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Autore principale: Italia: Corte di Appello, Lucca
Pubblicazione: Lucca : Tip. di B. Canovetti, 1876
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese: IT
Publio Clodio Pulcro (in latino: Publius Clodius Pulcher; Roma, 93 o 92 a.C. – Bovillae, 18 gennaio 52 a.C.) è stato un politico romano. Esponente dell'importante gens aristocratica dei Claudii, che vantava fra i propri antenati personaggi illustri come Appio Claudio Cieco, si avvicinò, fin da giovane, alla politica della fazione dei populares, e si rese in più casi colpevole di atti di sovversione e corruzione. In occasione della congiura di Catilina, nel 63 a.C., collaborò con il console Marco Tullio Cicerone, che tuttavia testimoniò contro di lui nel 61 a.C., durante il processo per lo scandalo della Bona Dea, processo nel quale fu tuttavia assolto perché i giurati che avrebbero dovuto emettere la decisione furono corrotti dal ricco e potente Crasso. Deciso a perpetrare la propria vendetta, Clodio fu adottato da una famiglia plebea e così, effettuata la transitio ad plebem, poté essere eletto tribuno della plebe per il 58 a.C. Fu dunque promotore di un'attività legislativa particolarmente intensa, propose e fece approvare una serie di plebisciti che contribuirono nel complesso a indebolire il senato a favore delle assemblee popolari. Terminato il tribunato clodiano, l'aristocrazia senatoria si adoperò per cancellarne gran parte delle realizzazioni, mentre attorno a Clodio si radunarono gruppi di sostenitori, reclutati tra la plebe urbana, che diedero origine a numerosi disordini, contribuendo a creare nell'Urbe un diffuso clima di tensione e violenza. Clodio, dunque, divenuto punto di riferimento del popolo romano, fu prima edile, e si candidò poi alla pretura per il 52 a.C., deciso ad attuare un programma rivoluzionario. Pochi giorni prima dei comizi elettorali, tuttavia, Clodio perse la vita in uno scontro tra i propri uomini e i seguaci di Tito Annio Milone, candidato al consolato per il medesimo anno e suo nemico politico. La sua figura, tra le più importanti nello scenario della crisi della repubblica romana, fu a lungo considerata come simbolo di corruzione e violenza, come appare in numerose opere di Cicerone. È stato tuttavia rivalutato dalla storiografia recente, che ha veduto in lui ora un agente dei triumviri, ora un uomo dalle geniali intuizioni politiche.
Il Granducato di Toscana fu un antico Stato italiano esistito per duecentonovanta anni, tra il 1569 e il 1859, costituito con bolla emessa da papa Pio V il 27 agosto 1569, dopo la conquista della repubblica di Siena da parte della dinastia dei Medici, reggitori della Repubblica di Firenze, nella fase conclusiva delle guerre d'Italia del XVI secolo. Fino alla seconda metà del XVIII secolo fu uno stato confederale costituito dal Ducato di Firenze (detto "Stato vecchio") e dallo Stato Nuovo di Siena, in unione personale nel granduca. Il titolo traeva origine da quello del Ducato di Tuscia, poi Marca di Tuscia e quindi Margraviato di Toscana, titolo giuridico di governo del territorio di natura feudale in epoca longobarda, franca e post-carolingia. Dopo l'estinzione della dinastia medicea, nel 1737 subentrò la dinastia degli Asburgo-Lorena, che resse le sorti del granducato sino all'unità d'Italia, pur con l'interruzione dell'epoca napoleonica. Tra il 1801 ed il 1807, infatti, Napoleone Bonaparte occupò la Toscana e l'assegnò alla casata dei Borbone-Parma col nome di regno d'Etruria. Col crollo dell'impero napoleonico nel 1814, venne restaurato il granducato. Nel 1859 la Toscana venne occupata dalle truppe del regno di Sardegna e divennero note col nome di Province dell'Italia Centrale. La Toscana venne formalmente annessa al regno sardo nel 1860, come parte del processo di unificazione nazionale, con un referendum popolare che sfiorò il 95% dei si.
La storia dell'Italia nella seconda guerra mondiale, ricca di episodi controversi, fu caratterizzata soprattutto da numerose sconfitte e dal crollo nel settembre 1943 dell'apparato politico-militare dello Stato in conseguenza dell'improvvisazione con cui il paese venne coinvolto nella guerra, dell'imperizia delle gerarchie politiche e militari, e della debolezza della struttura economica e sociale. Le ambizioni imperiali del regime fascista, che mirava a far rivivere i fasti dell'"Impero Romano" nel Mediterraneo (Mare Nostrum), crollarono ben presto per l'impreparazione dimostrata dalle regie forze armate e per la cattiva pianificazione politica e militare del conflitto che portarono alle ripetute sconfitte in Grecia, in Africa, in Russia e nei Balcani. L'Italia divenne in breve tempo un alleato minore della Germania, dipendente militarmente dal sostegno tedesco, finché nel 1943 il dittatore Benito Mussolini fu deposto , arrestato per ordine del Re Vittorio Emanuele III e inviato sul Gran Sasso . Dopo l'armistizio di Cassibile lo Stato italiano crollò: la parte settentrionale del paese venne occupata dai tedeschi che vi crearono uno Stato collaborazionista con la Germania; mentre il sud venne governato dalle forze monarchiche e liberali, che organizzarono un Esercito Cobelligerante Italiano che combatté accanto agli eserciti alleati. Nell'Italia settentrionale e centrale le forze della Resistenza, formate inizialmente da qualche decine di migliaia di partigiani, poi, con l'andare sfavorevole della guerra per l'Asse, quasi alla fine di quest'ultima, da circa 350.000 partigiani, prevalentemente appartenenti alle Brigate Garibaldi e alle Brigate Giustizia e Libertà, operarono in autonomia un'efficace azione di guerriglia contro le truppe tedesche occupanti e le forze fasciste della Repubblica Sociale Italiana.
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