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Crac Parmalat

Il crac Parmalat fu uno scandalo di bancarotta fraudolenta e aggiotaggio finito col fallimento della Parmalat. Considerato il più grande scandalo del genere perpetrato da una società privata in Europa, venne scoperto solo verso la fine del 2003, nonostante successivamente sia stato dimostrato come le difficoltà finanziarie dell'azienda fossero rilevabili già agli inizi degli anni novanta. L'ammanco lasciato dalla società di Collecchio, mascherato dal falso in bilancio, si aggirava sui quattordici miliardi di euro; al momento della scoperta se ne stimavano la metà. Con l'accusa di bancarotta fraudolenta, è stato rinviato a giudizio e in seguito condannato a diciotto anni di reclusione il patron della Parmalat, Calisto Tanzi, nonché numerosi suoi collaboratori tra dirigenti, revisori dei conti e sindaci. Il crollo finanziario della Parmalat è costato l'azzeramento del patrimonio azionario ai piccoli azionisti, mentre i risparmiatori che avevano investito in bond hanno ricevuto solo un parziale risarcimento. L'impresa italiana, grazie agli effetti della legge 18 febbraio 2004, n. 39, fu salvata dal fallimento e la sua direzione fu affidata all'amministrazione straordinaria speciale di Enrico Bondi, che ne risanò parzialmente i conti a partire dal 2005.

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