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La Congregazione vallombrosana (pospongono al loro nome la sigla "O.S.B. Vall.") è una comunità di monaci benedettini fondata da san Giovanni Gualberto nel 1039, che prende il nome dalla località di Vallombrosa. Fra i centri vallombrosani nel nord-Italia vanno ricordati: l'abbazia di San Mercuriale di Forlì, che rimase a quest'Ordine dal 1176 fino alle soppressioni napoleoniche, e il monastero di Astino di Bergamo. A Firenze, i vallombrosani amministravano la chiesa di San Salvi e la chiesa di San Bartolomeo nella Badia a Ripoli, ma la chiesa più importante che i vallombrosani gestiscono è quella fiorentina di Santa Trinita. I monaci vallombrosani si sono distinti, nel corso dei secoli, per la lotta contro la simonia, contro la corruzione e la mondanità della Chiesa; è attribuita a loro l'istituzione della figura dei monaci conversi, che secondo alcuni autori, invece, dovrebbe essere attribuita ai cistercensi. I vallombrosani sono da sempre sensibili alla tutela del creato e, in particolare, possono ritenersi dei veri e propri "monaci forestali" dato che per lungo tempo (dall'XI al XIX secolo) hanno gestito la foresta di Vallombrosa. I monaci coltivavano l'abete bianco in purezza, applicando la tecnica selvicolturale - da loro codificata - del "taglio raso con rinnovazione artificiale posticipata", che da Vallombrosa si irradiò in tutta Europa. Dal 1866, a seguito dell'incameramento dei beni ecclesiastici da parte del Regno d'Italia, la foresta di Vallombrosa è gestita dall'amministrazione forestale dello Stato a cui si deve la riclassificazione in "Riserva naturale statale biogenetica" avvenuta nel 1977. In particolare, fino al 2003 è stata amministrata dall'Azienda di Stato per le foreste demaniali e da tale anno, con l'inserimento dell'Azienda nella struttura del Corpo forestale dello Stato, dal Corpo medesimo che la amministra a mezzo dell'Ufficio territoriale per la biodiversità di Vallombrosa, appositamente costituito. Nel XX secolo, infatti, nel secondo dopoguerra san Giovanni Gualberto è stato proclamato "Celeste principale Patrono presso Dio del Corpo Forestale" (la forza di polizia specializzata nella repressione dei reati commessi in danno all'ambiente e al territorio) e di tutti i selvicoltori italiani. Abate generale della Congregazione è il reverendissimo padre Dom Giuseppe Casetta OSB. Padre bibliotecario ed archivista è il padre Pierdamiano Spotorno OSB. Il maggiore esperto della storia congregazionale è il professor Francesco Salvestrini dell'Università di Firenze.
L’Abbazia di Vallombrosa si trova nell'omonima località del comune di Reggello, in provincia di Firenze e diocesi di Fiesole. Nel novembre del 1950 papa Pio XII elevò la chiesa abbaziale alla dignità di basilica minore.
Vallombrosa è un toponimo che indica sia una foresta - la Riserva Naturale Statale Biogenetica - posta sulle pendici sud del Pratomagno, sia una località, posta all'interno di tale foresta, nel territorio del comune di Reggello. Vi è ubicata la stazione meteorologica di Reggello Vallombrosa.
L'Ordine cistercense (in latino Ordo cisterciensis, sigla O.Cist.) è un ordine monastico di diritto pontificio. Ebbe origine dall'abbazia di Cîteaux (in latino Cistercium), in Borgogna, fondata da Roberto di Molesme nel 1098. Sorse all'interno della congregazione cluniacense, dal desiderio di maggiore austerità di alcuni monaci e da quello di ritornare alla stretta osservanza della regola di san Benedetto e al lavoro manuale. L'ordine è organizzato in monasteri autonomi riuniti in congregazioni monastiche, ciascuna delle quali dotata di costituzioni proprie, ed è retto da un abate generale residente a Roma.
L'Ordine di San Benedetto (in latino Ordo Sancti Benedicti) è una confederazione che riunisce congregazioni monastiche e monasteri autonomi che perpetuano l'ideale religioso del monachesimo benedettino in conformità con la regola e lo spirito di san Benedetto; i monaci benedettini pospongono al loro nome la sigla O.S.B.Le origini del monachesimo benedettino risalgono alla fondazione, attorno al 529, del cenobio di Montecassino a opera di san Benedetto da Norcia. La regola redatta da Benedetto per la sua comunità si diffuse rapidamente anche grazie al sostegno di papa Gregorio Magno e venne adottata, spesso accanto ad altre, da numerosi monasteri europei: si affermò definitivamente nell'817, quando il capitolare monastico di Aquisgrana, di cui fu ispiratore Benedetto d'Aniane, la impose a tutti i monasteri franco-germanici.I monasteri benedettini, tutti autonomi, iniziarono a riunirsi in congregazioni nel X secolo. Nel 1893 papa Leone XIII ha riunito le congregazioni e i monasteri benedettini in una confederazione sotto la presidenza di un abate primate residente nel monastero di Sant'Anselmo all'Aventino a Roma.
Bruno Tozzi (Montevarchi, 27 novembre 1656 – Vallombrosa, 29 gennaio 1743) è stato un religioso, botanico e micologo italiano. Figlio di Francesco di Simone Tozzi di origini montevarchine ma cittadino di Firenze, Bruno nacque comunque a Montevarchi; nonostante questo, molti dei vari elogi a lui dedicati lo vogliono, per ovvie ragioni, fiorentino. Vestì l'abito vallombrosano il 5 maggio 1676 «e ben presto ottenne dal suo raro talento, e dalla sua applicazione indefessa una vasta cognizione degli studj sacri, e profani, che lo fecero risguardare per un singolare ornamento della sua Congregazione». Avvicinatosi alle scienze naturali grazie alle influenze del confratello, e botanico, Virgilio Falugi «a simiglianza de' Filosofi più accreditati dell'antichità intraprese molti disastrosi viaggi nelle Alpi d'Italia, nelle diverse spiagge del Mare Toscano e Adriatico e nelle isole adiacenti, osservando minutamente i tesori più segreti della natura, che appariscono negl'insetti, ne' vegetabili, e nelle miniere, e del tutto prendendo quelle rarità, che adornare dovevano il suo scelto Museo, e servire di abbondante materia al suo studio». E non solo «più viaggi egli intraprese per valli e monti scoscesi, onde raccoglier piante ed oggetti di mineralogia come fece» ma anche «a tutto ciò aggiunse una vasta e scelta Biblioteca di libri a questa scienza appartenenti. Istruitosi nell'arte del disegno dipinse le figure di quelle piante, delle quali non poté con altro mezzo ottenere lo scheletro, e con ciò si condusse, ajutato poi anche dai più rinomati Botanici, a scuoprir nuove piante e ad illustrar con critico esame quelle, che negli scritti di pochi trovavansi oscuramente registrate, onde ne formò quelle mirabili sceltissime raccolte di scheletri, di miniature e di osservazioni, che oltre al servire di raro e nobile ornamento alla sua insigne Biblioteca». Biblioteca preziosissima a quanto pare perché costituita da libri rari e pezzi unici. Richiamato successivamente a Vallombrosa, ricoprì l'incarico di Segretario Generale dell'Ordine Vallombrosano, posto che gli aprì poi le porte per essere nominato, nell'ordine, abate della casa madre, visitatore apostolico e infine procuratore generale dei vallombrosani presso la Santa Sede. «Nel mezzo di tante cure però non interruppe giammai l'erudite sue applicazioni, colle quali si conciliò tanta fama, che non solo la società Bottanica di Firenze, ma la stessa società Reale di Londra l'onorarono della propria stima, aggregandolo con applauso universale al numero de' loro Colleghi». O per meglio dire «chiamato egli a Londra come Professore di Botanica con l'assegno di 2 mila scudi, non accettò così onorevole e lucroso posto attesa la sua avanzata età [...] e si contentò di essere ascritto alla Reale Società, come lo fu pure a quella di Botanica istituita in Firenze». Fu maestro ed amico del celebre naturalista Pier Antonio Micheli il quale nel 1729 ringraziò il suo precettore, e compagno di innumerevoli viaggi, inserendo una delle erbe scoperte dal Tozzi nella sua opera "Nuovi generi di piante" e dandole appunto il nome di Tozzia. Non scoprì però solo quell'erba in quanto «le sue cognizioni in botanica gli fecero rendere un servigio più essenziale, non dirò all'umanità, ma alla sensualità dei suoi concittadini, poiché fra la multitudine dei funghi che crescono spontanei nella foresta di Vallombrosa , scoperse quelli chiamati dormienti dallo stare riuniti in piccole famiglie, e nascosti sotterra. Il buon romito rese nota la loro ottima qualità, esponendosi con pericolo il primo a farne la prova». Dunque «i Religiosi Vallombrosani, che a gara con gl'Esteri s'interessavano nelle glorie del P. Tozzi desiderarono di promuoverlo al posto supremo di Generale; ma troppa era la di lui inclinazione agli studi per non lasciarsi vincere dall'amor del comando. Pregò egli di poter deporre i suoi impieghi, e con eroica costanza vincendo la renitenza, e le persuasive de' suoi amici, si ritirò l'anno 1730 nelle Celle di Vallombrosa per ivi dar compimento a' suoi studi». «Tralle altre sue fatiche sappiamo esservi una copiosissima Raccolta di Funghi, i quali dipinti tutti со' loro veri colori, e figure, formano grossi volumi, degnissimi d'esser collocati in qualche nobile Biblioteca per la loro sicura conservazione». Oggi sono infatti conservati alla Biblioteca Nazionale di Firenze. «Si era egli presa cura di cercare e scuoprire con ogni diligenza le piante, che si producono pella Toscana, alla quale impresa ha conferito molto la sua dimora ne' Monasteri di campagna, avendo insino voluto finire i suoi giorni nel Romitorio delle Celle di Vallombrosa, elevato sull'altezza della montagna, in distanza di circa mezzo miglio dall'Archicenobio della loro Congregazione. Era egli uomo d'alta statura, di complessione forte, di colore acceso, di capello nero, di volto rotondo; e garbato, ed affabile. La perfezione del suo temperamento l'ha condotto sino all'estrema vecchiezza in buono stato di corpo e di mente, essendo morto quasi nonagenario, con lasciare una scelta libreria della sua professíone, la quale è passata nella Biblioteca del Monastero di Vallombrosa, insieme cogli Erbarj viventi, che egli avea messi insieme». Monastero di Vallombrosa dove, la sua biblioteca, è consultabile ancora adesso.
Biagio Milanesi (Firenze, 8 dicembre 1445 – Roma, 22 luglio 1523) è stato un religioso italiano. La figura dell'abate Biagio Milanesi è stata tra le più importanti nella storia della Congregazione vallombrosana, per la sua azione spirituale ed innovatrice, per i suoi rapporti con l'Umanesimo fiorentino e, non ultimo, per il suo ruolo di mecenate d'arte.
Si denomina architettura cistercense quella sviluppata dai monaci cistercensi nella costruzione delle loro abbazie a partire dal XII secolo, momento dell'espansione iniziale di questo ordine religioso. L'ordine cistercense nacque come una riforma di quello cluniacense, con il desiderio di eliminare tutto il peso che esercitavano nella vita temporale. Per questo cercano il deserto come luogo di collocazione per i loro monasteri. Ma la verità è che l'organizzazione perfetta del lavoro sarebbe terminata in ricchezza, e l'ordine sarebbe stato vittima del difetto che aveva censurato in origine. Le costruzioni dell'architettura cistercense prescindono dagli ornamenti, in consonanza con i precetti di rigoroso ascetismo e povertà del suo ordine, conseguendo spazi concettuali, netti e originali. Il suo stile si iscrive nella fine del romanico, con elementi del gotico iniziale, quello che si è chiamato "stile di transizione". L'ordine, seguendo la Regola benedettina, osserva l'isolamento e la clausura, per cui quest'arte si sviluppa in costruzioni interne per l'uso dei monaci: chiesa, chiostro, refettorio o sala capitolare. Questi ambienti si trovano disposti generalmente nella stessa maniera. L'espansione dell'ordine fu diretta dal Capitolo Generale, integrato da tutti gli abati, applicando un programma prestabilito nella costruzione dei nuovi monasteri. Il risultato fu una grande uniformità nelle abbazie di tutta Europa. La sua figura decisiva fu Bernardo di Chiaravalle. Pianificò e diresse il disegno iniziale (Chiaravalle II, a partire dal 1135), influì sul programma dell'ordine e partecipò attivamente alla costruzione di nuove abbazie. Alla sua morte nel 1153, l'ordine ne aveva fondate 343. In Italia vi sono notevoli costruzioni cistercensi, che permangono molto ben conservate.
L'abbazia di Cluny fu fondata nell'omonimo paese dell'allora regione della Borgogna il 2 settembre 909 (o meno probabilmente nel 910), quando il duca di Aquitania e conte d'Alvernia (nella Francia centrale), Guglielmo I detto il Pio, fece dono di un grande possesso fondiario a un abate, Bernone, che fu incaricato di costruirvi un monastero.Rinunciando a qualsiasi diritto personale sulla nuova istituzione, Guglielmo I mise il monastero sotto la diretta autorità del papa. L'abbazia, che adottò la Regola benedettina, e la sua costellazione di dipendenze acquisirono presto grandissima rilevanza politica ed economica e giunsero ad esemplificare il tipo di vita religiosa caratteristico del X e dell'XI secolo. Lo stesso monastero di Cluny divenne la più famosa, prestigiosa e sovvenzionata istituzione monastica d'Europa. La maggior influenza cluniacense si ebbe a partire dalla seconda metà del X secolo fino ai primi anni del XII. Nell'abbazia è inoltre inumato papa Gelasio II.