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La teoria dei colori (in tedesco Zur Farbenlehre) è un saggio scritto da Johann Wolfgang von Goethe nel 1810 e pubblicato a Tubinga. Goethe, pur essendo conosciuto come uno dei più importanti scrittori e poeti di tutti i tempi, sosteneva egli stesso di aver dato molta più importanza ai propri lavori scientifici, incentrati specialmente sullo studio delle piante e appunto dei colori, che a tutte le sue creazioni letterarie. Secondo Goethe del resto, «la scienza è uscita dalla poesia», come da lui affermato nella Metamorfosi delle piante. Confidò in proposito al suo amico Johann-Peter Eckermann: Goethe afferma che non è la luce bianca a scaturire dalla sovrapposizione dei colori, bensì il contrario; i colori non sono «primari», ma consistono in un offuscamento della luce, o nell'interazione di questa con l'oscurità. L'opera di Goethe è stata un importante stimolo sia per considerazioni filosofiche sul colore sia per lo sviluppo della scienza della colorimetria.
Il termine fenomeno (dal greco antico: , fain menon, che appare ) riferito a tutto quello che si presenta come oggettivamente costituito all'osservatore che quindi lo pu cogliere attraverso l'apparato sensibile. Genericamente per il lemma pu indicare anche un'immagine a cui non corrisponde una realt sensibile come accade per i fenomeni interiori, le emozioni, i sentimenti, gli stati d'animo che si esprimono nei gesti, nel linguaggio delle parole e delle arti. . La parola fenomeno viene usata anche in riferimento a una manifestazione collettiva o storica che necessita di una spiegazione: per esempio l'immigrazione dai paesi poveri verso i paesi ricchi un fenomeno sociale; la crescita dei prezzi un fenomeno economico; la diffusione dell'inglese o dei computer infine un fenomeno culturale. . Nel linguaggio comune il termine viene usato anche nel senso di ci che si manifesta come fuori dall'ordinario, dal consueto ordine naturale.
Con la transizione di fase dallo stato liquido a quello solido, l'acqua tende a configurarsi in cristalli di ghiaccio, vale a dire in formazioni la cui struttura spaziale mostra una disposizione ordinata rigida e regolare, osservabile a varie scale dimensionali. A livello molecolare, l'acqua in fase solida (ghiaccio) può assumere una vasta gamma di forme, sia stabili sia metastabili, cristalline o amorfe, con una varietà e ampiezza che non si riscontra in nessun altro materiale. Si conoscono circa una ventina di forme assunte nel processo di cristallizzazione, due solo delle quali si osservano nelle condizioni ambientali della biosfera (una delle quali, quella a simmetria esagonale, risulta la forma dominante e quasi esclusiva, se si eccettuano occasionali eccezioni in alta atmosfera), mentre tutte le altre sono ottenute in particolari condizioni ricreate in laboratorio. Si è anche ipotizzata l'esistenza di ulteriori forme cristalline che, sebbene non osservate in natura né prodotte in laboratorio, sono ritenute possibili (o almeno non impossibili) sulla base dei risultati di simulazioni al computer tramite modelli matematici molecolari. L'utilità pratica di tali forme di ghiaccio dipende, ovviamente, dal confronto con i dati sperimentali e dalla loro ottenibilità in laboratorio. Tra gli stati cristallini ipotetici e immaginati, ve n'è anche uno che ha sola consistenza letteraria, il Ghiaccio-nove (da non confondere con il ghiaccio IX), un espediente narrativo creato da Kurt Vonnegut, la cui eventuale fattibilità in laboratorio, esclusa dagli studiosi, potrebbe metterebbe in mano, a un ipotetico scienziato pazzo, il potere di distruggere l'intera antroposfera, ghiacciandola per intero. Su scale macroscopica, numerose sono le forme osservabili nella biosfera, spesso connotate da affascinanti simmetrie (com'è il caso, ad esempio, delle geometrie frattali dei fiocchi di neve): tra queste forme macroscopiche vi sono le colonne esagonali, le placche esagonali, le dendriti cristalline, gli aghi, e la polvere di diamante. L'interazione dei cristalli di ghiaccio con la radiazione elettromagnetica nell'atmosfera è all'origine di particolari fenomeni ottici conosciuti e indagati fin dall'antichità.
I colori primari sono un insieme di colori che sono scelti per produrre, attraverso la loro combinazione per sintesi additiva o sottrattiva, una gamma di altri colori. Nel caso di sintesi additiva, i colori primari (detti anche "colori primari additivi") sono due o più fasci luminosi che singolarmente producono sensazioni di colore distinte e che, pervenendo insieme, o in rapida successione, all'apparato visivo umano, producono la sensazione di altri colori (ad esempio un fascio rosso e uno verde, la cui combinazione produce la sensazione di giallo). Nel caso di sintesi sottrattiva, i colori primari (detti anche "colori primari sottrattivi") sono due o più colori che singolarmente producono sensazioni di colore distinte. Tale differenza, nel caso di coloranti o pigmenti, è dovuta al fatto che tali sostanze assorbono, cioè sottraggono, bande diverse dello spettro visibile alla luce che li colpisce (normalmente bianca), e che, mescolati o sovrapposti, producono la sensazione di altri colori (ad esempio un inchiostro giallo e uno magenta che producono combinati insieme la sensazione di rosso). La dizione "colore primario" è stata usata in passato sia con riferimento alla sola sintesi additiva sia con accezioni diverse.
L'ametista è una varietà violacea di quarzo, spesso associata a rocce basaltiche subalcaline, sin dal 3000 a.C., in Egitto, Sudafrica e in Mesopotamia, una delle gemme più utilizzate per la creazione di gioielli, sigilli e intagli. Il termine deriva dal greco améthystos che significa "non ebbro".