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Autore principale: Convegno internazionale della ceramica, 30-31., Albisola, 1997-1998
Pubblicazione: Firenze : All'Insegna del Giglio, c1999
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese: IT
Fa parte di: Atti : Convegno internazionale della ceramica / Centro ligure per la storia della ceramica
I bacini ceramici delle chiese pisane sono dei recipienti in ceramica, variamente rivestiti, inglobati nelle superfici murarie esterne di edifici prevalentemente religiosi cristiani, anche se non mancano esempi di questo impiego in edifici civili, pubblici e privati. Il termine si riferisce a sole forme aperte originariamente create per scopi diversi dalla decorazione architettonica. Tra le località dove i bacini furono utilizzati per decorare le murature esterne delle chiese, quella che presenta l’attestazione più precoce e prolungata è senz'altro la città di Pisa, dove le ceramiche vennero importate da diverse località del Bacino Mediterraneo a partire dalla fine del X secolo fino al XIV secolo circa. A Pisa fino a tutto il XII secolo erano fabbricati soltanto recipienti privi di rivestimenti vetrosi e di decorazioni colorate (per questo detti “acromi”). Questi, venivano usati principalmente per la cottura delle vivande e per la loro conservazione nelle dispense, oltre che per alcuni usi legati alla mensa (ad esempio per la mescita delle bevande liquide). Dalla fine del X secolo comparvero però in città ceramiche che avevano ben altro pregio rispetto a quelle di produzione locale, tecnologicamente più avanzate, perché provviste di rivestimenti impermeabili (vetrine a base di piombo o smalti a base di stagno e piombo), ed esteticamente più gradevoli, perché arricchite di decori colorati. Queste ceramiche giunsero a Pisa grazie agli importanti commerci che la Repubblica Marinara riuscì ad instaurare e mantenere per diverso tempo in molti porti del Mediterraneo. Le ceramiche giunte in città tra il Mille e il Trecento hanno trovato due impieghi distinti. Alcune, sono state usate in casa sulla tavola, sia in forme aperte (prevalenti) sia in forme chiuse (boccali, alberelli, etc.) Altre invece, tutte forme aperte quali scodelle, catini, piatti, ciotole, ect., erano usate per ornare le murature esterne degli edifici religiosi cittadini. Fino al XII secolo sui perimetrali esterni e i campanili delle chiese pisane troviamo murati soltanto prodotti ceramici importati da varie località del Mediterraneo, che arrivarono prevalentemente dalle zone occidentali poste sotto l’influenza islamica e, soprattutto, dall’al-Andalus. Non mancano tuttavia “bacini” dalla Tunisia, dalla Sicilia islamica, dall’Egitto, dal Vicino Oriente e dall’area bizantina. Dalla fine del XII secolo inoltre vennero importate e usate come "bacini ceramici" ceramiche di produzione savonese e fabbricate in diversi centri dell’Italia meridionale peninsulare. A partire dalla prima metà del XIII secolo, infine, si usarono come bacini le “maioliche arcaiche” di fabbricazione locale. Tra la fine del XIII e i primi decenni del XIV le ceramiche utilizzate come “bacini” erano quasi esclusivamente di produzione pisana. A Pisa gli edifici più rappresentativi sui quali sono attestati "bacini ceramici" che coprono le diverse fasi cronologiche sono: San Sisto, Santa Cecilia e il campanile di San Francesco, situati a nord dell’Arno; San Martino collocato a sud; e San Piero a Grado posto fuori città, in prossimità della costa.
Le ceramiche ingobbiate e graffite di Pisa vennero prodotte tra la metà del XV fino al XIX secolo. Quest’arco temporale costituisce un momento di svolta per la produzione del vasellame prodotto in città, in quanto si assiste all’introduzione di una nuova tecnica nelle officine ceramiche che già producevano a partire dai primi decenni del Duecento maioliche arcaiche. La nuova tecnica veniva comunemente chiamata ingobbiatura e prevedeva il rivestimento del corpo ceramico essiccato con una miscela liquida a base di argille caoliniche bianche che, una volta raggiunto il giusto grado di asciugatura, poteva essere arricchita da decorazioni. Le decorazioni potevano essere graffite “a punta”, “a fondo ribassato” e “a stecca” e/o anche dipinte. Le testimonianze relative alla graffitura pervenute mostrano una tendenza produttiva che spesso privilegia gli esemplari monocromi ma non mancano esempi di arricchimento cromatico volti a far risaltare le incisioni con pennellate in verde e/o giallo (sporadicamente in bruno/violaceo). Le ceramiche ingobbiate e graffite venivano poi rivestite con una vetrina piombifera prima della seconda cottura, in modo che la superficie dei manufatti acquistasse impermeabilità e che i decori fossero protetti.
Bologna (, AFI: /boˈloɲ:a/; Bulåggna, AFI: /buˈlʌɲ:ɐ/, in dialetto bolognese;) è un comune italiano di 394 843 abitanti, capoluogo dell'omonima città metropolitana, a sua volta capoluogo dell'Emilia-Romagna, posta al centro di un'area metropolitana di circa un milione di abitanti. Sede della più antica università del mondo occidentale, ospita numerosi studenti che ne animano la vita culturale e sociale. Nota per le sue torri, i suoi lunghi portici, e un ben conservato centro storico, fra i più estesi d'Italia. La città, i cui primi insediamenti risalirebbero almeno al I millennio a.C., fu un importante centro urbano dapprima sotto gli Etruschi e i Celti, poi sotto i Romani e, nel Medioevo, come libero comune. Capitale settentrionale dello Stato Pontificio a partire dal Cinquecento, ebbe un ruolo molto importante durante il Risorgimento e, durante la seconda guerra mondiale, fu un importante centro della Resistenza. Nel secondo dopoguerra, come buona parte dell'Emilia, è stata governata quasi ininterrottamente da amministrazioni di sinistra. Bologna è un importante nodo di comunicazioni stradali e ferroviarie del nord Italia, in un'area in cui risiedono importanti industrie meccaniche, elettroniche e alimentari. È sede di prestigiose istituzioni culturali, economiche e politiche, e di uno dei più avanzati quartieri fieristici d'Europa. Nel 2000 è stata "capitale europea della cultura", mentre dal 2006 è "città della musica" UNESCO.
La cultura della ceramica lineare (o Bandkeramik o Linearbandkeramik o LBK) è un importante orizzonte archeologico del neolitico europeo. Fiorì nel periodo 5500–4500 a.C. circa (tra la metà del VI e la metà del V millennio a.C.), con una maggiore densità di siti nell'area del Danubio centrale e lungo il corso centrale e superiore dell'Elba e del Reno. Rappresenta un importante fase nell'ambito della prima diffusione dell'agricoltura in Europa. La ceramica da cui deriva il nome è costituita di semplici coppe, ciotole, vasi e brocche senza manici, a cui si aggiunsero in una fase successiva con lug semplici o perforati, basi e colli. Questi oggetti erano usati come ceramica da cucina o per il trasporto locale di cibo e liquidi. I siti più importanti comprendono: Nitra in Slovacchia; Bylany nella Repubblica Ceca; Langweiler e Zwenkau in Germania; Brunn am Gebirge in Austria; Elsloo, Sittard, Köln-Lindenthal, Aldenhoven, Flomborn e Rixheim sul Reno; Lautereck e Hienheim lungo il corso superiore del Danubio; Rössen e Sonderhausen nella zona centrale dell'Elba.Nella fase più antica della cultura della ceramica lineare sono state riconosciute due varianti: cultura della ceramica lineare antica o occidentale: si sviluppò nella zona centrale del Danubio, inclusa la parte occidentale dell'Ungheria, e si espanse lungo il Reno, l'Elba, l'Oder e la Vistola; cultura della ceramica lineare orientale: fiorì nell'Ungheria orientale.Sono inoltre state definite anche una fase media e tarda: nella fase media la cultura della ceramica lineare antica si introdusse nella cultura del Bug-Dnestr e cominciò a produrre la ceramica a note musicali; nella fase tarda la cultura della ceramica decorata a punzone si espanse più oltre lungo la Vistola e l'Elba.Alla fine si sostituirono ad essa un insieme di nuove culture, per nessuna delle quali si nota, tuttavia, una corrispondenza biunivoca con qualcuna delle sue varianti. Alcune di queste culture successive sono quelle di Hinkelstein, di Großgartach, di Rössen, di Lengyel, di Cucuteni e di Boian-Maritza.
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