al subcontinente. La prova attestante la presenza di una qualche forma di religione preistorica nel subcontinente indiano deriva dagli sparsi reperti di pittura rupestre risalente al Mesolitico. La popolazione di Harappa, città facente parte della civiltà della valle dell'Indo, che durò all'incirca dal 3.300 al 1.300 a.C. (col suo periodo più maturo tra il 2.600 e il 1.900 a.C.) era una cultura urbanizzata precoce di fatto precedente la religione vedica: le genti Dravida e le stesse lingue dravidiche dell'India meridionale sono anch'esse anteriori alla "religione vedica". La storia documentata delle religioni indiane comincia con la formazione religiosa storica conosciuta col nome di Vedismo, concernente le pratiche di fede e spiritualità dei primi popoli Indoiranici, che sono state raccolte successivamente con la Shakha (apprendimento e stesura) dei Veda, testi divenuti col tempo la tradizione spirituale fondamentale presente nella cultura indiana: il periodo della composizione, redazione e commento di tali testi (per lo più inni di lode alle varie divinità) è conosciuto come periodo della civiltà vedica il quale durò all'incirca tra il 1.750 e il 500 a.C.. Questa religione è stata fortemente legata al primo Zoroastrismo e la sua lingua liturgica, il sanscrito vedico, era intelligibile con la lingua avestica. Il periodo di riforma durato tra l'800 e il 200 a.C. segna un "punto di svolta tra la religione vedica e la religione indù". L'antico movimento religioso indiano degli sramana (monaci-asceti itineranti), parallelo ma distinto dalla tradizione vedica, ha dato luogo al Giainismo e al Buddhismo ed è stato responsabile per i concetti relativi di Yoga, saṃsāra (il ciclo di nascita-morte-rinascita inerente a tutti gli esseri) e Mokṣa (la liberazione da quel ciclo). Tale periodo vede anche la scrittura dei Brāhmaṇa e delle Upaniṣad prima - il tutto all'interno della definizione di Brahmanesimo - e la crescita del Vedānta o "fine dei Veda" poi, una delle scuole filosofiche e di pensiero di maggior rilevanza dell'epoca. Il periodo dei Purāṇa (200 a.C.-500 d.C.) e la precoce età medioevale (500-1.100) ha dato luogo a sempre rinnovate definizioni di Induismo, soprattutto quelle di Bhakti (d'impronta più propriamente devozionale) e quellele relative allo Shivaismo, Shaktismo, Vaishnavismo (dedicate rispettivamente a Shiva, alla Devi-Shakti e a Vishnu), fino alla scuola Smārta ed a gruppi minori come la tradizione ritualistica conservatrice Shrauta. Il primo periodo relativo alla dominazione islamica in India (1.100-1.500) ha anch'esso contribuito a dare vita a nuovi movimenti: il Sikhismo è stato fondato nel corso del XV secolo sugli insegnamenti di Guru Nanak e dei nove successivi guru sikh in India del nord: a tutt'oggi la maggior parte dei suoi aderenti proviene ed ha origine dalla regione del Punjab. Col dominio coloniale britannico, l'impero anglo-indiano, si è avuta una reinterpretazione e sintesi dell'Induismo conosciuto come Neo-Vedanta; a partire dalla forma più tradizionale Smarta è sorta una rinnovata tipologia di religiosità adattata al tempo presente, ciò soprattutto tramite l'opera di Ram Mohan Roy (il Brahmo Samaj) il quale ha aiutato anche il contemporaneo movimento d'indipendenza indiano nel neo-induismo dei suoi maggiori leader (dal Mahatma Gandhi, a Swami Vivekananda, da Sri Aurobindo a Sarvepalli Radhakrishnan).
La filosofia (in greco antico: φιλοσοφία, philosophía, composto di φιλεῖν (phileîn), "amare", e σοφία (sophía), "sapienza", ossia "amore per la sapienza") è un campo di studi che si pone domande e riflette sul mondo e sull'essere umano, indaga sul senso dell'essere e dell'esistenza umana. Come intrinseco nel nome stesso la filosofia è l'amore per la sapienza (intesa come conoscenza) e la ricerca.Prima ancora che indagine speculativa, la filosofia fu una disciplina che assunse anche i caratteri della conduzione del "modo di vita", ad esempio nell'applicazione concreta dei principi desunti attraverso la riflessione o pensiero. In questa forma, essa sorse nell'antica Grecia. A rendere complessa una definizione univoca della filosofia concorre il dissenso tra i filosofi sull'oggetto stesso della filosofia: alcuni orientano l'analisi della filosofia verso l'uomo e i suoi interessi così come viene esposto nell'Eutidemo di Platone, per cui essa sarebbe «l'uso del sapere a vantaggio dell'uomo».Nel prosieguo della storia della filosofia altri autori che seguono questa opinione sono per esempio Cartesio («Tutta la filosofia è come un albero, di cui le radici sono la metafisica, il tronco è la fisica, e i rami che sorgono da questo tronco sono le altre scienze, che si riducono a tre principali: la medicina, la meccanica e la morale, intendo la più alta e la più perfetta morale, che presupponendo una conoscenza completa delle altre scienze, è l'ultimo grado della saggezza»), Thomas Hobbes, e Immanuel Kant, il quale, definisce la filosofia come «scienza della relazione di ogni conoscenza al fine essenziale della ragione umana».Altri pensatori ritengono che la filosofia debba puntare alla conoscenza dell'essere in quanto tale secondo un percorso che, fatte le debite differenze, va dagli eleati sino a Husserl e Heidegger.
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