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Pubblicazione: [Firenze] : Consiglio regionale della Toscana, [2003?]
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese:
"La legge di riforma della legislazione criminale toscana, meglio nota come Codice leopoldino o Leopoldina, fu una consolidazione del diritto penale del Granducato di Toscana emanata il 30 novembre 1786 dal granduca Pietro Leopoldo d'Asburgo. \nCon questa normativa il Granducato di Toscana fu il primo Stato al mondo ad abolire formalmente la pena di morte. \nDal 2000 la Toscana ricorda la ricorrenza con la festa della Toscana, che si festeggia il 30 novembre, giorno di promulgazione del Codice leopoldino.\n\n"
"Leopoldo II d'Asburgo-Lorena (Vienna, 5 maggio 1747 \xe2\x80\x93 Vienna, 1\xc2\xba marzo 1792) \xc3\xa8 stato Granduca di Toscana con il nome di Pietro Leopoldo I di Toscana dal 1765 al 1790 e imperatore del Sacro Romano Impero e re d'Ungheria e Boemia dal 1790 al 1792.\nFiglio dell'imperatore Francesco I e di sua moglie Maria Teresa d'Austria, fu fratello della celebre Maria Antonietta, regina di Francia, e di Maria Carolina, regina di Napoli. Leopoldo, succeduto al fratello Giuseppe II, fu un moderato proponente dell'assolutismo illuminato e propugnatore del Codice leopoldino, legge che port\xc3\xb2 il Granducato di Toscana ad essere il primo Stato nella storia ad abolire formalmente la pena di morte."
'Il Granducato di Toscana fu un antico Stato italiano esistito per duecentonovanta anni, tra il 1569 e il 1859, costituito con bolla emessa da papa Pio V il 27 agosto 1569, dopo la conquista della repubblica di Siena da parte della dinastia dei Medici, reggitori della Repubblica di Firenze, nella fase conclusiva delle guerre d\'Italia del XVI secolo. Fino alla seconda met\xc3\xa0 del XVIII secolo fu uno stato confederale costituito dal Ducato di Firenze (detto "Stato vecchio") e dallo Stato Nuovo di Siena, in unione personale nel granduca. Il titolo traeva origine da quello del Ducato di Tuscia, poi Marca di Tuscia e quindi Margraviato di Toscana, titolo giuridico di governo del territorio di natura feudale in epoca longobarda, franca e post-carolingia.\nDopo l\'estinzione della dinastia medicea, nel 1737 subentr\xc3\xb2 la dinastia degli Asburgo-Lorena, che resse le sorti del granducato sino all\'unit\xc3\xa0 d\'Italia, pur con l\'interruzione dell\'epoca napoleonica. Tra il 1801 ed il 1807, infatti, Napoleone Bonaparte occup\xc3\xb2 la Toscana e l\'assegn\xc3\xb2 alla casata dei Borbone-Parma col nome di regno d\'Etruria. Col crollo dell\'impero napoleonico nel 1814, venne restaurato il granducato. Nel 1859 la Toscana venne occupata dalle truppe del regno di Sardegna e divennero note col nome di Province dell\'Italia Centrale. La Toscana venne formalmente annessa al regno sardo nel 1860, come parte del processo di unificazione nazionale, con un referendum popolare che sfior\xc3\xb2 il 95% dei si.\n\n'
'Le lingue dell\'Italia costituiscono, a detta di alcuni autori, il patrimonio linguistico pi\xc3\xb9 ricco e variegato all\'interno del panorama europeo.\nAd eccezione di taluni idiomi stranieri legati ai moderni flussi migratori, le lingue che vi si parlano sono esclusivamente di ceppo indoeuropeo e appartenenti in larga prevalenza alla famiglia delle lingue romanze: compongono il paesaggio linguistico, altres\xc3\xac, variet\xc3\xa0 albanesi, germaniche, greche e slave.\nLa lingua ufficiale della Repubblica Italiana, l\'italiano, discende storicamente dal toscano letterario, il cui uso in letteratura \xc3\xa8 iniziato con i grandi scrittori Dante, Petrarca e Boccaccio verso il XIII secolo, e si \xc3\xa8 in seguito evoluto storicamente nella lingua italiana corrente. La lingua italiana era scritta solo da una piccola minoranza della popolazione al momento dell\'unificazione politica nel Regno d\'Italia nel 1861, ma si \xc3\xa8 in seguito diffusa, mediante l\'istruzione obbligatoria esclusivamente in lingua italiana standard e il contributo determinante e pi\xc3\xb9 recente della televisione che vede escluso, o molto limitato, l\'uso sia dei dialetti che delle lingue di minoranza (salvo quanto previsto dagli accordi internazionali sottoscritti dall\'Italia dopo la seconda guerra mondiale a favore delle minoranze linguistiche tedesca della provincia di Bolzano, slovena della regione Friuli-Venezia Giulia e francese della Valle d\'Aosta) nonostante il fatto che, nel secondo caso, la legge 482/99 preveda l\'obbligo per la RAI di trasmettere anche nelle lingue delle minoranze linguistiche.Dal punto di vista degli idiomi locali preesistenti, ne consegue un processo di erosione linguistica e di minorizzazione, processo accelerato sensibilmente dall\'ampia disponibilit\xc3\xa0 di mass media in lingua italiana e dalla mobilit\xc3\xa0 della popolazione, oltre ad una scarsa volont\xc3\xa0 politica di tutelare le minoranze linguistiche (art. 6 Cost e L. 482/99) e riconoscere una valenza culturale ai dialetti (art. 9 Cost). Questo tipo di cambiamenti ha ridotto sensibilmente l\'uso degli idiomi locali, molti dei quali sono ormai considerati in pericolo di estinzione, principalmente a causa dell\'avanzare della lingua italiana anche nell\'ambito strettamente sociale e relazionale .\nNegli ultimi anni si \xc3\xa8 assistito a una loro rivalutazione sul piano culturale in reazione ai processi omologativi della globalizzazione. Nonostante il mancato appoggio dello Stato, secondo varie ricerche pi\xc3\xb9 del 60% dei ragazzi parla quotidianamente in "dialetto" (con riferimento ai dialetti dell\'Italia, non ai dialetti dell\'italiano); tra i vari motivi, i pi\xc3\xb9 importanti sono: il desiderio di creare un legame forte con la propria famiglia (67%), volont\xc3\xa0 di conoscere la storia di determinati termini ed espressioni (59%) o possibilit\xc3\xa0 di arricchire il proprio parlato con espressioni colloquiali (52%) e naturalmente lo spirito di appartenenza alla propria terra.\nSecondo i pi\xc3\xb9 recenti dati statistici il 45,9% degli italiani parla in modo esclusivo o prevalente l\'italiano, il 32,2% lo alterna con una lingua locale, mentre solo il 14% si esprime esclusivamente nell\'idioma locale, il resto ricorre ad un\'altra lingua. Il noto linguista Tullio De Mauro, intervistato da un quotidiano nazionale il 29 settembre 2014, affermava che l\'uso alternante di italiano e dialetto arriva oggi al 44,1% e coloro che adoperano solo l\'italiano sono il 45,5%.Sempre secondo De Mauro, il plurilinguismo "italiano + dialetti o una delle tredici lingue di minoranza" gioca un ruolo positivo in quanto \xc2\xabi ragazzi che parlano costantemente e solo italiano hanno punteggi meno brillanti di ragazzi che hanno anche qualche rapporto con la realt\xc3\xa0 dialettale\xc2\xbb.\n\n'