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Il papa (detto più formalmente romano pontefice o sommo pontefice) è la più alta autorità religiosa riconosciuta nella Chiesa cattolica. I suoi trattamenti possono essere santo padre, sua santità, santità. Il termine deriva dal greco πάππας (pàppas), a sua volta termine d’influsso latino, espressione familiare per "padre" attestata a partire dal III secolo, contestualmente a un analogo uso fatto per indicare il vescovo di Alessandria, in Egitto. Secondo il diritto canonico è il vescovo della diocesi di Roma, capo del Collegio dei vescovi, primate d'Italia, vicario di Cristo e pastore in terra della Chiesa universale, possedendo anche i titoli di sommo pontefice della Chiesa cattolica, nonché, a seguito dei Patti Lateranensi, sovrano assoluto dello Stato della Città del Vaticano. L'ufficio del papa prende il nome di papato, mentre la sua giurisdizione ha il nome di Santa Sede (o Sede Apostolica) ed è ente di diritto internazionale. La particolare preminenza del papa sulla Chiesa cattolica deriva dall'essere considerato successore dell'apostolo Pietro, al quale, secondo l'interpretazione cattolica dei Vangeli, Cristo ha conferito l'incarico di pastore della Chiesa universale. Pietro, secondo la tradizione, avrebbe retto negli ultimi anni di vita la comunità cristiana di Roma, divenendone il primo vescovo e subendovi il martirio nell'anno 67. Con il nome pontificale di Francesco, dal 13 marzo 2013 il papa è Jorge Mario Bergoglio, 266º vescovo di Roma. Secondo i dati della Chiesa cattolica, il Soglio di Pietro ha visto 47 pontefici provenire da oltre gli odierni confini politici italiani.
La Donazione di Costantino (in latino: Constitutum Constantini) è un documento apocrifo conservato in copia nei Decretali dello Pseudo-Isidoro (IX secolo) e, per interpolazione filologica, nel Decretum Gratiani del giurista Graziano (XII secolo), costituito da un falso editto di Costantino I enunciante concessioni favorevoli al potere della Chiesa di Roma e utilizzato per giustificare la nascita del potere temporale dei pontefici romani. Il filologo italiano Lorenzo Valla nel 1440 dimostrò in modo inequivocabile che il documento era un falso, facendo notare che il testo era scritto in un latino non riconducibile filologicamente a quello in uso nel corso del IV secolo, e che dunque doveva risalire a un'epoca ben più prossima alla sua scoperta. La critica storica ha riservato molta attenzione a questo documento; si segnala, ad esempio, come lo storico Federico Chabod dedicò a esso varie pagine del suo Lezioni di metodo storico.
La Costituzione apostolica, in latino constitutio apostolica, è un atto promulgato direttamente dal papa come capo della Chiesa cattolica. In base al suo contenuto, ma soprattutto alla forma di emanazione, può rientrare, nel casi più comuni, nel magistero ordinario o, più raramente, nel magistero straordinario. Si tratta di documenti papali particolarmente importanti e solenni, riguardanti un insegnamento definitivo o disposizioni di una certa rilevanza; la costituzione prende il nome della prima o dalle prime parole che la compongono. La maggior parte delle costituzioni apostoliche riguardano l'elezione di nuove diocesi o provincie ecclesiastiche ed altre regole interne della Chiesa. La parola costituzione viene dal latino constitutio, parola usata per le principali leggi promulgate dall'Imperatore romano, e viene mantenuta nei documenti della Chiesa cattolica a causa dell'ascendenza del diritto romano nel diritto canonico. Il termine costituzione indica che si tratta di un atto ecclesiastico relativo al diritto civile; il termine apostolica significa che l'atto è una diretta emanazione della Sede apostolica. A causa della gravità sono generalmente emesse come bolle pontificie. L'intestazione delle costituzioni apostoliche è "N. [nome del Pontefice] Episcopus / Servus Servorum Dei /Ad perpetuam rei memoriam".
Con il termine poteri universali si definiscono il Papato ed il Sacro Romano Impero bassomedievali, le due massime autorità politiche e spirituali dell'epoca. Si definivano universali poiché volevano essere le guide politiche, morali e spirituali dell'intera Cristianità medievale e ritenevano ogni altro potere subordinato al proprio. Questi due poteri, a partire dal Dictatus Papae di papa Gregorio VII (1075), furono sempre in aperto conflitto per ottenere il primato assoluto ed il teatro dello scontro fu quasi sempre la penisola italiana. La lotta si protrasse per circa duecento anni, ma, alla fine, la costituzione delle forti monarchie nazionali e la crisi del Sacro Romano Impero portarono ad un drastico indebolimento di entrambe le parti. L'ultimo sogno universalistico, coltivato da Carlo V d'Asburgo, si infranse davanti alla divisione dell'impero ed all'accanita opposizione del più potente dei nuovi stati nazionali, il Regno di Francia. Contemporaneamente, la supremazia del papato fu messa in discussione dalla Riforma Protestante.
La riforma dell'XI secolo consiste in una serie di riforme della Chiesa cattolica (più precisamente, della Chiesa latina), attuate in Europa nel corso dell'XI secolo. Fin dall'epoca carolingia i vescovi e gli abati erano stati coinvolti nella gestione del potere pubblico, un coinvolgimento cresciuto a seguito della disgregazione dell'autorità centrale avvenuta nel corso della prima metà del X secolo. Tale situazione si ripercosse fortemente sulla chiesa che andò ad attraversare un periodo, detto saeculum obscurum, di forte crisi morale e di indebolimento del papato succube delle famiglie romane. Fenomeni quali la simonia o il nicolaismo erano divenuti oramai consuetudinari. A fronte di ciò nacquero alcuni movimenti che miravano al ripristino della moralità e del prestigio della chiesa: le prime avvisaglie si ebbero nel mondo monastico ed in particolare nell'abbazia di Cluny, fondata nel 910 (o 909), che dette vita alla cosiddetta riforma cluniacense. Grazie al suo prestigio e alla sua autonomia, gli ideali cluniacensi si diffusero in poco tempo in tutta Europa iniziando ad influenzare anche il clero secolare. Tra i sostenitori della riforma vi fu l'imperatore Enrico III il Nero, Re dei Romani dal 1039, che nel 1045 intervenne personalmente in una situazione di forte crisi del papato, con ben tre papi che si consideravano legittimi e che si accusavano vicendevolmente di simonia. Enrico depose i tre avversari e fece nominare un papa tedesco, papa Clemente II, al soglio di Pietro a cui seguirono altri papi provenienti d'Oltralpe. Questo portò beneficio al papato, sia perché veniva sottratto al controllo dell'aristocrazia romana, sia perché in Germania si era soliti nominare vescovi persone di alto valore morale, poiché il potere regio contava sulla loro affidabilità. Fu proprio grazie a questi papi tedeschi che iniziò veramente la riforma della chiesa che venne imposta a tutta la cristianità. Con la morte di Enrico e la successiva debole reggenza dell'imperatrice, l'influenza della corte tedesca sul papato venne messa in crisi, tanto che i papi successivi (di origine tosco-lorenese) furono eletti senza che questa venisse contemplata ma, contestualmente, si assistette anche ad una intensificazione della riforma. Questi papi vollero affermare il primato della Santa Sede sui vescovi e sul clero delle diverse diocesi (e ciò creò spesso tensioni con gli episcopati locali), nonché rivendicare le proprie prerogative nei confronti delle autorità civili, prima di tutto l'imperatore romano-germanico, portando a frizioni con esso. Ma lo scontro più duro si ebbe con il pontificato di papa Gregorio VII, fervente sostenitore della riforma e del primato papale (le sue idee furono, probabilmente, declinate nel celebre Dictatus papae), che lo vide protagonista di una lotta (conosciuta come "lotta per le investiture") contro il giovane e futuro imperatore Enrico IV. Lo scontro sfociò in episodi drammatici ed inediti quando Enrico arrivò a dichiarare deposto Gregorio VII e quest'ultimo a rispondere scomunicandolo. L'impegno di Gregorio VII nella difesa degli ideali della riforma fece si che talvolta questa viene conosciuta come riforma gregoriana, un termine spesso utilizzato, con una specie di sineddoche, per designare tutti gli interventi di questa azione riformatrice dell'XI secolo. Il processo di riforma continuò anche dopo la morte di Gregorio, avvenuta nel 1085 mentre si trovava in esilio a Salerno, tuttavia con tinte meno dure. I conflitti con l'Impero si conclusero con il concordato di Worms del 1122 che prevedeva una sorta di compromesso, ma la struttura della chiesa era oramai mutata verso un modello monarchico gerarchicamente strutturato in modo verticistico. Dalla riforma derivò anche una nuova organizzazione del clero tutt'ora (primo quarto del XXI secolo) in vigore, basata sul celibato e sulla netta separazione tra laici ed ecclesiastici. Oltre ai papi e agli imperatori, la riforma dell'XI secolo ebbe come protagonisti anche diversi teologi che fornirono le giustificazioni dottrinali al movimento e al rafforzamento della figura del pontefice.
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