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Pubblicazione: Firenze : Tip. delle Murate, 1958
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese: IT
'Carlo Borromeo, universalmente noto come San Carlo, (Arona, 2 ottobre 1538 \xe2\x80\x93 Milano, 3 novembre 1584) \xc3\xa8 stato un cardinale e arcivescovo cattolico italiano, venerato come santo dalla Chiesa cattolica.\nCanonizzato nel 1610 da papa Paolo V a soli 26 anni dalla morte, san Carlo \xc3\xa8 considerato tra i massimi riformatori della Chiesa cattolico-romana nel XVI secolo, assieme a sant\'Ignazio di Loyola e san Filippo Neri, nonch\xc3\xa9 anima e guida della Controriforma cattolica. Tra le maggiori riforme da lui proposte e accettate dal Concilio di Trento, vi fu l\'istituzione dei seminari per la formazione e l\'educazione dei presbiteri. Era nipote, per parte di madre, di papa Pio IV.\n"In un secolo in cui l\'altezza media degli uomini non superava il metro e sessantacinque, Carlo Borromeo era alto pi\xc3\xb9 di un metro e ottanta"; cos\xc3\xac lo descrive Federico Rossi di Marignano: non solo era molto alto, ma era anche di corporatura robusta. San Carlo osservava la raccomandazione di Ambrogio e di Agostino di digiunare e destinare ai bisognosi il denaro risparmiato. Negli ultimi anni di vita, secondo l\'uso ecclesiastico antico, consumava un solo pasto al giorno, dopo il vespro. Si dice per\xc3\xb2 che, pur tralasciando cibi costosi e preferendo il semplice pane, l\'assumesse \xc2\xabin assai quantit\xc3\xa0\xc2\xbb.\nCarlo Borromeo port\xc3\xb2 sempre la barba, anche se la vasta iconografia seicentesca lo raffigura spesso glabro; cominci\xc3\xb2 infatti a radersi solo nel 1576, al tempo della prima grande peste, e mantenne il volto rasato in segno di penitenza durante gli ultimi otto anni di vita. Nipote del papa (la madre Margherita de\' Medici era sorella di Pio IV, al secolo Gian Angelo de\' Medici), il Borromeo fu da lui nominato cardinale e segretario privato quando aveva poco pi\xc3\xb9 di vent\'anni. In tale veste il giovane Carlo partecip\xc3\xb2 ai lavori del Concilio di Trento, divenendone protagonista proprio nel periodo conclusivo.\nDopo la morte dello zio, nel 1566 Carlo Borromeo si trasfer\xc3\xac da Roma a Milano, attuando nella diocesi ambrosiana i dettami tridentini e vivendo in ascetica povert\xc3\xa0. Dedic\xc3\xb2 la sua azione pastorale alla cura delle anime e alla moralizzazione dei costumi, promuovendo oltre al culto \xc2\xabinteriore\xc2\xbb anche il culto \xc2\xabesteriore\xc2\xbb \xe2\x80\x93 riti liturgici, preghiere collettive, processioni \xe2\x80\x93 ravvivando in tal modo la fede, l\'identit\xc3\xa0 e la coesione sociale soprattutto dei ceti pi\xc3\xb9 popolari. Riform\xc3\xb2 la diocesi, nella quale la disciplina ecclesiastica era \xc2\xabdel tutto persa\xc2\xbb, perch\xc3\xa9 da quasi un secolo gli arcivescovi titolari, risiedendo altrove, l\'avevano abbandonata a se stessa limitandosi a goderne le rendite.\nCarlo affront\xc3\xb2 \xc2\xabcontrasti tanto grandi [...] et da persone tanto potenti che havriano impaurito ogni grand\'animo\xc2\xbb. Nell\'attuare i decreti tridentini il Borromeo si espose infatti alla reazione di coloro che vedevano lesi i propri privilegi: fu contrastato dai governatori spagnoli e dal Senato milanese, minacciato con i bastoni dai frati minori osservanti, aggredito con le spade dai canonici di Santa Maria della Scala, minacciato dalle monache di Sant\'Agostino, vilipeso da quelle di Lecco e colpito con una archibugiata alla schiena da un sicario dell\'ordine degli umiliati.\n\n'