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Pubblicazione: Campi Bisenzio : Cecchi Gori home video, c2010
Tipo di risorsa: risorsa video e da proiezione, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese: it
'Le opere e la poetica di Carmelo Bene sono assai ricche e prolifiche, e abbracciano quasi quarant\'anni di attivit\xc3\xa0 dell\'autore, dal 1959 fino al 2002.\nLa sua discussa e controversa figura, spesso oggetto di clamorose polemiche, ha diviso critica e pubblico fin dagli esordi: considerato da alcuni un affabulante ingannatore e un presuntuoso "massacratore" di testi, per altri Bene \xc3\xa8 stato uno dei pi\xc3\xb9 grandi attori del Novecento. Dalle dichiarazioni di Bene risulta evidente il suo disprezzo per certa critica teatrale, da lui ritenuta "piena di parvenus". Tra i primi a rendergli omaggio si ricordano alcuni tra i pi\xc3\xb9 illustri esponenti del mondo intellettuale dell\'epoca, come, ad esempio, Eugenio Montale, Alberto Moravia, Ennio Flaiano e Pier Paolo Pasolini. Bene ebbe poi modo di collaborare, tra gli altri, con Pierre Klossowski e Gilles Deleuze, i quali scrissero alcuni saggi sul modo di fare teatro dell\'artista italiano. La lotta di Bene si rivolge contro il naturalismo e la drammaturgia borghese, contro le classiche visioni del teatro. Rivendica l\'arte attoriale innalzando l\'attore da mera maestranza (cos\xc3\xac definita da Silvio D\'Amico) ad artista-personificazione assoluta del complesso teatrale. Il testo, poich\xc3\xa9 nato dalla penna di uno scrittore spesso avulso dal problema del linguaggio scenico, non pu\xc3\xb2 essere interpretato: esso deve necessariamente essere ricreato dall\'attore.\nCarmelo Bene \xc3\xa8 contro il teatro di testo, per un teatro da lui definito "scrittura di scena", un teatro del dire e non del detto. Fare "teatro del gi\xc3\xa0 detto" sarebbe un ripetere a memoria le parole di altri senza creativit\xc3\xa0, quello che Artaud definiva un "teatro di invertiti, droghieri, imbecilli, finocchi: in una parola di Occidentali". \xc3\x88 l\'attore, con la scrittura di scena, a fare teatro hic et nunc. Il testo viene considerato come "spazzatura", perch\xc3\xa9 lo spettacolo va visto nella sua totalit\xc3\xa0. Il testo ha il medesimo valore di altri elementi come le luci, le musiche, le quinte. Il teatro di testo, di immedesimazione, viene definito da Bene come un teatro cabarettistico. Gli attori che si calano in dei ruoli, che interpretano, sono per lui degli intrattenitori, degli imbonitori, dei "trovarobe". Nel suo teatro, l\'attore \xc3\xa8 l\'Artefice. Il testo non viene pi\xc3\xb9 messo in risalto come nel teatro di testo, viene anzi martoriato, continuando un discorso iniziato da Artaud, che gi\xc3\xa0 aveva iniziato la distruzione del linguaggio, ma che per Bene fall\xc3\xac sulle scene, perch\xc3\xa9 cadde nella interpretazione.\nBene distrugge l\'Io sulla scena, l\'immedesimazione in un ruolo, a favore di un teatro del soggetto-attore. Bene \xc3\xa8 stato definito Attore Artifex, cio\xc3\xa8 attore artefice di tutto, e lui stesso preferiva definirsi, con un neologismo, una "macchina attoriale": autore, regista, attore, scenografo, costumista. Buona parte delle opere letterarie di Carmelo Bene le possiamo trovare raccolte in un volume unico, dal titolo Opere, con l\'Autografia di un ritratto, nella collana dei Classici Bompiani. Inoltre La Fondazione Immemoriale di Carmelo Bene si preoccupa della "conservazione, divulgazione e promozione nazionale ed estera dell\'opera totale di Carmelo Bene, concertistica, cinematografica, televisiva, teatrale, letteraria, poetica, teorica, ..."\n\n'
'Cinematografo \xc3\xa8 un album-raccolta del 2010 che contiene 12 brani interpretati dal cantante Mario Merola.'
"Gli spettacoli nell'antica Roma erano numerosi, aperti a tutti i cittadini ed in genere gratuiti; alcuni di essi si distinguevano per la grandezza degli allestimenti e per la crudelt\xc3\xa0.\nI Romani frequentavano di preferenza i combattimenti dei gladiatori, quelli con bestie feroci (venationes), le riproduzioni di battaglie navali (naumachia), le corse di carri, le gare di atletica, gli spettacoli teatrali dei mimi e le pantomime.\nQuarant'anni dopo l'invettiva di Giovenale (n. tra il 55 e il 60\xe2\x80\x93m. dopo il 127) che rimpiangeva la sobriet\xc3\xa0 e la severit\xc3\xa0 repubblicana di un popolo che ormai aspirava solo al panem et circenses, al pane e agli spettacoli, Frontone (100-166), quasi con le stesse parole, descriveva sconsolato la triste realt\xc3\xa0:\n\nLa classe dirigente romana considerava infatti suo compito primario quello di distribuire alimenti una volta al mese al popolo e di distrarlo e regolare il suo tempo libero con gli spettacoli gratuiti offerti nelle festivit\xc3\xa0 religiose o in ricorrenze laiche.\n\n"