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Pubblicazione: Prato : presso Luigi Vannini, 1817
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, lat, Paese: IT
Il Libro di Ezechiele (ebraico יחזקאל, yehzqè'l; greco Ιεζεκιήλ, iezekiél; latino Ezechièl) è un testo contenuto nella Bibbia ebraica (Tanakh) e cristiana. È scritto in ebraico e, secondo l'ipotesi maggiormente condivisa dagli studiosi, la redazione definitiva del libro è avvenuta in Giudea nel V secolo a.C., sulla base di oracoli precedenti attribuiti al profeta Ezechiele datati tra il 592-571 a.C. circa, proferiti nel Regno di Giuda e nell'Esilio di Babilonia. È composto da 48 capitoli e il tema specifico del libro è quello dell'invito alla sottomissione a Dio, sempre con il suo popolo anche se questo è in esilio a Babilonia: alla fine Israele sarà vittorioso e Gerusalemme e il tempio saranno ricostruiti.
Isaia (in ebraico יְשַׁעְיָהוּ, latino Isaias, "il Signore salva"; 765 a.C. circa – VIII secolo a.C.) è stato un profeta ebreo. Egli è uno dei cinque maggiori profeti biblici, al quale se ne attribuisce un libro: il cosiddetto libro di Isaia. Considerato insieme ad Elia uno dei profeti più importanti di tutta la Bibbia, gli succederanno Geremia, Ezechiele e Daniele. Isaia non era un sacerdote ma un levita della Tribù di Levi i quali erano consacrati al culto divino e per questo non ebbero possedimenti terrieri quando Israele si insediò nella terra promessa. Quindi (cap. 6) né lui né i suoi figli erano discendenti di Iesse cioè della Tribù di Giuda (cap. 11). Le sue profezie avevano dunque natura messianica (cap. 7).
Il Libro di Daniele (ebraico דניאל, Daniy'èl; greco Δανιήλ, Danièl; latino Daniel) è un testo contenuto nella Bibbia ebraica (Tanakh) e nell'Antico Testamento di quella cristiana. Il Canone ebraico annovera il libro di Daniele tra i Ketuvim, quello cristiano tra i libri profetici. Esso descrive alcune vicende ambientate nell'esilio di Babilonia (587-538 a.C.) del profeta Daniele, saggio ebreo che rimane fedele a Dio, e visioni apocalittiche preannuncianti il Figlio dell'Uomo-Messia e il regno di Dio. Secondo l'ipotesi maggiormente condivisa dagli studiosi, la redazione definitiva del libro è avvenuta in Giudea in epoca maccabea, circa al tempo della morte di Antioco IV Epifane, avvenuta nel 164 a.C. ("Questi e altri dati spingono a collocare ragionevolmente il libro di Daniele nel 165 a.C.") Il libro, infatti, contiene riferimenti storici attribuibili all'età ellenistica dei Seleucidi e mostra, dal punto di vista letterario, caratteristiche ritenute tardive quali la presenza dei generi letterari haggadico e apocalittico e, da quello teologico, un'angelologia molto sviluppata e la risurrezione corporea dei morti. È scritto in ebraico ma contiene una estesa sezione in aramaico (Dan 2,4-7,28). Le versioni greche (la "Settanta" e Teodozione) e la Peshitta siriaca contengono anche alcune sezioni assenti nel testo masoretico (Preghiera di Azaria e Cantico dei tre giovani nella fornace; Storia di Susanna; Bel e il Drago), per le quali si ipotizza un originale semitico.
I Profeti minori (detti anche i dodici profeti) sono gli autori di dodici libri profetici della Bibbia, considerati un unico libro nella Tanakh dagli ebrei (Libro dei dodici) e contati separatamente nell'Antico Testamento dai cristiani. Sono definiti "minori" per la brevità dei loro libri in contrapposizione con quelli degli altri autori di libri profetici, detti maggiori: Isaia, Geremia, Ezechiele e Daniele, quest'ultimo, però, considerato tale solo nella tradizione cristiana. La dicitura di ambiente ebraico è תרי עשר (tərê ʿaśar, 'i dodici' in aramaico), quella greca Μικροί προφήτες (mikròi profétes, 'profeti minori') o Δωδεκαπροφήτον (Dodekaproféton, 'dodici profeti'). L'ordine dei dodici libri nel testo masoretico (e perciò nelle bibbie ebraiche, cattoliche e protestanti) è: Nella Bibbia dei LXX, invece, il libro di Gioele è collocato al quarto posto e quello di Michea al terzo. Questo ordine è tuttora seguito dai cristiani ortodossi. L'ordine segue approssimativamente la cronologia della vita dei profeti, non l'ordine di redazione dei testi. I primi sei profeti (tranne Gioele) risalgono al periodo assiro antico. La collocazione di Gioele subito prima di Amos, anche in assenza di riferimenti biografici, è motivata dalla concordanza di Amos 1.1-2 con Gioele 4,16. Il Libro di Amos descrive «le visioni riguardo a Israele, al tempo di Ozia re della Giudea, e al tempo di Geroboamo figlio di Ioas, re di Israele, due anni prima del terremoto», collocandosi in un'età successiva alla seconda metà dell'VIII secolo a.C. I successivi tre profeti vissero nel tardo periodo assiro e gli ultimi tre in età persiana. La redazione finale dei testi risale al periodo persiano (538-332 a.C.), tranne il caso del libro di Giona (libro di cui Giona è il principale personaggio, non l'autore) risalente al periodo ellenistico. In Atti 7:51-53, santo Stefano protodiacono e martire afferma che tutti profeti furono uccisi e perseguitati da una parte dei padri degli Ebrei.
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