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Pubblicazione: Pisa : Didot, 1812
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese:
Le Opere di scultura e di plastica di Antonio Canova è una raccolta di descrizioni delle opere dello scultore Antonio Canova scritte da Isabella Teotochi Albrizzi.
Le Grazie è un poemetto o carme incompiuto, composto nel 1812 da Ugo Foscolo, e dedicato allo scultore Antonio Canova, che in quel momento lavorava al gruppo marmoreo delle Grazie. Il primo nucleo nacque nel 1803, ma la vera stesura, mai completata, avvenne nel 1812-13 e terminò l'anno della morte del poeta nel 1827. Furono pubblicati alcuni frammenti quando l'autore era in vita ed in seguito, dopo la sua morte, furono ripubblicati i frammenti con altri inediti.Nel 1848 fu F. S. Orlandini che ricompose secondo il suo criterio l'opera di Foscolo, ma più genuina fu quella ricomposta nel 1884 da Chiarini riedita nel 1904 e assolutamente migliore l'edizione critica di Mario Scotti che venne proposta nel 1985. Il componimento Le Grazie è considerato l'ultimo capolavoro di questo autore e, come scrive Lanfranco Caretti,Il componimento poetico riguarda le figure della mitologia romana delle Grazie, oltre a inni a Venere, Vesta e Pallade che, in accordo con il testo, hanno portato la civiltà fra uomini prima di allora rozzi e incivili. Alcuni critici hanno giudicato Le Grazie, definite l'ultimo fiore del classicismo italiano", nonostante l'incompiutezza dell'opera, superiore ai Sepolcri, anche se la poesia è più fredda e distaccata; tuttavia la grande maestria stilistica raggiunta dal Foscolo crea musicalità assai suggestive.L'opera ha una forma frammentaria, composta da 1263 versi variamente divisi, in quanto Foscolo fa credere al lettore che sia un ritrovamento di un poema classico dedicato appunto alle Grazie. Fin da subito fu chiaro l'inganno del poeta. Molto probabilmente Foscolo non volle neppure completare il poema perché si accorse che la società borghese, di cui Milano era la città più rappresentativa in Italia, non voleva più un poema didascalico e un poeta vate come ne I Sepolcri, ma preferiva un'opera più sintetica. Anche se poco valutata nell'Ottocento sia dai patrioti risorgimentali sia da letterati, tra cui Francesco De Sanctis, fu invece giudicata il capolavoro di Foscolo nel Novecento, sia da parte di Benedetto Croce, sia, nella seconda metà del secolo, da Giulio Ferroni.
La Stella d'Italia, conosciuta popolarmente come Stellone, è una stella bianca a cinque punte che da molti secoli rappresenta la terra italiana. È il più antico simbolo patrio italiano, risalente all'antica Grecia quando Venere, associata all'Occidente come stella della sera, venne assunta ad identificare la penisola italiana. Da un punto di vista allegorico, la Stella d'Italia rappresenta metaforicamente il fulgido destino dell'Italia. Nei primi anni del XVI secolo cominciò a essere associata con frequenza all'Italia turrita, personificazione nazionale allegorica della penisola italiana. La Stella d'Italia viene rievocata anche dall'emblema della Repubblica Italiana, dov'è sovrapposta a una ruota dentata d'acciaio, il tutto contornato da un ramo di quercia e da uno di ulivo.
Isabella Teotochi Marin Albrizzi (alla nascita Elisabetta Teotochi, greco: Ελισάβετ Θεοτόκη; Corfù, 16 giugno 1760 – Venezia, 27 settembre 1836) è stata una letterata, biografa e saggista italiana della Repubblica di Venezia di origine greca, amante delle arti e animatrice di un noto salotto letterario.
L'Italia turrita è la personificazione nazionale dell'Italia, nell'aspetto di una giovane donna con il capo cinto da una corona muraria completata da torri (da cui il termine "turrita"). È spesso accompagnata dalla Stella d'Italia, da cui la cosiddetta Italia turrita e stellata, e da altri attributi aggiuntivi, il più comune dei quali è la cornucopia. La rappresentazione allegorica con le torri, che trae le sue origini dall'antica Roma, è tipica dell'araldica civica italiana, tant'è che la corona muraria è anche il simbolo delle città d'Italia. Dal XIV secolo l'Italia turrita iniziò a essere raffigurata come una donna sconfortata e tormentata dalla sofferenza, visto il ruolo di secondo piano assunto dalla penisola italiana dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente. La popolarità dell'Italia turrita ha toccato il suo ultimo apice nel XIX secolo, durante il Risorgimento: dopo l'unità d'Italia è iniziato un declino che l'ha portata quasi all'oblio, superata per importanza da altri simboli. L'Italia turrita, che è uno dei simboli patri italiani, è stata nei secoli ampiamente raffigurata in ambito artistico, politico e letterario. Il suo aspetto più classico, che deriva dal mito primordiale della Grande Madre mediterranea e che è stato definitivamente specificato a cavallo tra il XVI e il XVII secolo da Cesare Ripa, vuole trasmettere simbolicamente la regalità e la nobiltà delle città italiane (grazie alla presenza della corona turrita), l'abbondanza dei raccolti agricoli della penisola italiana (rappresentata dalla cornucopia) e il fulgido destino dell'Italia (simboleggiato dalla Stella d'Italia).
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