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Vita e destino è un romanzo di Vasilij Grossman, opera letteraria fiume sulla guerra contro Hitler dai toni tolstoiani ed epici. Formalmente è la continuazione di Per la giusta causa, romanzo solenne sulla Battaglia di Stalingrado, vissuta dallo scrittore interamente al fronte come corrispondente della rivista dell'esercito sovietico Stella Rossa; benché ancora avvolto dal torpore fideistico nel regime sovietico, il testo addensò comunque sull'autore gli strali della critica ufficiale che imputava al libro "peccati" ideologici. Al contrario, Vita e destino si trasformò nel suo opposto, sia per la concezione che per la qualità: egli operò, all'interno del regime totalitario, il passaggio dall'antifascismo totalitario, ossia antidemocratico, all'antifascismo democratico, quindi antitotalitario. Frutto di una lenta maturazione personale, fu favorita dal fatto che egli, dopo la fine della guerra, vide tradite le speranze, sua e di tutti i sovietici, in un miglioramento del regime comunista, e fu dolorosamente colpito dalla subdola campagna antisemita dilagante al tempo. Cosa inaudita al tempo del canone socialrealista, Grossman si permise di mettere a confronto il genocidio dei lager nazisti con quello dei gulag sovietici, denunciando le profonde affinità tra nazismo e comunismo sovietico. Ciò era intollerabile per il regime di Mosca, il quale, dopo la morte di Stalin, propalava la tesi dello stalinismo come degenerazione della rivoluzione comunista, mentre Grossman demoliva l'edificio ideologico stesso sul quale si appoggiava la nomenklatura. Era questa la «bomba atomica» temuta dal regime. Portato alla redazione di una rivista sovietica per la pubblicazione, destò le ire di Kruscev, a cui Grossman, ingenuamente, scrisse per ottenerne l'appoggio. Vita e destino fu bandito nell'URSS come Il dottor Živago e la polizia politica sequestrò tutte le copie dattiloscritte. Pubblicato postumo nel 1980 in Svizzera, dopo vicende fortunose, il romanzo fu emarginato anche in Occidente.
La chiave a stella è un romanzo di Primo Levi pubblicato nel 1978, che rinnova il filone della letteratura industriale in voga negli anni Sessanta. Con quest'opera Primo Levi si aggiudica il Premio Strega del 1979.
L' armata tradita è un romanzo dello scrittore tedesco Heinrich Gerlach; racconta in forma romanzata la battaglia di Stalingrado alla quale l'autore partecipò come ufficiale dello stato maggiore di una divisione della Wehrmacht.
Il Volga si getta nel Caspio, in russo Volga vpadaet v Kaspijskoe more, è un romanzo di Boris Andreevič Pil'njak, la cui stesura risale al 1929, pubblicato nel 1930. Generalmente viene classificato dalla critica come opera minore e mediocre, essendo la sua redazione legata al tentativo da parte dello scrittore russo di riabilitare la sua figura di intellettuale e artista, compromessa dall'uscita di un'opera precedente, Mogano, attaccata con veemenza dalla censura stalinista. Tuttavia, c'è chi ha rilevato una maggiore complessità nella sua trama che andrebbe oltre la lode incondizionata delle imponenti opere di edilizia messe in atto dal regime comunista. Il Volga si getta nel Caspio ha per cornice una vecchia provincia russa coinvolta nella grandiosa opera di sovvertimento del corso dei fiumi. Una folla di contadini e borghesi si aggrappa disperatamente ai margini di un mondo che scompare, e l'autore ci mostra la resistenza ostinata e votata all'insuccesso degli individualisti contro i collettivisti, lasciando trasparire un attaccamento nostalgico alla vecchia Russia. È una specie di rapporto scritto da un grande narratore sulla vita politica e familiare di queste due Russie, quella che scompare e quella che si impone. E proprio questa profonda tensione che si traduce in vera e propria scissione culturale, ha scatenato in Urss la sanguinosa repressione del potere, lotta dura tesa a estirpare le radici del passato e il sentimento che legava ad esso un popolo intero. Tale era appunto la posta in gioco: il rinnovamento da contrapporre a un passato sentito come primitivo e ingombrante. Ma nella folla di uomini e donne, che sembra riflettersi nella corrente stessa dei fiumi, trascinante o costretta a fluire regolata dagli sbarramenti delle dighe, si intravede sopravvivere tenacemente l'anima immortale della grande Russia millenaria. Dunque, anche in quest'opera, pur in superficie così celebrativa e articolata sui temi che più erano cari al regime, scorrerebbe l'inquietudine tipica dell'espressività di Pil'njak, un nodo strettamente intrecciato di ossessioni, timori, incertezze che risalgono soprattutto nei pensieri notturni dei personaggi, la cui psicologia si manifesta in una sorta di flusso di coscienza, nel quale non si può non scorgere la tecnica degli autori occidentali contemporanei letti dallo scrittore.