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Pavia (IPA: [pa'vi:a], ; [pɐ'vi:ɐ] in dialetto pavese) è un comune italiano di 71 171 abitanti, capoluogo della provincia omonima in Lombardia. Posta 34 km a sud di Milano, lungo la Via Francigena e sulle rive del fiume Ticino, poco a nord dalla confluenza di quest'ultimo nel Po, la città affonda le sue origini all'epoca delle tribù galliche; successivamente divenne municipium romano con il nome di Ticinum. Nel Medioevo fu capitale per due secoli del regno longobardo e poi, dal 774 al 1024, capitale del Regno Italico e dal 1361 è sede di un'università. Le origini antiche e un passato storico di rilievo hanno lasciato in eredità a Pavia un ragguardevole patrimonio artistico: fra le principali attrazioni turistiche si annoverano il Castello Visconteo, la basilica di San Pietro in Ciel d'Oro, la Pinacoteca Malaspina, il Duomo, la basilica di San Michele Maggiore e il Ponte Coperto. La città è inoltre il capoluogo di una provincia dedita soprattutto all'agricoltura, in particolare a viticoltura, risicoltura e cerealicoltura; poche sono le industrie.
Ippolito di Giuliano de' Medici (Urbino, marzo 1511 – Firenze, 10 agosto 1535), unico figlio, per di più illegittimo, di Giuliano de' Medici, duca di Nemours, fu un cardinale e un arcivescovo italiano, che governò come "capo della città" di Firenze fino alla "terza cacciata dei Medici" nel 1527 e che partecipò alla spedizione dell'imperatore Carlo V d'Asburgo contro i Turchi del 1532. Bello d'aspetto e ricco d'ingegno e di cultura, autore di rime, traduttore in versi sciolti del II libro dell'Eneide, che dedicò all'amica Giulia Gonzaga, irrequieto, ambizioso, circondato di poeti, di eruditi, di artisti, di musici, ma anche "de bravi et sbricchi" questo "diavolo matto" fu tra le più bizzarre figure della sua epoca.
La guerra d'Italia del 1521-1526, nota anche come guerra dei quattro anni, fu parte delle guerre d'Italia. La guerra vide il re di Francia Francesco I e la Repubblica di Venezia affrontare una coalizione costituita dal Sacro Romano Impero di Carlo V, il Regno d'Inghilterra di Enrico VIII e lo Stato Pontificio. Il conflitto fu causato dall'animosità scaturita dall'elezione di Carlo come imperatore nel 1519-1520 e dalla necessità di papa Leone X di allearsi con Carlo contro Martin Lutero. La guerra scoppiò in tutta l'Europa occidentale alla fine del 1521, quando una spedizione francese tentò la riconquista del Regno di Navarra mentre un'armata francese invadeva i Paesi Bassi. Truppe spagnole ricacciarono i francesi verso i Pirenei e le altre forze imperiali attaccarono il nord della Francia venendo bloccati dai francesi. Il papa, l'Imperatore ed Enrico VIII firmarono un'alleanza formale contro la Francia e così iniziarono le ostilità nella penisola italiana. Durante la battaglia della Bicocca le forze imperiali e papali sconfissero i francesi che furono respinti verso la Lombardia. Dopo la battaglia i combattimenti si spostarono sul suolo francese, mentre Venezia firmò una pace separata. L'Inghilterra invase la Francia nel 1523 mentre Carlo III di Borbone, preoccupato per i tentativi di Francesco di cogliere la sua eredità, lo tradì alleandosi con l'Imperatore. Un tentativo francese di riconquistare la Lombardia, nel 1524, fallì dando così ai Borboni l'opportunità di invadere la Provenza alla testa di un'armata spagnola. Nel 1525 Francesco stesso condusse un secondo attacco su Milano che, anche se inizialmente fece indietreggiare le forze spagnole e imperiali, si concluse con la sconfitta disastrosa alla battaglia di Pavia, dove Francesco venne fatto prigioniero e molti dei suoi principali comandanti vennero uccisi. La battaglia portò alla fine della guerra. Con Francesco imprigionato, prima a Pizzighettone e poi in Spagna, iniziarono una serie di manovre diplomatiche incentrate sulla sua liberazione. Tra queste una speciale missione francese inviata dalla madre di Francesco, Luisa di Savoia, alla corte di Solimano il Magnifico, che avrebbe comportato un ultimatum a Carlo da parte dell'Impero ottomano, un'alleanza senza precedenti tra cristiani e musulmani che avrebbe causato uno scandalo nel mondo cristiano. Solimano colse l'occasione per invadere l'Ungheria nell'estate del 1526 sconfiggendo gli alleati di Carlo alla battaglia di Mohács ma, nonostante questi sforzi, Francesco avrebbe firmato il trattato di Madrid cedendo le sue pretese in Italia, Fiandre e Borgogna. Solo poche settimane dopo il suo rilascio, tuttavia, egli ripudiò i termini del trattato dando così vita alla guerra della Lega di Cognac. Anche se le guerre italiane continuarono per altri tre decenni, alla Francia non riuscì di riconquistare i territori perduti in Italia.
Ludovico di Giovanni de' Medici, detto Giovanni delle Bande Nere o dalle Bande Nere (Forlì, 6 aprile 1498 – Mantova, 30 novembre 1526), è stato un condottiero italiano del Rinascimento ed esponente del ramo cadetto Popolano (o Trebbio) della famiglia Medici.
Georg von Frundsberg (Mindelheim, 24 settembre 1473 – Mindelheim, 20 agosto 1528) è stato un condottiero tedesco e comandante-riformatore dei lanzichenecchi al servizio della dinastia imperiale austriaca degli Asburgo.
Francesco I di Francia (nato François d'Orléans; Cognac, 12 settembre 1494 – Rambouillet, 31 marzo 1547) fu re di Francia dal 1515 fino alla morte. Figlio di Carlo di Valois-Angoulême (1459 - 1º gennaio 1496) e di Luisa di Savoia (11 settembre 1476 - 22 settembre 1531), fu il primo della dinastia regale dei Valois-Angoulême, che si estinguerà nel 1589 con la morte del nipote Enrico III. Succedette sul trono di Francia a suo cugino e suocero Luigi XII, che era morto senza lasciare figli maschi. Prodigioso mecenate delle arti, diede un forte impulso al Rinascimento francese, attirando nel castello di Chambord molti artisti italiani, tra cui Leonardo da Vinci. Il regno di Francesco vide importanti cambiamenti culturali con l'ascesa della monarchia assoluta in Francia, la diffusione dell'umanesimo e del protestantesimo e l'inizio dell'esplorazione francese del Nuovo Mondo. Jacques Cartier, Giovanni da Verrazzano e altri esploratori rivendicarono terre nelle Americhe per la Francia e spianarono la strada all'espansione del primo impero coloniale francese. Per il suo ruolo nello sviluppo e nella promozione di una lingua francese divenne noto come “Le Père et Restaurateur des Lettres” (il "Padre e Restauratore delle lettere"). Fu anche conosciuto come “François du Grand Nez” ("Francesco dal grande naso") e “Le Roi-Chevalier” ("il Re Cavaliere") per via del suo coinvolgimento personale nelle guerre, partecipazione che gli costò anche la prigionia a Madrid in seguito alla sconfitta nella battaglia di Pavia. Seguendo la politica dei suoi predecessori, Francesco continuò le guerre italiane. Interessato ai territori del Ducato di Savoia e al controllo del Ducato di Milano, l'obiettivo principale era quello di indebolire Carlo V, re di Spagna e imperatore del Sacro Romano Impero, titolo quest'ultimo conteso proprio tra il francese e l'Asburgo. Allo scopo di fronteggiare l'egemonia del rivale, cercò dapprima il sostegno di Enrico VIII d'Inghilterra nell'incontro del campo del Drappo d'Oro e, successivamente, formò un'alleanza franco-ottomana con il sultano musulmano Solimano il Magnifico, una mossa controversa per un re cristiano dell'epoca.
Caterina Sforza (Milano, 1463 circa – Firenze, 28 maggio 1509) fu signora di Imola e contessa di Forlì, prima con il marito Girolamo Riario, poi come reggente per il figlio primogenito Ottaviano Riario. Figlia illegittima (poi legittimata) del duca Galeazzo Maria Sforza e dell'amante Lucrezia Landriani, Caterina crebbe nella raffinata corte di Milano. Si distinse fin da giovane per le azioni coraggiose e temerarie che mise in atto per salvaguardare da chiunque i propri titoli e onori, così come i propri possedimenti, quando i suoi Stati vennero coinvolti negli antagonismi politici. Nella vita privata si dedicò a svariate attività, fra le quali primeggiarono gli esperimenti di alchimia e la passione per la caccia e la danza. Negli affetti familiari fu un'attenta e amorevole educatrice per i suoi numerosi figli, dei quali solo l'ultimo, il famoso capitano di ventura Giovanni delle Bande Nere (nato Ludovico de' Medici), ereditò dalla madre la forte personalità. Fu piegata, dopo un'eroica resistenza, dalla furia conquistatrice di Cesare Borgia. Imprigionata a Roma, dopo aver riacquistato la libertà, condusse una vita ritirata a Firenze. Negli ultimi anni della sua vita confidò a un frate: «Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo».
Le Brigate nere furono un corpo ausiliario volontario delle Forze Armate della Repubblica Sociale Italiana, organizzato dal Partito Fascista Repubblicano, che operò in Italia settentrionale dagli inizi di luglio del 1944 fino al termine della seconda guerra mondiale con compiti di antiguerriglia. Il corpo fu istituito il 30 giugno 1944 col decreto legislativo 446-XXII con il nome di Corpo Ausiliario delle Squadre d'Azione delle Camicie Nere ed era costituita da iscritti al Partito Fascista Repubblicano arruolatisi su base volontaria. Furono costituite 41 Brigate Nere territoriali (una per provincia), intitolate ciascuna a un caduto del fascismo repubblicano. A esse si affiancavano 5 Brigate mobili (di cui una alpina) e 12 Brigate autonome e speciali. Le federazioni provinciali del partito furono convertite in comandi di brigata, diretti dai rispettivi segretari federali, mentre la segreteria nazionale del PFR assumeva le funzioni di Ufficio di Stato Maggiore del Corpo. Comandante generale del Corpo fu, sin dall'inizio, il segretario del partito fascista Alessandro Pavolini.
La battaglia di Cremona fu uno scontro fluviale che si svolse nell'ambito delle guerre che opposero la Repubblica di Venezia ed il Ducato di Milano durante le Guerre di Lombardia.