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Autore principale: Artom, Eugenio
Pubblicazione: Firenze : Olschki, [19..?!
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese: IT
Le interpretazioni revisionistiche del Risorgimento sono letture storiografiche critiche del periodo conosciuto come Risorgimento, fase della storia d'Italia contemporanea in cui la penisola ha conseguito la propria unificazione politica Vari autori e personaggi politici hanno dato luogo ad diverse letture circa il fenomeno dell'unificazione italiana, spesso con prospettive ed esito differente, ma accomunate dall'essere alternative rispetto a quelle della storiografia risorgimentale consolidata. Le reinterpretazioni degli eventi non hanno un'unica origine e si muovono lungo diversi filoni di ricerca. La messa in discussione degli assunti della storiografia risorgimentale proviene sia da una parte ristretta del mondo accademico, che da diversi studiosi indipendenti, tra cui numerosi saggisti, che hanno riesaminato tale periodo secondo molteplici approcci interpretativi. Lo sviluppo e l'articolarsi di diverse scuole di pensiero negli ultimi cinquant'anni, ha generato l'emersione di letterature critiche nei confronti della storiografia più diffusa, la quale è stata progressivamente oggetto di contestazioni sempre più numerose e polemiche.
La storia degli ebrei in Italia tratta della storia degli ebrei e delle Comunità Ebraiche in Italia, che ha inizio nell'evo antico con la presenza di ebrei sul territorio italiano sin dai tempi pre-cristiani dell'Impero Romano, e che è continuata nei secoli nonostante periodi di persecuzione, razzismo ed espulsioni che l'hanno colpita fino al XX secolo. La stima del 2007 presentata dallo American Jewish Yearbook (2007) fornisce le seguenti cifre demografiche a riguardo della popolazione ebraica in Italia: su una popolazione italiana di sessanta milioni di abitanti, la comunità ebraica rappresenta lo 0,075% ca. con un totale di 45.000 ebrei ca.
L'Olocausto in Italia (la Shoah italiana) si colloca all'interno di un fenomeno di genocidio di ben più vaste proporzioni che attraverso misure di persecuzione razziale e politica di pulizia etnica, messe in atto dal regime nazista del Terzo Reich e dai loro alleati tra il 1933 e il 1945, portò alla discriminazione e quindi all'eliminazione fisica di 15-17 milioni di vittime, tra cui 6 milioni di ebrei europei. Nel suo articolarsi la Shoah degli ebrei ha avuto in Italia tratti e sviluppi originali, svolgendosi in due fasi distinte. Il periodo tra il settembre 1938 e il 25 luglio 1943 fu il periodo in cui in Italia si attuò la “persecuzione dei diritti degli ebrei” (e di altre minoranze etniche) sotto il regime fascista, cui seguì la “persecuzione delle vite degli ebrei”, dall’8 settembre 1943 al 25 aprile 1945, sotto l’occupazione tedesca e la Repubblica sociale italiana. Circa 7.500 ebrei italiani persero la vita; ovvero il 13% dei 58.412 cittadini italiani di "razza ebraica o parzialmente ebraica" censiti nel 1938. Dopo i primi rastrellamenti ad opera dell'esercito tedesco, a partire dal 30 novembre 1943 la responsabilità primaria degli arresti e delle deportazioni ricade sulla polizia repubblicana italiana, che perseguì questo scopo attraverso controlli di identità e delazioni remunerate, mentre i tedeschi si occuparono della gestione dei trasporti dal Campo di concentramento di Fossoli (o la Risiera di San Sabba) al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, luogo fisico degli eccidi. Gli ebrei perseguitati poterono però contare in Italia su una omertà diffusa e sull'attiva solidarietà non solo di singoli individui ma anche di organizzazioni clandestine di resistenza come la DELASEM e di settori significativi della Chiesa cattolica, solidarietà che si dimostrò capace di offrire una protezione efficace a migliaia di ricercati fino alla Liberazione o di favorire la loro emigrazione clandestina in Svizzera. Alle vittime ebree dell'Olocausto vanno aggiunti almeno 10.129 deportati politici italiani e i 40.000-50.000 Internati Militari Italiani che dopo l'8 settembre 1943 perirono nei campi di lavoro e di concentramento nazisti.
Il caso Edgardo Mortara fu una celebre vicenda storica che catturò l'attenzione internazionale in gran parte dell'Europa e del Nord America tra gli anni Cinquanta e Sessanta del XIX secolo. Concerne il sequestro avvenuto nell'allora Stato Pontificio, durante il Risorgimento italiano, da parte delle autorità clericali, di un bambino di 6 anni dalla propria famiglia ebraica, avvenuto il 23 giugno 1858, a cui fece seguito il suo trasferimento a Roma sotto la custodia di papa Pio IX, per esser allevato come cattolico. Nonostante le disperate e reiterate richieste dei genitori di riavere il bambino, il Papa rifiutò sempre di riconsegnarlo. Ciò contribuì a creare nell'opinione pubblica sia in Italia sia all'estero l'immagine di uno Stato Pontificio anacronistico e irrispettoso dei diritti umani nell'età del liberalismo e del razionalismo, contro cui sarebbe stato opportuno che i Savoia intervenissero militarmente. Il bambino, nato in una famiglia ebraica di Bologna il 27 agosto 1851, fu battezzato all'insaputa dei genitori, nel suo primo anno di vita, dalla domestica Anna Morisi che lo riteneva a rischio di morte imminente a causa di una malattia; quando alla fine del 1857 l'inquisitore di Bologna, padre Pier Feletti, udì la storia, la Santa Inquisizione decretò che questa azione aveva fatto di Edgardo irrevocabilmente un cattolico, e siccome la legge degli Stati Pontifici prevedeva il divieto a persone di altre fedi di crescere i cristiani, i genitori del bambino persero la patria potestà. La polizia entrò in casa della famiglia Mortara e portò via Edgardo, che venne cresciuto in un collegio cattolico al di fuori della famiglia d'origine, diventando poi sacerdote. Quando il caso del bambino rapito trapelò, la notizia si diffuse ben presto anche all'estero, suscitando oltraggio per il senso di umanità e uno scandalo internazionale. Il caso Mortara, per un periodo sottovalutato e dimenticato dalla storiografia italiana, ha ricevuto nuova eco dopo il libro Prigioniero del Papa Re, dello storico David Kertzer, ma soprattutto dopo la controversa decisione di Papa Giovanni Paolo II di beatificare Pio IX nel 2000, influenzando negativamente le relazioni con le organizzazioni ebraiche.
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