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Il Codice penale del Granducato di Toscana del 1853 fu promulgato dal granduca Leopoldo II di Toscana, e rimase in vigore anche dopo l'Unità d'Italia, fino a quando non fu sostituito dal Codice penale italiano del 1889. Sostituiva il cosiddetto Codice leopoldino del 1786, che fu uno dei testi normativi più avanzati di quell'epoca. Anche il Codice del 1853 presentò caratteri accentuati di modernità, che ne permisero la sopravvivenza alla fine dello stesso Granducato toscano.
La legge di riforma della legislazione criminale toscana, meglio nota come Codice leopoldino o Leopoldina, fu una consolidazione del diritto penale del Granducato di Toscana emanata il 30 novembre 1786 dal granduca Pietro Leopoldo d'Asburgo. Con questa normativa il Granducato di Toscana fu il primo Stato al mondo ad abolire formalmente la pena di morte. Dal 2000 la Toscana ricorda la ricorrenza con la festa della Toscana, che si festeggia il 30 novembre, giorno di promulgazione del Codice leopoldino.
La pena di morte in Italia è stata in vigore fino al 1889 nel codice penale, fu reintrodotta sotto il fascismo dal 1926 al 1947, rimase fino al 1994 nel Codice Penale Militare di Guerra quando fu abolita da una legge, e fino al 2007 nella Costituzione quando fu rimossa definitivamente.
Il codice penale italiano del 1889 (comunemente detto Codice Zanardelli dal nome di Giuseppe Zanardelli, allora ministro di Grazia e Giustizia che ne promosse l'approvazione) è un codice penale che fu in vigore nel Regno d'Italia dal 1890 al 1930.