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Simone Adolphine Weil (Parigi, 3 febbraio 1909 – Ashford, 24 agosto 1943) è stata una filosofa, mistica e scrittrice francese, la cui fama è legata, oltre che alla vasta produzione saggistico-letteraria, alle drammatiche vicende esistenziali che ella attraversò, dalla scelta di lasciare l'insegnamento per sperimentare la condizione operaia, fino all'impegno come attivista partigiana, nonostante i persistenti problemi di salute. Sorella del matematico André Weil, fu vicina al pensiero anarchico e all'eterodossia marxista. Ebbe un contatto diretto, sebbene conflittuale, con Lev Trotsky, e fu in rapporto con varie figure di rilievo della cultura francese dell'epoca. Nel corso del tempo, legò sé stessa all'esperienza della sequela cristiana, pur nel volontario distacco dalle forme istituzionali della religione, per fedeltà alla propria vocazione morale di presenziare fra gli esclusi. La strenua accettazione della sventura, tema centrale della sua riflessione matura, ebbe a essere, di pari passo con l'attivismo politico e sociale, una costante delle sue scelte di vita, mosse da una vivace dedizione solidaristica, spinta fino al sacrificio di sé. La sua complessa figura, accostata in seguito a quelle dei santi, è divenuta celebre anche grazie allo zelo editoriale di Albert Camus, che dopo la morte di lei a soli 34 anni, ne ha divulgato e promosso le opere, i cui argomenti spaziano dall'etica alla filosofia politica, dalla metafisica all'estetica, comprendendo alcuni testi poetici.
Riflessioni sulla guerra (Réflexions sur la guerre) è un saggio assai noto di Simone Weil, pubblicato sulla rivista di Boris Souvarine La Critique sociale n. 10 del novembre 1933. La Weil aveva iniziato a collaborare alla rivista in settembre, pur rifiutando di aderire al Circolo comunista democratico di Souvarine.Nel 1934 Riflessioni sulla guerra fu pubblicato come opuscolo, in traduzione italiana, dall'anarchico Pio Turroni, esule in Francia ed animatore del Gruppo Edizioni libertarie con sede a Brest.In quest'opera, la Weil ricostruisce sinteticamente le teorie sulla guerra che, dal 1792 in poi, hanno influito sul pensiero socialista e marxista, da cui ella prende le distanze, per criticare il carattere oppressivo di ogni stato e gli effetti reazionari di ogni guerra: L'autrice considera la guerra rivoluzionaria come la «tomba della rivoluzione» (almeno finché non sarà possibile una guerra «senza apparato dirigente, senza pressione poliziesca, senza leggi eccezionali, senza punizione per i disertori») perché essa impone al soldato una costrizione ancora più dolorosa di quella patita dall'operaio. La guerra è difatti un effetto del sistema di produzione moderno: Per la Weil, la guerra è insieme causa e conseguenza del fenomeno burocratico. Ella propone quindi di attuare una lotta senza tregua, dall'interno, per abbattere «l'oppressione intollerabile esercitata dagli apparati statali», concludendo il saggio con queste parole:
La condizione operaia (La condition ouvrière) è una raccolta di appunti, lettere e saggi della filosofa francese Simone Weil, composti fra il 1933/34 e il 1942, pubblicati postumi dalle Éditions Gallimard nel 1951, aventi come tema centrale la situazione del lavoro in fabbrica, con particolare riferimento all'esperienza personale dell'autrice, che scelse di impiegarsi come manovale nel dicembre 1934, lavorando otto mesi nelle grandi industrie francesi, per fare esperienza diretta della vita operaia. La raccolta comprende tre lettere ad Albertine Thévenon (che ha curato l'introduzione dell'edizione originale), una lettera a Boris Souvarine e una ad Auguste Detœuf. Giancarlo Gaeta, curatore dell'edizione SE, ha definito l'opera «una rappresentazione della vita di fabbrica condotta al limite della umana sopportabilità. Una rappresentazione fatta di situazioni, di dettagli, di impressioni fisiche e psicologiche, di descrizioni tecniche delle macchine e dei procedimenti di lavoro, di sofferenze e di angosce, ma anche di insperati momenti di gioia per un cenno di solidarietà o per il fugace sentimento di essere partecipi di una operosa vita collettiva piuttosto che succubi di un degradante asservimento al processo produttivo».
Il Manifesto per la soppressione dei partiti politici (Note sur la suppression générale des partis politiques) è un breve trattato scritto dalla filosofa Simone Weil nel 1943 a Londra, al termine della sua vita. Fu pubblicato postumo sette anni dopo, nella rivista mensile La Table ronde (n. 26, febbraio 1950), e in seguito dalla casa editrice Gallimard, prima come libro a sé stante (1953) e poi all'interno della raccolta Écrits de Londres et dernières lettres (1957).
Lev Trockij (AFI: [ˈlʲef ˈtrot͡skʲɪj]; pronuncia in italiano: [ˈtrɔʦki]; in russo: Лев Троцкий), Lev Trotsky o Leon Trotsky nella traslitterazione anglosassone, pseudonimo di Lev Davidovič Bronštejn (in russo: Лев Давидович Бронштейн? ; Janovka, 7 novembre 1879, [ 26 ottobre del calendario giuliano] – Delegazione Coyoacán, 21 agosto 1940) è stato un politico, rivoluzionario, politologo e militare russo, poi sovietico, nativo dell'odierna Ucraina. Bolscevico e protagonista di primo piano della rivoluzione russa nonché presidente del soviet di Pietrogrado durante le rivoluzioni del 1905 e del 1917, fu tra le personalità più influenti della Russia post-rivoluzionaria e della neonata Unione Sovietica, dapprima come commissario del popolo agli affari esteri e in seguito come organizzatore e comandante dell'Armata Rossa (alla guida della quale sconfisse l'Armata Bianca degli zaristi e trattò la pace di Brest-Litovsk con gli Imperi centrali), commissario del popolo alla guerra e membro del Politburo. Fu anche scrittore di notevoli capacità, soprannominato «Penna» dai compagni di partito.Dopo la morte di Lenin fu espulso dal Partito Comunista Sovietico ed esiliato a seguito della sua lotta politica e del duro contrasto con Iosif Stalin negli anni venti, mentre l'opposizione di sinistra veniva smantellata dal gruppo stalinista, favorevole alla burocratizzazione totalitaria dell'Unione Sovietica e al concetto di socialismo in un solo Paese. Dopo molte peregrinazioni si stabilì nel 1937 in Messico sotto la protezione del governo di Lázaro Cárdenas del Río, dove fu accolto da una cerchia di sostenitori locali, tra cui gli artisti Diego Rivera e Frida Kahlo. Ricevette anche numerose visite di ammiratori come André Breton. Nel 1938 fondò la Quarta Internazionale. Fu assassinato nel 1940 nella sua casa di Città del Messico da un agente sovietico di origine spagnola, Ramón Mercader. Le idee di Trockij, improntate all'internazionalismo proletario e alla rivoluzione permanente, formano la base del trotskismo.
La prima radice (L'enracinement) è un saggio della filosofa francese Simone Weil, composto nel 1943 a Londra. È il suo saggio più lungo, e rappresenta una sintesi del pensiero weiliano sui temi sociali, politici e religiosi.Il titolo L'enracinement è postumo, mentre il sottotitolo Prélude à une déclaration des devoirs envers l'être humain fu coniato dalla Weil, incaricata dall'organizzazione France libre – a cui la filosofa si era unita – di raccogliere idee su come gestire una situazione di pace al termine della seconda guerra mondiale. L'opera delinea il progetto di una società nuova, basata sulle «esigenze dell'anima» e non più sui meccanismi di oppressione.Il saggio fu pubblicato nel 1949 dalla casa editrice Gallimard, nella collana Espoir diretta da Albert Camus, secondo il quale L'enracinement poteva davvero offrire le direttive per un rinascimento europeo sulle macerie della guerra. Una seconda edizione, accresciuta, venne pubblicata nel 1950, quando comparve anche una recensione favorevole di Emmanuel Mounier, che consigliò il libro – per lui animato in ogni pagina «da una fiamma interna» – agli individui coinvolti «nei classici intrighi del potere».Christian Möller, invece, non risparmierà critiche, definendolo «un libro in cui, fra pagine molto belle, il galimatías domina». A tali critiche Augusto Del Noce ha replicato: Nel 1972, in un articolo per la rivista Die Zeit, Heinz Abosch affermò che il concetto weiliano di déracinement (sradicamento) non sarebbe stato possibile senza quello marxiano di «alienazione», ma il critico Thomas R. Nevin ha obiettato che il contesto sociale del déracinement offre piuttosto un richiamo alla distinzione rousseauiana fra homme naturel (uomo naturale) e homme policé (uomo civilizzato).L'opera fu tradotta in lingua italiana da Franco Fortini – che rese il titolo in La prima radice – nel 1954 per le Edizioni di Comunità. La traduzione di Fortini fu ripubblicata – con l'espressione «essere umano» anziché «creatura umana» nel sottotitolo – nel 1990 dalla casa editrice SE e nel 1996 da Leonardo Editore. In questo saggio, la Weil propone una sorta di ricentramento della teoria e prassi politica attorno al tema dell'obbligo, del dovere. La nozione di obbligo sovrasta quella di diritto, che le è relativa e subordinata. Un diritto non è efficace di per sé, ma solo attraverso l'obbligo cui esso corrisponde; l'adempimento effettivo di un diritto non proviene da chi lo possiede, bensì dagli altri uomini che si riconoscono, nei suoi confronti, obbligati a qualcosa. L'obbligo è efficace allorché viene riconosciuto. L'obbligo, anche se non fosse riconosciuto da nessuno, non perderebbe nulla della pienezza del suo essere. Un diritto che non è riconosciuto da nessuno non vale molto. Dalla rivoluzione francese in avanti, la storia dell'Occidente, è stata una storia di una progressiva affermazione dei diritti: diritti naturali, diritti civili, diritti politici e sociali. La categoria del diritto è assurta negli ultimi secoli a baricentro del linguaggio politico, conoscendo una progressiva espansione semantica e un'estensione presso gruppi sociali sempre più numerosi. Ma, argomenta la Weil, il linguaggio dei diritti sottende una logica della forza; i diritti valgono nella misura in cui chi li rivendica ha la forza di imporli agli altri. L'esercizio di un diritto presuppone la forza di poterlo tradurre in atto, di porlo in essere. In un'Europa sconvolta dal secondo conflitto mondiale il linguaggio dei diritti - e la sottesa logica della forza - devono essere abbandonati in favore di un linguaggio dell'obbligo, del dovere, sotteso al quale la logica della debolezza. L'obbligo precede il diritto e fonda il diritto, non viceversa. Un diritto è tale ed è riconosciuto tale solo in virtù dell'obbligo cui esso corrisponde. Il suo adempimento proviene non dal titolare del diritto in questione, bensì da coloro che si sentono obbligati nei suo confronti. Un diritto che non fosse riconosciuto dagli altri, al quale non corrispondesse alcun obbligo, sarebbe di per sé inefficace. L'obbligo, quand'anche non trovasse un corrispettivo nel diritto dell'altro da me, non per questo cesserebbe di operare, non per questo perderebbe efficacia. Se il diritto pone chi lo rivendica in una posizione di forza, l'obbligo pone in una posizione di debolezza. L'obbligato è per definizione in dovere-di, è sempre mancanza-di rispetto a colui al quale ci sentiamo obbligati. L'obbligo ha sempre come oggetto persone concrete, mai entità astratte o collettività. Si tratta a ben vedere di una radicale conversione, una metànoia della teoria e prassi politica. Tale obbligo deve scaturire da un atteggiamento di profonda attenzione per l'altro, per ciascun essere umano, che la Weil, fedele all'etimo latino, chiama rispetto. Respicere (part. pass. respectum) significa infatti prendersi cura, avere riguardo, prestare attenzione, prestare ascolto. L'oggetto dell'obbligo, nel campo delle cose umane, è sempre l'essere umano in quanto tale. C'è obbligo verso ogni essere umano, per il solo fatto che è un essere umano, senza che alcun'altra condizione abbia ad intervenire; e persino quando non gliene si riconoscesse alcuno. [...] Quest'obbligo è eterno. Esso risponde al destino eterno dell'essere umano. Soltanto l'essere umano ha un destino eterno. Le collettività umane non ne hanno. Quindi, rispetto a loro, non esistono obblighi diretti che siano eterni. E' eterno solo il dovere verso l'essere umano come tale. Quest'obbligo è incondizionato. Se esso è fondato su qualcosa, questo qualcosa non appartiene al nostro mondo. Nel nostro mondo, non è fondato su nulla. E' questo l'unico obbligo relativo alle cose umane che non sia sottomesso a condizione alcuna. Quest'obbligo non ha un fondamento, bensì una verifica nell'accordo della coscienza universale. Ogni essere umano considerato nel suo valore assoluto, come fine e mai come mezzo. Una sorta di nuovo imperativo categorico, il valore assoluto di ogni essere umano come un fatto della ragione che si impone per la sua stessa auto-evidenza ad ogni coscienza. Questo significa rispetto, questa è l'origine degli obblighi secondo la Weil. Uno sguardo capace di profondità verso le cose, di fermarsi e soffermarsi sui volti, sui fatti; rispetto è pertanto atteggiamento opposto alla superficialità, ad uno sguardo che non guarda. Il rispetto consente di riconoscere quelli che sono i bisogni fondamentali di ogni essere umano. Il fatto che un essere umano possieda un destino eterno impone un solo obbligo, il rispetto. L'obbligo è adempiuto soltanto se il rispetto è effettivamente espresso, in modo reale e non fittizio; e questo può avvenire soltanto mediante i bisogni terrestri dell'uomo.La Weil procede in seguito ad una sorta di sistematizzazione dei bisogni fondamentali dell'essere umano. Anzitutto, vi sono i bisogni fisici: il nutrimento, l'abitazione, il vestiario, l'igiene, il caldo, le cure in caso di malattia, la protezione dalla violenza. Seguono, non meno importanti, i bisogni morali. Questi si distinguono dai desideri; i desideri sono illimitati e, per così dire, "insaziabili"; i bisogni morali, al pari dei bisogni fisici, possono invece essere soddisfatti e non conoscono un rimando ad libitum. Si dispongono per coppie di contrari e sono: ordine e libertà, ubbidienza e responsabilità, uguaglianza e gerarchia, onore e punizione, sicurezza e rischio, libertà di opinione e verità, proprietà privata e proprietà collettiva. A fondamento e coronamento di questo antropologia dei bisogni sta un bisogno principale, dalla Weil denominato bisogno di radicamento.
Guglielmo Forni Rosa (Bologna, 5 novembre 1938) è un docente e storico italiano.
L'ombra e la grazia (La pesanteur et la grâce) è una raccolta di pensieri della filosofa e mistica francese Simone Weil. Gustave Thibon li selezionò e ordinò per tematiche, attingendo dai diari scritti dalla Weil fra il 1940 e il 1942 (i cosiddetti Quaderni di Marsiglia). Fu la stessa Weil ad affidare i propri diari a Thibon, autorizzandolo a «leggerne i passi che vorrà a chi vorrà [...]. Se per 3 o 4 anni non sentirà parlare di me, se ne consideri interamente proprietario». Questa selezione fu pubblicata dalla casa editrice Plon nel 1947 e, secondo Georges Hourdin, «l'apparizione del volumetto suscitò immediatamente un'eco strepitosa nei lettori. Un soffio di purezza scorse improvviso su un'umanità che all'indomani della guerra non osava più guardarsi allo specchio».L'opera fu tradotta in lingua italiana da Franco Fortini (che rese il titolo in L'ombra e la grazia) nel 1951 per le Edizioni di Comunità. La traduzione di Fortini è stata ripubblicata nel 1985 dalla Rusconi e nel 2002 con testo originale a fronte dalla Bompiani.