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Serie: Quaderni della rivista italiana di musicologia
Torquato Tasso (Sorrento, 11 marzo 1544 – Roma, 25 aprile 1595) è stato un poeta, scrittore, drammaturgo e filosofo italiano. La sua opera più importante, conosciuta e tradotta in molte lingue, è la Gerusalemme liberata (1581), in cui vengono cantati gli scontri tra cristiani e musulmani durante la prima crociata, culminanti nella presa cristiana di Gerusalemme.
La Comedìa, o Commedia, conosciuta soprattutto come Divina Commedia, è un poema allegorico-didascalico di Dante Alighieri, scritto in terzine incatenate di endecasillabi (poi chiamate per antonomasia terzine dantesche) in lingua volgare fiorentina. L'opera non esiste nella sua forma originale: essendo stata prodotta prima dell'invenzione della stampa veniva scritta e ricopiata a mano; tra tutti i manoscritti giunti a noi oggigiorno non esistono due versioni uguali, come per tutti i testi antichi, i casi di diversificazione sono tantissimi e variano da semplici modifiche ortografiche, (diritta via o diricta via) fino all'uso di versi simili ma diversi, o parole completamente differenti che danno anche significati diversi, ad esempio il ruscello che esce dalle sorgenti di acqua bollente ..esce ruscello che parton poi tra lor le peccatrici che fu analizzato e commentato con il presupposto che ci fossero delle donne peccatrici, forse prostitute (?), lasciando molti dubbi, ma con un significato completamente stravolto rispetto al più ragionevole pettinatrici o pettatrici o pectatrici cioè le operaie che lavoravano la cardatura e la pettinatura dell lino nelle acque termali. Il titolo originale, con cui lo stesso autore designa il suo poema, fu Comedia (probabilmente pronunciata con accento tonico sulla i); e così è intitolata anche l'editio princeps del 1472. L'aggettivo «Divina» le fu attribuito dal Boccaccio nel Trattatello in laude di Dante, scritto fra il 1357 e il 1362 e stampato nel 1477. Ma è nella prestigiosa edizione giolitina, a cura di Ludovico Dolce e stampata da Gabriele Giolito de' Ferrari nel 1555, che la Commedia di Dante viene per la prima volta intitolata come da allora fu sempre conosciuta, ovvero "La Divina Comedia". Composta secondo i critici tra il 1304/07 e il 1321, anni del suo esilio in Lunigiana e Romagna, la Commedia è il capolavoro di Dante ed è universalmente ritenuta una delle più grandi opere della letteratura di tutti i tempi, nonché una delle più importanti testimonianze della civiltà medievale, tanto da essere conosciuta e studiata in tutto il mondo. Il poema è diviso in tre parti, chiamate «cantiche» (Inferno, Purgatorio e Paradiso), ognuna delle quali composta da 33 canti (tranne l'Inferno, che contiene un ulteriore canto proemiale) formati da un numero variabile di versi, fra 115 e 160, strutturati in terzine. Il poeta narra di un viaggio immaginario, ovvero di un Itinerarium mentis in Deum, attraverso i tre regni ultraterreni che lo condurrà fino alla visione della Trinità. La sua rappresentazione immaginaria e allegorica dell'oltretomba cristiano è un culmine della visione medievale del mondo sviluppatasi nella Chiesa cattolica. È stato notato come tutte e tre le cantiche terminino con la parola «stelle» (Inferno: "E quindi uscimmo a riveder le stelle"; Purgatorio: "Puro e disposto a salir a le stelle"; Paradiso: "L'amor che move il sole e l'altre stelle"). L'opera ebbe subito uno straordinario successo e contribuì in maniera determinante al processo di consolidamento del dialetto toscano come lingua italiana. Il testo, del quale non si possiede l'autografo, fu infatti copiato sin dai primissimi anni della sua diffusione e fino all'avvento della stampa in un ampio numero di manoscritti. Parallelamente si diffuse la pratica della chiosa e del commento al testo (si calcolano circa sessanta commenti e tra le 100.000 e le 200.000 pagine), dando vita a una tradizione di letture e di studi danteschi mai interrotta: si parla così di "secolare commento". La vastità delle testimonianze manoscritte della Commedia ha comportato un'oggettiva difficoltà nella definizione del testo: nella seconda metà del Novecento l'edizione di riferimento è stata quella realizzata da Giorgio Petrocchi per la Società Dantesca Italiana. Più di recente due diverse edizioni critiche sono state curate da Antonio Lanza e Federico Sanguineti.La Commedia, pur proseguendo molti dei modi caratteristici della letteratura e dello stile medievali (ispirazione religiosa, scopo didascalico e morale, linguaggio e stile basati sulla percezione visiva e immediata delle cose), è profondamente innovativa poiché, come è stato rilevato in particolare negli studi di Erich Auerbach, tende a una rappresentazione ampia e drammatica della realtà, espressa anche con l'uso di neologismi creati da Dante come «insusarsi», «inluiarsi» e «inleiarsi».È una delle letture obbligate del sistema scolastico italiano.
Nella letteratura e nella metrica, la strofa (o strofe) è un gruppo di versi, di numero e di tipo fisso o variabile che vengono organizzati secondo uno schema, in genere ritmico, seguito da una pausa. È nota anche con il nome di stanza, termine preferito per le canzoni. Per poter definire i vari tipi di strofe occorre prendere in considerazione sia la successione delle rime che il numero dei versi. La strofa può quindi essere considerata un sistema ritmico che viene stabilito dalla combinazione delle rime e dalla struttura metrica dei versi che la compongono. Le forme più frequenti sono il distico, la terzina, la quartina, la sestina, l'ottava. Più rare le strofe pentastiche ed eptastiche, rispettivamente di cinque e sette versi.
Nella struttura di un'opera lirica, oltre alla presenza dei personaggi principali e secondari, è prevista quella del coro. Esso può avere diverse funzionalità drammaturgiche: rappresentare la collettività, intesa come un gruppo di sacerdoti, contadini, ninfe dei boschi ecc., che commenta le azioni dei protagonisti o crea la cornice sociale per l'ambientazione delle vicende narrate. Può anche rappresentare la voce del popolo, inteso come personaggio, che lotta coeso contro le forze esterne avverse, quali il Male o la dominazione di un invasore straniero. I coristi possono cantare all'unisono o dividersi in due, tre o spesso quattro parti vocali differenti. La divisione classica delle voci è caratterizzata dai registri di Soprano, Contralto, Tenore e Basso. Occasionalmente la divisione di un brano corale d'Opera può consistere in cinque, sei, sette o otto parti differenti, scindendo le voci in due o più sottogruppi (es. Sop.1 e Sop.2 ecc.).
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