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Lèvane è una frazione divisa tra il comune di Bucine e quello di Montevarchi, in provincia di Arezzo. Da sempre piccola unità abitativa rurale sorta lungo la strada reale, poi regia postale aretina e infine strada statale 69 di Val d'Arno, e poche altre case sparse, negli ultimi decenni si è trasformata in una realtà urbana di una certa consistenza con la continua edificazione di nuovi quartieri residenziali e la conseguente sempre maggiore facilità di accesso a servizi pubblici e privati. Tant'è che dagli 85 abitanti che risultavano al catasto fiorentino nel 1427, si è passati ai 1300-1600 di metà ottocento per raggiungere i circa 6000-7000 residenti attuali suddivisi in due comuni, Montevarchi (la parte più popolosa) e Bucine. Uno sviluppo demografico che è andato di pari passo col crescere e il differenziarsi dell'economia cittadina. Da terra di fattorie signoriali, come quelle di Levanella dei Pitti e degli Strozzi, e di mezzadria, soprattutto in età medicea e granducale, a partire dagli inizi del XX secolo fu protagonista di un fiorire graduale di piccole imprese e attività industriali. Così da attività di mero artigianato, come la quattrocentesca produzione di terrecotte o le attività di trattamento della lana, e di commercio legate all'agricoltura, come l'altrettanto antica fiera annuale vaccina del primo martedì di agosto, e al passaggio di diligenze e convogli, come la stazione di posta o l'osteria o la locanda, si aprì alla produzione manifatturiera su scala industriale. La prima fu, nel 1906, la filanda di seta che occupò fino a settanta dipendenti e chiuse solo dopo la fine della Seconda guerra mondiale. In seguito ne arrivarono altre. Oggi, a differenza di altri centri del Valdarno che hanno preferito puntare sulla specializzazione monoproduttiva, Levane presenta una variegata gamma di attività imprenditoriali che spaziano in settori anche molto distanti tra loro come il tessile, il metalmeccanico, la logistica, il commercio, le forniture all'ingrosso, il turismo, il mobiliere, il florovivaistico e gli allevamenti.
L'eccidio di Civitella fu una strage compiuta dalle truppe naziste il 29 giugno 1944 nelle località di Civitella in Val di Chiana, Cornia e San Pancrazio di Bucine, in provincia di Arezzo, che cagionò l'uccisione di 244 civili.
L'unione di comuni è un ente italiano disciplinato dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, che attua la legge 3 agosto 1999, n. 265, in particolare dall'articolo 32. L'ente è costituito da due o più comuni per l'esercizio congiunto di funzioni o servizi di competenza comunale. L'unione è dotata di autonomia statutaria nell'ambito dei principi fissati dalla Costituzione e dalle norme comunitarie, statali e regionali. Il D.Lgs. 267/2000 la definisce come un ente locale, ma la sentenza della Corte costituzionale n. 50 del 2015 precisa che si tratta di una forma istituzionale di associazione tra comuni. Alle unioni di comuni si applicano, per quanto compatibili, i princìpi previsti per l'ordinamento dei comuni, con specifico riguardo alle norme in materia di composizione e numero degli organi dei comuni, il quale non può eccedere i limiti previsti per i comuni di dimensioni pari alla popolazione complessiva dell'ente. Il TAR del Lazio con la sua ordinanza nr. 1027 del 20 gennaio 2017 ha rinviato alla Corte Costituzionale l'obbligo di esercizio associato delle funzioni per i piccoli Comuni ritenendo non “manifestamente infondata” l'incostituzionalità di questo obbligo.
Il Constitutum Vicecomitatus Vallis Ambrae, meglio noto come Statuto della Val d'Ambra, fu redatto nel 1208 per ordine del conte Guido Guerra III ed era la costituzione politica del Viscontado della Val d'Ambra, sottoregione amministrativa dei possedimenti dei conti Guidi creata appunto nel 1208 scorporandola dal Viscontado di Porciano. Scritto su pergamena in formato di piccolo quarto, su un totale di dieci fogli doppi, è il primo statuto della storia toscana se si esclude il Breve Consulum Pisanae Civitatis del 1163 che comunque non lo eguaglia per complessità e completezza giuridica. Venne compilato a Vallettole da dodici uomini, due per ognuna delle terre che componevano il viscontado, cioè Bucine, Torre del Mercatale oggi Mercatale-Torre, Campo Selvi oggi Caposelvi, Pogi, Galatrona, e Rendola. Particolarmente interessante il fatto che un feudatario, invece di imporre ex imperio gli ordinamenti civili dei suoi possedimenti, avesse deputato a comporli, per mezzo dei loro rappresentanti, i suoi stessi sudditi. Con un simile gesto Guido Guerra V sancì il diritto, per i suoi sottoposti, di modellare le leggi in modo che rispondessero il più possibile alle loro esigenze, la facoltà di assistere, come consiglieri, il capo dello stato e soprattutto di potersi radunare pubblicamente per poter prendere decisioni relative agli affari di pubblico interesse.
Mercatale-Torre è un borgo sulle colline del Chianti a sud di Montevarchi e a ovest di Bucine, di cui è per entrambi frazione. È formata da due nuclei distinti: Mercatale Valdarno, il maggiore, e Torre, subito a nordest.