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Autore principale: Levi, Enrico, sec. 19. 2. metà-sec. 20. 1. metà
Fa parte di: Esercizi di grammatica italiana
Fa parte di: Grammatica italiana
Fa parte di: Esercizi di grammatica italiana
Il testo (dal latino textus, "tessuto", "trama"), è un insieme di parole correlate fra loro per formare un'unità logico-concettuale, rispettando la sintassi e la semantica della lingua utilizzata, ovvero la sua grammatica e il suo lessico. Il testo consiste in un insieme di proposizioni ordinate ad un fine ultimo e tra loro coese da regole logiche, grammaticali e sintattiche. Esso veicola un messaggio intenzionale, adottando una forma, un linguaggio e delle argomentazioni adatte ad una sua comprensione differita nel tempo e/o nel luogo da parte delle persone cui è destinato.
La lingua latina deriva dall'antica lingua protoindoeuropea, pur presentando caratteristiche simili a molti altri idiomi. Essa ha subito notevoli mutamenti morfologici e fonetici che ne hanno modellato la forma nel corso dei secoli. Definita "morta", poiché non è più in uso. Pur essendo il latino una lingua estinta nel senso strettissimo (anche se è la lingua ufficiale del Vaticano), ad oggi la grammatica latina è studiata in molte parti del mondo e anche in Italia, dove è materia di studio nei licei classico, scientifico, delle scienze umane e linguistico. Questa lingua presenta una grammatica più complessa rispetto alle lingue romanze moderne : il latino classico ha cinque declinazioni e sei casi (nominativo, genitivo, dativo, accusativo, vocativo e ablativo; nel latino arcaico era presente anche il caso locativo), tre generi (maschile, femminile e neutro), quattro coniugazioni verbali, sei tempi e due diatesi (attiva e passiva).
Il sardo (nome nativo sardu /ˈsaɾdu/, lìngua sarda /ˈliŋɡwa ˈzaɾda/ nelle varianti campidanesi o limba sarda /ˈlimba ˈzaɾda/ nelle varianti logudoresi e in ortografia LSC) è una lingua appartenente al gruppo romanzo delle lingue indoeuropee che, per differenziazione evidente sia ai parlanti nativi, sia ai non sardi, sia agli studiosi di ogni tempo, deve essere considerata autonoma dai sistemi dialettali di area italica, gallica e ispanica e pertanto classificata come idioma a sé stante nel panorama neolatino. È parlata nell'isola della Sardegna. È classificata come lingua romanza occidentale o insulare e viene considerata da molti studiosi la più conservativa delle lingue derivanti dal latino; a titolo di esempio, lo storico Manlio Brigaglia rileva che la frase in latino pronunciata da un romano di stanza a Forum Traiani Pone mihi tres panes in bertula ("Mettimi tre pani nella bisaccia") corrisponderebbe alla sua traduzione in sardo corrente Ponemi tres panes in sa bèrtula. Sebbene la base lessicale sia quindi in massima misura di origine latina, il sardo conserva tuttavia diverse testimonianze del sostrato linguistico degli antichi Sardi prima della conquista romana: si evidenziano etimi protosardi e, in misura minore, anche fenicio-punici in diversi vocaboli, soprattutto toponimi. In età medievale, moderna e contemporanea la lingua sarda ha ricevuto influenze di superstrato dal greco-bizantino, ligure, volgare toscano, catalano, castigliano e italiano. Dal 1997 la legge regionale riconosce alla lingua sarda pari dignità rispetto all'italiano. Dal 1999 è anche tutelata dalla legge nazionale sulle minoranze linguistiche; fra le dodici minoranze in questione, quella sarda è la più robusta in termini assoluti ma è anche quella che più ha conosciuto un decremento in termini relativi.
Il piemontese (nome nativo piemontèis, [pjemʊŋˈtɛjz]) è una lingua romanza appartenente al gruppo delle lingue gallo-italiche parlate nell'Italia settentrionale. Il piemontese è una lingua che possiede caratteristiche lessicali, fonetiche e morfo-sintattiche peculiari, che lo distinguono con una certa intensità all'interno del continuum, e lo differenziano nettamente dall'italiano e dal francese, lingue a cui è sovente associato per via della storia linguistica e della posizione geo-storica del Piemonte. È anche lingua di raccordo tra il lombardo e l'occitano. Nella regione Piemonte sono state utilizzate storicamente ben otto lingue, di cui quella che prende il nome di "piemontese" è l'unica ad essere centrata e racchiusa quasi interamente nel territorio della suddivisione amministrativa. La lingua piemontese è inoltre parte della memoria storica della colonizzazione gringa della pampa argentina. Dal punto di vista genealogico, il piemontese deriva dalla lingua latina innestata sugli idiomi celtici e celto-liguri dopo l'occupazione romana del Piemonte, con successivi contatti e apporti dalle lingue prossime e da quelle adottate come ufficiali. Come lingua scritta il piemontese si usa fin dal XII secolo (Sermoni subalpini), ma una vera koinè per uso letterario si è sviluppata solo nel Settecento, epoca che vide la nascita di una letteratura a carattere nazionale che toccò poco per volta tutti i generi: dalla lirica al romanzo, alla tragedia e all'epica. La grafia piemontese si basa sulla tradizione del Settecento; tuttavia dal Novecento gode di una normazione più precisa e completa che ha dato un non piccolo contributo alla stabilità e all'unità della lingua, contribuendo inoltre a codificare anche alcune varietà orali che avevano avuto tradizioni letterarie scarse o assenti. Il piemontese deve ritenersi una lingua regionale o minoritaria ai sensi della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, che all'articolo 1 afferma che per «lingue regionali o minoritarie si intendono le lingue [...] che non sono dialetti della lingua ufficiale dello Stato». È riconosciuto fra le lingue minoritarie europee dal 1981 (rapporto 4745 del Consiglio d'Europa) ed è inoltre censito dall'UNESCO, nell'Atlante delle lingue del mondo in pericolo, tra le lingue meritevoli di tutela. Va tuttavia segnalato che il riconoscimento dello status di minoranza linguistica non spetta né al Consiglio d'Europa, né al Parlamento europeo, essendo questo riconoscimento di esclusiva spettanza degli Stati firmatari dei singoli trattati europei. Lo stesso dicasi per l'UNESCO, che con il suo atlante delle lingue in pericolo non conferisce alcun riconoscimento di minoranza linguistica, ma si limita a segnalare gli idiomi che ritiene in pericolo di scomparsa. Il 15 dicembre 1999 il Consiglio regionale del Piemonte, nell'ordine del giorno contenente la richiesta al presidente della Repubblica di rinviare alle Camere la legge statale di tutela delle minoranze linguistiche storiche, ha ufficialmente riconosciuto il piemontese quale lingua regionale del Piemonte. Nel 2015 il Consiglio regionale del Piemonte ha inoltre attivato la versione in piemontese del proprio sito ufficiale. La legge regionale n. 11/2009 di valorizzazione del patrimonio linguistico del Piemonte è stata aggiornata nel 2016 a seguito della sentenza della corte costituzionale n. 170/2010 che ne aveva fortemente compromesso l'efficacia (dichiarava infatti incostituzionale il diritto arrogatosi dalla Regione Piemonte di «identificare e tutelare in maniera autonoma ed indiscriminata una propria "lingua" regionale»). Nella sentenza n. 81 del 20 marzo 2018 della Corte costituzionale viene ribadito che «il compito di determinare gli elementi identificativi di una minoranza da tutelare non può che essere affidato alle cure del legislatore statale, in ragione della loro necessaria uniformità per l'intero territorio nazionale. (…) In questa cornice (sentenza n. 170 del 2010) non è consentito al legislatore regionale configurare o rappresentare la propria comunità in quanto tale come minoranza. (…) Riconoscere un tale potere al legislatore regionale significherebbe, infatti, introdurre un elemento di frammentazione nella comunità nazionale contrario agli artt. 2, 3, 5 e 6 Cost.». Pur non essendo regolato ufficialmente da nessuna istituzione, il piemontese è materia di ricerca del Centro Studi Piemontesi - Ca dë Studi Piemontèis, fondato a Torino da Renzo Gandolfo nel 1969, che conduce ricerche sulla lingua, la letteratura e le sue varietà, e organizza i Rëscontr antërnassionaj per attirare allo studio della lingua altri accademici occidentali.
L'inglese antico o anglosassone (anche anglo-sassone e antico inglese, calchi dagli inglesi Anglo-Saxon e Old English, englisc o ænglisc nell'inglese antico), è la più antica forma conosciuta della lingua inglese, parlata tra il V e il XII secolo in zone geografiche che costituiscono parti dell'odierna Inghilterra e della Scozia meridionale. È una lingua appartenente al sottoceppo dell'anglo-frisone (a sua volta parte del più vasto ceppo del germanico occidentale o germanico del nord-ovest), simile proprio all'antico frisone e all'antico sassone. È legata anche al norreno e quindi al moderno islandese (che fa parte però del germanico settentrionale). L'antico inglese fu parlato di fatto per un periodo di circa 700 anni, partendo dalle popolazioni anglosassoni nord-germaniche e dello Jutland che arrivarono in Inghilterra. Prima della conquista dei Normanni del 1066, l'inglese antico adottò diversi aspetti di altre lingue parlate da popoli confinanti o conquistatori, come i Celti e i Vichinghi. Con la conquista da parte dei Vichinghi del Danelaw (in italiano "legge danese", la zona in cui i Vichinghi avevano fondato una vasta colonia), il norreno diede molti vocaboli all'inglese antico. Le parlate celtiche preesistenti nel territorio britannico, diversamente dal norreno e dal latino, non hanno avuto un grande impatto sulla lingua.
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