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La rivolta di Los Angeles (citata nelle fonti in lingua inglese come 1992 Los Angeles Riots o anche Rodney King Uprising, sommossa di Rodney King), è il nome dato a una serie di sommosse a sfondo razziale scoppiata nella città di Los Angeles il 29 aprile 1992 e cessata il 4 maggio dello stesso anno. I disordini iniziarono a South Central Los Angeles il 29 aprile, dopo l'assoluzione di quattro agenti del Dipartimento di polizia di Los Angeles (LAPD) per l'uso eccessivo della forza nell'arresto e nel pestaggio di Rodney King, che era stato registrato e ampiamente visto nelle trasmissioni televisive. Le rivolte successivamente si diffusero in tutta l'area metropolitana di Los Angeles, con migliaia di persone in rivolta per un periodo di sei giorni dopo l'annuncio del verdetto. Durante i disordini si verificarono saccheggi, aggressioni, incendi dolosi e omicidi, e le stime dei danni alle proprietà superarono il miliardo di dollari. Con la polizia locale sopraffatta nel controllare la situazione, l'allora governatore della California Pete Wilson schierò la Guardia Nazionale californiana, e il presidente George H. W. Bush inviò la 7th Infantry Division e la 1st Marine Division. Con lo schieramento dei militari, l'ordine fu ristabilito in tutta la città, ma durante i disordini furono uccise 63 persone, vi furono 2 383 feriti e più di 12 000 arresti. Il capo della polizia Daryl Gates, che aveva già annunciato le sue dimissioni durante le sommosse, fu accusato della maggior parte degli incidenti.
La presidenza di Lyndon B. Johnson ebbe inizio il 22 novembre del 1963, quando il 36º Presidente degli Stati Uniti d'America entrò in carica e giurò dopo l'assassinio di John Fitzgerald Kennedy, per poi terminare il 20 gennaio del 1969. Johnson aveva ricoperto il ruolo di Vicepresidente durante la presidenza di John Fitzgerald Kennedy per un periodo di tempo di 1.036 giorni. Esponente del Partito Democratico si presentò nel corso delle elezioni primarie democratiche e gareggiò come candidato ufficiale alle elezioni presidenziali del 1964, riuscendo ad essere riconfermato per un secondo mandato con ampio margine sul candidato del Partito Repubblicano il senatore dell'Arizona Barry Goldwater. A seguito delle elezioni presidenziali del 1968, in cui non si ripresentò, il suo posto verrà preso da Richard Nixon, il quale avvierà così la presidenza di Richard Nixon. Johnson espanse il fronte del New Deal e costruì la Grande società, una serie di programmi legislativi nazionali indirizzati ad aiutare le classi meno abbienti e più emarginate della società americana; questi includono "Medicare" e "Medicaid", la difesa delle rivendicazioni del movimento per i diritti civili degli afroamericani (1954-1968) e la spesa federale a vantaggio dell'istruzione pubblica, le manifestazioni artistiche, lo sviluppo urbano e rurale, l'ampliamento dei servizi di pubblica utilità e una generalizzata "Guerra contro la povertà". Aiutati e sostenuti in larga parte da un'economia nazionale in forte crescita, tali progetti aiutarono milioni di americani ad oltrepassare la soglia di povertà proprio durante gli anni dell'amministrazione Johnson. La legislazione sui diritti civili firmata dal presidente proibì la discriminazione razziale nell'ambito del diritto di voto, nelle strutture dei servizi pubblici, nel campo dell'assegnazione degli alloggi e sul posto di lavoro; avrà così definitivamente termine la segregazione razziale negli Stati Uniti d'America. Con il passaggio del "Immigration and Nationality Act of 1965", il sistema d'immigrazione del paese sarà profondamente riformato e tutte le quote d'entrata basate sulla "razza" verranno del tutto rimosse, per essere sostituite da quote fondate sulla nazionalità d'origine. La presidenza L. B. Johnson segnerà il montare della marea del moderno liberalismo negli Stati Uniti d'America. Ma la popolarità del presidente diminuì significativamente mentre altri problemi salirono alla ribalta.Johnson perseguirà una politica di "Containment" sperando sempre di poter fermare la diffusione del comunismo nel Sudest asiatico durante gli anni della Guerra fredda e per tutta la durata della Guerra del Vietnam; il numero di soldati americani inviati nel Vietnam del Sud aumentò drammaticamente, passando da 16.000 consiglieri assunti in ruoli non di combattimento nel 1963, a 550.000 truppe militari in ruoli di combattimento all'inizio del 1968. Il crescente disagio provocato dal conflitto stimolò il movimento pacifista di Opposizione alla guerra del Vietnam; di vaste dimensioni, arrabbiato, fondato soprattutto nei campus universitari sia in patria che all'estero. Si amplierà attivamente sia la disobbedienza civile che la vera e propria diserzione. Il presidente dovette affrontare ulteriori problemi quando scoppiarono rivolte e tumulti estivi nella maggior parte delle grandi città a partire dal 1965; con un tasso di criminalità salito alle stelle gli avversari sollecitarono richieste di politiche ferree di mantenimento dell'ordine pubblico (Law and order) e contrasto alle manifestazioni anti-guerra. Mentre comincerà il proprio ufficio con un alto indice di approvazione, il sostegno dell'opinione pubblica a Johnson scese poiché la guerra si trascinava ad aumentavano i disordini interni in tutta la nazione. Allo stesso tempo la "coalizione New Deal" che aveva serrato le fila dei democratici per un lungo periodo di tempo si dissolse e la base di supporto al presidente si erose con essa. Sebbene desiderasse il rinnovo per un altro mandato alle elezioni primarie democratiche del 1968 Johnson annuncerà il 31 marzo che non avrebbe ricercato la Nomination del suo Partito. Nel corso degli ultimi anni la sua posizione migliorerà innanzitutto grazie ai programmi interni da lui fatti assumere; i sondaggi di storici e politologi nella classifica storica dei presidenti degli Stati Uniti d'America tendono a vederlo comunque come un presidente che si staglia sopra la media.
La presidenza di John Fitzgerald Kennedy ebbe inizio il 20 gennaio del 1961 quando il presidente eletto degli Stati Uniti d'America partecipò alla cerimonia d'inaugurazione e insediamento del presidente degli Stati Uniti d'America, per terminare bruscamente e in maniera tragica il 22 novembre del 1963 dopo il suo assassinio. Il 35º presidente degli Stati Uniti d'America rimase in carica per un periodo di 1.036 giorni, esattamente un secolo dopo la presidenza di Abraham Lincoln. Esponente di punta del Partito Democratico subentrò alla presidenza di Dwight D. Eisenhower, eroe della seconda guerra mondiale, a seguito delle elezioni presidenziali nel 1960 in cui riuscì a sconfiggere, seppur di strettissima misura, il concorrente del Partito Repubblicano Richard Nixon, Vicepresidente degli Stati Uniti d'America uscente. Gli succederà il vicepresidente Lyndon B. Johnson il quale assumerà l'ufficio immediatamente dopo l'attentato mortale dando così avvio alla Presidenza L. B. Johnson. Kennedy fu la prima persona nata nel XX secolo (1917) a venire eletta presidente - lo seguiranno L. B. Johnson (1908); Ronald Reagan (1911); Richard Nixon (1913) e Gerald Ford (1913) - e, all'età di 43 anni, la più giovane ad assumere la carica nell'intera storia degli Stati Uniti d'America (Theodore Roosevelt era di 9 mesi più giovane quando dovette assumere l'ufficio a seguito dell'assassinio di William McKinley il 14 settembre 1901, ma non conquistò i voti popolari fino alla elezioni presidenziali del 1904 quando aveva già 46 anni). Fu anche il 1º presidente eletto affiliato alla Chiesa cattolica negli Stati Uniti d'America. Svolse un ruolo di primo piano nel portare la politica americana nell'era moderna dei mezzi di comunicazione di massa in quanto la sua capacità di usare la televisione fornì un modello di Campagna elettorale che parlava direttamente agli elettori; la sua presidenza mediatica indebolì notevolmente il potere del clientelismo all'interno degli organismi partitici. L'epoca Kennedyana fu segnata dalle tensioni sempre ben presenti della guerra fredda con l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche e in special modo con Cuba. Un fallito tentativo d'invasione della baia dei Porci a Sud dell'isola venne effettuato nell'aprile del 1961 con l'intento dichiarato di rovesciare il governo comunista di Fidel Castro che aveva preso il potere nel 1959 grazie alla rivoluzione cubana. L'amministrazione in seguito respingerà i piani congiunti dei Capi di stato maggiore volti a orchestrare atti terroristici fasulli sul suolo americano sotto copertura con lo scopo d'indurre all'approvazione da parte dell'opinione pubblica di un'eventuale guerra contro il regime cubano (vedi Operazione Northwoods). Nell'ottobre del 1962 venne scoperto che i missili balistici sovietici stavano per essere dispiegati in forza a Cuba; il periodo di estrema tensione internazionale che ne risultò - denominato crisi dei missili di Cuba - viene visto da un gran numero di storici e analisti politici come il più vicino alla deflagrazione di una guerra nucleare globale che la specie umana abbia mai mai avuto nel corso della storia, con belligeranti armati di ordigni atomici da entrambe le parti. Per contenere l'espansione comunista nel Sud-est asiatico Kennedy diede il via all'aumento del numero dei consiglieri militari americani nel Vietnam del Sud di un fattore di 18 volte superiore rispetto al suo immediato predecessore; un ulteriore escalation del ruolo americano nel fronte della guerra del Vietnam avrà luogo e si verificherà sempre più speditamente solo dopo la morte del presidente. Nel campo della politica interna formulò proposte audaci nella sua agenda della "Nuova Frontiera", ma ben poche di esse risultarono alla fine approvate dal Congresso degli Stati Uniti d'America. Istituì i Peace Corps e accelerò la corsa allo spazio. Kennedy intraprese inoltre iniziative a sostegno del movimento per i diritti civili degli afroamericani, ma solamente dopo la sua scomparsa la proposta di un disegno di legge sui diritti civili verrà approvata e fatta promulgare come Civil Rights Act (1964).
La pace è una condizione sociale, relazionale, politica (per estensione anche personale ovvero intraindividuale, o eventualmente legata ad altri contesti), caratterizzata dalla presenza di condivisa armonia e contemporanea assenza di tensioni e conflitti. La pace che si instaura tra due nazioni in seguito a una guerra può trarre origine dalla cessazione del conflitto per comune accordo fra le nazioni coinvolte oppure essere imposta quando il suo mantenimento è possibile sotto il rispetto di condizioni dettate dalla nazione che ha vinto il conflitto o quando la superiorità di una delle parti è tale da scongiurare qualsiasi azione di rivolta da parte della nazione in condizione di inferiorità.Il termine deriva dal latino pax (il quale a sua volta si fa derivare dalla radice indoeuropea pak-, pag- fissare, pattuire, legare, unire, saldare; alla quale sono legate anche pagare e pacare) ed è il contrapposto di bellum (guerra) in senso politico e sociologico, ovvero dello stato dei rapporti tra individui o gruppi di individui. Trattandosi di uno dei concetti più antichi e profondi in senso antropologico, il termine ha assunto significati più estensivi e generali, compresi verbi come "appacificare" e "rappacificare", con i relativi riflessivi: "appacificarsi" e "rappacificarsi". Per ulteriore estensione semantica, il concetto di pace come "non-turbamento" è poi passato dai campi sociologico e politico a quello individuale in senso spiccatamente psicologico, assumendo il significato di pace dell'anima o pace interiore, ovvero uno stato di quiete o tranquillità dell'animo umano percepita come assenza di turbamenti e agitazione. Tale pace interiore (o dell'animo) ben risponde agli antichi concetti di eutimìa (in Democrito), di aponìa (in Epicuro), di atarassia (negli stoici), di eireneusi in etiche recenti. Più specificatamente, la pace viene considerata (o dovrebbe essere considerata, secondo l'opinione corrente) un valore universalmente riconosciuto che sia in grado di superare qualsiasi barriera sociale e/o religiosa ed ogni pregiudizio ideologico, in modo da evitare situazioni di conflitto fra due o più persone, due o più gruppi, due o più nazioni, due o più religioni.
Mohāndās Karamchand Gāndhī (Hindi: महात्मा गांधी; AFI: [ˈmoːɦənd̪aːs ˈkərəmtʃənd̪ ˈɡaːnd̪ʱi] ), comunemente noto con l'appellativo onorifico di Mahatma (in sanscrito: महात्मा, letteralmente "grande anima", ma traducibile anche come "venerabile", e per certi versi correlabile al termine occidentale "santo") (Porbandar, 2 ottobre 1869 – Nuova Delhi, 30 gennaio 1948) è stato un politico, filosofo e avvocato indiano. Altro suo soprannome è Bapu (in gujarati: બાપુ, traducibile come "padre"). Gandhi è stato uno dei pionieri e dei teorici del satyagraha, la resistenza all'oppressione tramite la disobbedienza civile di massa che ha portato l'India all'indipendenza. Il satyagraha è fondato sulla satya (verità) e sull'ahimsa (nonviolenza). Con le sue azioni, Gandhi ha ispirato movimenti di difesa dei diritti civili e personalità quali Martin Luther King, Nelson Mandela e Aung San Suu Kyi. In India, Gandhi è stato riconosciuto come "Padre della nazione" e il giorno della sua nascita (2 ottobre) è un giorno festivo. Questa data è stata anche dichiarata Giornata internazionale della nonviolenza dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite.
Il termine antisemitismo è stato coniato alla fine del XIX secolo dal giornalista Wilhelm Marr e consiste nell'avversione, su basi razziali, nei confronti delle persone di religione ebraica; col tempo è venuto in anche per indicare le avversioni motivate con ragioni di tipo politico; talvolta lo si confonde con la rivalità, l'ostilità o l'avversione di tipo religioso (antigiudaismo) all'ebraismo, anche se la maggior parte degli storici distingue accuratamente i due termini. Una tradizione di ostilità del cristianesimo nei confronti dell'ebraismo e del popolo ebraico si sviluppò fin dai primi anni della cristianità ed è proseguita nelle epoche seguenti sulla spinta di numerosi fattori, tra cui differenze teologiche, la spinta cristiana al proselitismo e alla conversione, auspicata e forzata, degli ebrei decretata dall'incarico che Cristo risorto diede ai suoi discepoli, il fraintendimento delle credenze e delle pratiche religiose degli ebrei, e una percepita ostilità ebraica nei confronti dei cristiani. Questa avversione è culminata nell'Olocausto, che ha portato molti cristiani a riflettere sui rapporti tra teologia, pratiche religiose, e il genocidio.
Brown et Al. c/ Board of Education of Topeka et Al. (Brown e altri contro l'ufficio scolastico di Topeka e altri) è una sentenza della Corte suprema degli Stati Uniti, pubblicata il 17 maggio 1954 (sentenza 347 U.S. 483). Ad essa ci si riferisce, normalmente, come a Brown v. Board of Education (Brown contro l'ufficio scolastico). La sentenza ha dichiarato incostituzionale la segregazione razziale nelle scuole pubbliche. Una sentenza complementare sullo stesso caso fu pubblicata il 31 maggio 1955 (349 U.S. 294): le due sentenze sono, per questo motivo, anche citate come Brown I e Brown II. Questa sentenza è senza dubbio la più importante delle decisioni della corte Warren. Da un punto di vista tecnico la sentenza Brown è applicabile solamente al sistema di educazione pubblica degli Stati; tuttavia la sentenza Bolling v. Sharpe 349 U.S. 497 (1954), meno conosciuta e pubblicata lo stesso giorno della precedente, estende l'obbligo anche al governo federale.
Mentre i diritti LGBT nel mondo si sono fatti sempre più visibili e riconosciuti, nella civiltà occidentale moderna vengono spesso intesi come una questione inerente alla sinistra politica, ma le minoranze e le diversità sessuali non appartengono come gruppo né alla sinistra né alla destra. Diverse correnti del Socialismo (allo stesso modo delle differenti ideologie esistenti a destra) si sono nel tempo opposte al supporto dei diritti LGBT, spesso abbinando i loro atteggiamenti con i principali valori della società. Come per altre questioni di politica sessuale, come la pornografia, l'atteggiamento nei confronti delle minoranze sessuali e della Cultura basata sul genere e sull'identità sessuale tendono a distinguersi tra una visione autoritaria e una più libertaria, piuttosto che tra destra e sinistra, come indicato dall'esperto di sociologia Jeffrey Weeks nel 1989; la convinzione che l'omosessualità è qualcosa "che dev'essere screditato e impedito" può essere considerato uno dei pochi punti in comune che vi siano stati tra Fidel Castro e Margaret Thatcher (per quanto poi Castro abbia completamente rinnegato tale idea). Inoltre la sinistra radicale e il movimento LGBT hanno interagito e si sono scontrati specialmente dal momento in cui entrambi sono emersi alla fine del XIX secolo in Europa. La maggior parte degli autori concordano sul fatto che storicamente il trattamento dell'omosessualità da parte del movimento socialista non è uniforme. In particolare la maggior parte degli stati comunisti autoritari sono fortemente contrari ai diritti degli omosessuali ed hanno fatto approvare diverse leggi che criminalizzano le relazioni omosessuali (anche se non è sempre il caso, un controesempio è la Germania Est, che anzi fu più tollerante anche rispetto alla Germania Ovest), anche se in diversi casi sono stati proprio gli stati socialisti a decriminalizzarle. Purtuttavia gli attivisti LGBT sono generalmente identificati con la sinistra e un certo numero di figure significative presenti nel socialismo (in particolare il socialismo libertario) sono stati lesbiche, gay o bisessuali. Il collegamento tra le ideologie di sinistra e le lotte per i diritti LGBT hanno una storia lunga e contrastata. Socialisti di spicco che sono stati coinvolti nelle prime lotte per i diritti LGBT includono tra gli altri Edward Carpenter, Oscar Wilde, Harry Hay, Bayard Rustin, Emma Goldman e Daniel Guérin.