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San Mauro Pascoli (San Mevar in romagnolo, fino al 1932 San Mauro di Romagna) è un comune italiano di 12 062 abitanti della provincia di Forlì-Cesena, situato a circa 40 chilometri ad est del capoluogo, Forlì, e a 18 km da Cesena. Nel 1932 avvenne il cambiamento del nome in onore del poeta Giovanni Pascoli, che vi era nato nel 1855.
Polidoro (in greco antico: Πολύδωρος, Polýdōros) è un personaggio della mitologia greca, figlio di Priamo, re di Troia, e di Ecuba, di cui riferiscono Virgilio nell'Eneide ed Euripide nella tragedia Ecuba. Questo Polidoro non va confuso con un altro figlio di Priamo, anch'esso chiamato Polidoro, generato invece da Laotoe.
Secondo la tradizione storiografica romana, Mezenzio (o Mesenzio) fu un re etrusco di Caere, famoso perché figura come personaggio nel poema virgiliano Eneide, nel quale partecipa con Turno alla guerra contro i Troiani. Sulla sua sorte le fonti gli autori non sono concordi: nell'Eneide viene ucciso da Enea, ma in molte altre versioni gli sopravvive.
Il fanciullino è un'opera di Giovanni Pascoli, divisa in 20 capitoli. Il testo più noto, pubblicato per la prima volta nel 1897, è quello contenuto nel libro Giovanni Pascoli: Pensieri e discorsi, Bologna, 1907 (l'ultimo pubblicato dal poeta). Una nota dell'autore a fine libro riporta che «i primi capitoli di questo dialogo furono pubblicati dieci anni fa, nel Marzocco, rivista culturale d'inizio Novecento».L'intera opera è stata raccolta la prima volta in volume in Giovanni Pascoli: Miei pensieri di varia umanità, Messina, 1903, edito da Vincenzo Muglia.
Giovanni Pascoli (San Mauro di Romagna, 31 dicembre 1855 – Bologna, 6 aprile 1912) è stato un poeta, accademico e critico letterario italiano, figura emblematica della letteratura italiana di fine Ottocento, considerato insieme a Gabriele D'Annunzio, il maggior poeta decadente italiano, nonostante la sua formazione principalmente positivistica. Dal Fanciullino, articolo programmatico pubblicato per la prima volta nel 1897, emerge una concezione intima e interiore del sentimento poetico, orientato alla valorizzazione del particolare e del quotidiano, e al recupero di una dimensione infantile e quasi primitiva. D'altra parte, solo il poeta può esprimere la voce del "fanciullino" presente in ognuno: quest'idea consente a Pascoli di rivendicare per sé il ruolo, per certi versi ormai anacronistico, di "poeta vate", e di ribadire allo stesso tempo l'utilità morale (specialmente consolatoria) e civile della poesia. Egli, pur non partecipando attivamente ad alcun movimento letterario dell'epoca, né mostrando particolare propensione verso la poesia europea contemporanea (al contrario di D'Annunzio), manifesta nella propria produzione tendenze prevalentemente spiritualistiche e idealistiche, tipiche della cultura di fine secolo segnata dal progressivo esaurirsi del positivismo. Complessivamente la sua opera appare percorsa da una tensione costante tra la vecchia tradizione classicista ereditata dal maestro Giosuè Carducci, e le nuove tematiche decadenti. Risulta infatti difficile comprendere il vero significato delle sue opere più importanti, se si ignorano i dolorosi e tormentosi presupposti biografici e psicologici che egli stesso riorganizzò per tutta la vita, in modo ossessivo, come sistema semantico di base del proprio mondo poetico e artistico.
L'Eneide (in latino: Aeneis) è un poema epico della cultura latina scritto dal poeta Publio Virgilio Marone tra il 29 a.C. e il 19 a.C. Narra la leggendaria storia dell'eroe troiano Enea (figlio di Anchise e della dea Venere) che riuscì a fuggire dopo la caduta della città di Troia, e che viaggiò per il Mediterraneo fino ad approdare nel Lazio, diventando il progenitore del popolo romano. Alla morte di Virgilio il poema, scritto in esametri dattilici e composto da dodici libri per un totale di 9.896 esametri, rimase privo degli ultimi ritocchi e revisioni dell'autore, testimoniate da 58 esametri incompleti (chiamati tibicines, puntelli); perciò nel suo testamento il poeta fece richiesta di farlo bruciare, nel caso in cui non fosse riuscito a completarlo, ma gli amici Vario Rufo e Plozio Tucca, non rispettando le volontà del defunto, salvaguardarono il manoscritto dell'opera e, successivamente, l'imperatore Ottaviano Augusto ordinò di pubblicarlo così com'era stato lasciato. I primi sei libri raccontano la storia del viaggio di Enea da Troia all'Italia, mentre la seconda parte del poema narra la guerra, dall'esito vittorioso, dei Troiani - alleati con i Liguri, con alcuni gruppi locali di Etruschi e con i Greci provenienti dall'Arcadia - contro i Rutuli, i Latini e le popolazioni italiche in loro appoggio, tra cui i Volsci e altri Etruschi; sotto il nome di Latini finiranno per essere conosciuti in seguito Enea e i suoi seguaci. Enea è una figura già presente nelle leggende e nella mitologia greca e romana, e compare spesso anche nell'Iliade; Virgilio mise insieme i singoli e sparsi racconti dei viaggi di Enea, la sua vaga associazione con la fondazione di Roma e soprattutto un personaggio dalle caratteristiche non ben definite tranne una grande devozione (pietas in latino), e ne trasse un avvincente e convincente "mito della fondazione", oltre a un'epica nazionale che allo stesso tempo legava Roma ai miti omerici, glorificava i valori romani tradizionali e legittimava la dinastia giulio-claudia come discendente dei fondatori comuni, eroi e dei, di Roma e Troia.