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Pubblicazione: Signa : Masso delle Fate, 2000
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese: it
Cimabue, pseudonimo di Cenni (Bencivieni) di Pepo (Firenze, 5 o 19 settembre 1240 circa – Pisa, 24 gennaio 1302), è stato un pittore italiano. Si hanno notizie di lui dal 1272, e Dante lo citò come il maggiore della generazione antecedente a quella di Giotto, parallelamente al poeta Guido Guinizelli e al miniatore Oderisi da Gubbio. Secondo il Ghiberti e il Libro di Antonio Billi fu al contempo maestro e scopritore di Giotto. Vasari lo indicò come il primo pittore che si discostò dalla «scabrosa goffa e ordinaria […] maniera greca», ritrovando il principio del disegno verosimile «alla latina». A Cimabue spetta però un passo fondamentale nella transizione da figure ieratiche e idealizzate (di tradizione bizantina) verso veri soggetti, dotati di umanità ed emozioni, che saranno alla base della pittura italiana e occidentale. Fu un pittore di spregiudicata capacità innovatrice (si pensi agli espedienti con cui rese drammatica come mai prima di allora la Crocifissione ad Assisi, oppure all'incredibile inclinazione del Crocifisso di Santa Croce), che pur senza staccarsi mai dai modi propriamente bizantini, li portò alle estreme conseguenze, a un passo dal rinnovamento già perseguito in scultura da Nicola Pisano e in pittura poi da Giotto. Studi recenti hanno dimostrato come in realtà il rinnovamento operato da Cimabue non fosse poi assolutamente isolato nel contesto europeo, poiché la stessa pittura bizantina mostrava dei segni di evoluzione verso una maggiore resa dei volumi ed un migliore dialogo con l'osservatore. Per esempio negli affreschi del monastero di Sopoćani, datati 1265, si notano figure ormai senza contorno dove le sfumature finissime evidenziano la rotondità volumetrica. D'altronde lo stesso Vasari, cui tanto si deve nell'attribuzione a Cimabue dell'avvio della rinascenza della pittura italiana, afferma che egli ebbe "maestri greci".
Il Crocifisso di San Domenico ad Arezzo (336x267 cm) è una croce sagomata e dipinta a tempera e oro su tavola di Cimabue, databile attorno al 1268-1271 circa e conservata nella chiesa di San Domenico di Arezzo. Prima opera attribuita al maestro, vi si legge un distacco dalla maniera bizantina all'insegna di un maggior espressionismo.
Adolfo De Carolis o De Karolis (Montefiore dell'Aso, 6 gennaio 1874 – Roma, 7 febbraio 1928) è stato un pittore, incisore, illustratore, xilografo e fotografo italiano. Protagonista dell'arte italiana idealista e simbolista fra Ottocento e Novecento, De Carolis ha influito in modo determinante negli sviluppi formativi del gusto floreale, operando in egual misura anche nei campi dell'illustrazione, della pittura e della fotografia. Frequentemente collocato dalla critica nel contesto liberty, De Carolis oppone però polemicamente la sua fede artistica nella tradizione rinascimentale ed ermetica alle bizzarrie organicistiche dell'"arte nuova", come appare in particolare in un articolo sul Leonardo dopo una visita alla Esposizione Internazionale d'Arte Decorativa Moderna di Torino del 1902. La sua opera esibisce piuttosto un'evoluzione dell'estetica preraffaellita, fortemente condizionata da modelli e stilemi del giapponismo, da un lato, e da un inquieto formalismo di stampo michelangiolesco, dall'altro. De Carolis ha collaborato con grandi letterati, illustrando con disegni e xilografie opere di Gabriele D'Annunzio e di Giovanni Pascoli, con una maniera grafica inconfondibile, decorativamente organica tanto all'architettura tipografica quanto ai contenuti.
La Breve ma veridica storia della pittura italiana è un saggio di Roberto Longhi sulla storia dell'arte italiana. L'opera fa parte delle opere giovanili dello studioso, ma riveste una grande importanza nel panorama storico-critico dell'arte europea per le nuove idee che vi si trovano pubblicate, che si ritrovano negli scritti successivi di Longhi e influenzarono tutta la critica successiva.
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