Accedi all'area personale per aggiungere e visualizzare i tuoi libri preferiti
Lingua nostra è una rivista fondata nel 1939 da Giacomo Devoto e Bruno Migliorini. Fu pubblicata fino al 1975 da Sansoni, successivamente da Le Lettere. Al suo apparire fu accolta con diffidenza da esponenti del mondo della cultura quali Ugo Ojetti per la scarsa attenzione dedicata agli aspetti normativi e, al contrario, per una eccessiva apertura alle novità linguistiche provenienti dai testi non letterari. Tra i suoi numerosi collaboratori si ricordano i nomi di Giulio Bertoni, Gianfranco Folena, Clemente Merlo, Giorgio Pasquali, Leo Spitzer, Pietro Paolo Trompeo.
In antichità furono elaborate diverse tesi sull'origine degli Etruschi che possono essere suddivise in tre filoni: l'autoctonia, l'origine orientale e l'origine settentrionale. Nelle fonti greche gli Etruschi furono sempre chiamati Tirreni, in quelle di lingua latina Tusci, ma gli Etruschi chiamavano se stessi Rasenna. In ordine di tempo, la prima tesi è contenuta nella Teogonia dove lo scrittore greco Esiodo include i Tirreni tra le popolazioni italiche considerate discendenti dell’eroe di Itaca Ulisse; la seconda, riferita da Erodoto, e la terza, da Ellanico di Lesbo, sostengono la provenienza orientale dal Mar Egeo; la quarta, elaborata dal greco Dionigi di Alicarnasso, critica tutte le tesi precedenti del mondo greco e sostiene l'antichità e autoctonia degli Etruschi. La quinta tesi, infine, ha origine nel mondo romano, da un passo dello scrittore Tito Livio, e sostiene un collegamento tra gli Etruschi e le popolazioni alpine, in particolare i Reti, sulla base del quale si è desunta una provenienza settentrionale. L'etruscologo francese Dominique Briquel mette in evidenza come tutte le versioni della storiografia greca sull'origine degli Etruschi siano da considerare costruzioni narrative artificiose elaborate in ambienti ellenici o ellenizzati, e non vadano considerate documenti storici. I racconti degli autori greci sulle origini degli Etruschi si inserirebbero dunque nel contesto di una rilettura di racconti mitici in chiave propagandistica - a volte antietrusca, altre volte proetrusca - che si modifica nel corso del tempo, perché le opinioni degli scrittori greci sugli Etruschi variavano a seconda dei momenti e dei contesti storici, e, soprattutto, a seconda dei rapporti che in un determinato periodo storico intercorrevano tra il mondo greco e quello etrusco. I due filoni dell’origine orientale, quella pelasgica dalla Tessaglia e quella lidia, erano infatti mirati a collegare le origini del popolo etrusco a un orizzonte etnico, culturale e geografico più vicino al mondo ellenico, mentre la tesi dell’autoctonia degli Etruschi era mirata a sottolineare, con accezione dispregiativa, la distanza etnica e culturale che esisteva tra Etruschi e Greci.In epoca moderna, tutte le evidenze raccolte fino ad oggi dagli etruscologi sono a favore di un'origine indigena degli Etruschi. Archeologicamente non sono state trovate prove di una migrazione dei Lidi o dei Pelasgi in Etruria. Il consenso tra gli studiosi moderni è che la fase più antica della civiltà etrusca sia la cultura villanoviana attestata a partire dal 900 a.C. circa, che deriva, a sua volta, dalla cultura protovillanoviana (1200 a.C. - 901 a.C.). Studi recenti di linguistica hanno dimostrato una consistente affinità della lingua etrusca con la lingua retica parlata nelle Alpi. Sia la lingua etrusca che quelle retica si ritiene facciano parte della famiglia linguistica tirrena, appartenente alla lingue preindoeuropee, insieme alla lingua attestata nelle poche iscrizioni dell'isola di Lemno in Grecia. Studi di antropologia fisica e studi recenti di genetica su campioni ossei di Etruschi vissuti tra il 900 a.C. e il 300 a.C. hanno concluso che gli Etruschi erano autoctoni. Anche gli Etruschi, come i Latini, avevano DNA proveniente dalla Steppe nonostante continuarono a parlare una lingua preindoeuropea, e paleoeuropea.
Fonologia del dialetto di Sora è una raccolta di studi dialettologici del linguista Clemente Merlo editi in una pubblicazione del 1920.
La data della fondazione di Roma o Natale di Roma, è stata fissata al 21 aprile dell'anno 753 a.C., 1 AUC, dal letterato latino Varrone, sulla base dei calcoli effettuati dall'astrologo Lucio Taruzio. Altre leggende, basate su altri calcoli indicano date diverse. In realtà Varrone conosceva bene la Grecia e come tutti i Romani del primo secolo a.C. aveva numerose date tra le quali scegliere per fissare la fondazione di Roma. Scelsero il 753 a.C. poiché si collegava alla nascita della democrazia ateniese, che avvenne appunto con l'inizio della nomina degli arconti decennali e poi annuali ad Atene.I Romani avevano elaborato un complesso racconto mitologico sulle origini della città e dello stato; il racconto ci è giunto con le opere storiche di Tito Livio, Dionigi di Alicarnasso, Plutarco e le opere poetiche di Virgilio e Ovidio, quasi tutti vissuti nell'età augustea. In quest'epoca le leggende, riprese da testi più antichi, vengono rimaneggiate e fuse in un racconto unitario, nel quale il passato viene interpretato in funzione delle vicende del presente. I moderni studi archeologici, che si basano su queste e su altre fonti scritte, nonché sugli oggetti e sui resti di costruzioni rinvenuti in vari momenti negli scavi, tentano di ricostruire la realtà storica che sta dietro il racconto mitico, nel quale man mano si sono andati riconoscendo elementi di verità. Secondo la storiografia moderna, Roma non fu fondata con un atto volontario ma, come altri centri coevi dell'Italia centrale, dalla progressiva riunione di villaggi sparsi, con un fenomeno detto sinecismo.
Fenici è il nome con cui i greci indicavano una specifica popolazione di Lingua semitica insediata nella regione mediorientale del Levante, in corrispondenza dell'odierno Libano e delle immediate regioni costiere della Siria meridionale e del Distretto Nord d'Israele, arrivando a toccare l'odierna città di Acri, se non persino quella di Gaza, e della quale si ha notizia fin dal XXII secolo a.C.. La civiltà fenicia è la prosecuzione nell'età del ferro della civiltà cananea, che è attestata negli stessi luoghi nell'età del bronzo (3000-1200 a.C.), essendo infatti i fenici indistinguibili per lingua (se non per variazioni dialettali) e cultura dal resto dei popoli cananei. Furono soprattutto un popolo di commercianti che utilizzava il mar Mediterraneo per esportare legname e altri oggetti da scambiare con altri popoli. Conoscevano e sapevano tracciare le rotte ed erano in grado di navigare di notte, prendendo come punto di riferimento le costellazioni circumpolari (in particolare l'Orsa Maggiore). Praticavano il cabotaggio, per poter attraccare in caso di difficoltà, fare rifornimento di acqua dolce e viveri e commerciare con le popolazioni locali. Seppero produrre, con il legno di cedro, navi molto robuste, adatte per il commercio, che potevano contenere grandi quantità di merci e altre cose a seconda del loro bisogno. Erodoto, nel IV libro delle sue Storie, riporta che i Fenici furono i primi a circumnavigare un intero continente (l'Africa), cioè a navigarlo per tutto il suo perimetro. La plausibilità del racconto di Erodoto sta nell'osservazione, riportata come raccontata dai Fenici, che ad un certo punto osservarono che il sole girava in senso contrario. Quantomeno, quindi, i Fenici si recarono a sud dell'equatore. Si attribuisce ai Fenici l'Ideazione del primo alfabeto fonetico, che comprendeva 22 segni usati e modificati successivamente dagli Ebrei.