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Il teatro latino è una delle più grandi espressioni della cultura della Roma antica. Fortemente caratterizzato nella direzione dell'intrattenimento, era spesso incluso nei giochi, accanto ai combattimenti dei gladiatori, ma soprattutto, sin dalle origini è collegato alle feste religiose. La provenienza di molti testi è di origine greca, in forma di traduzioni letterali o rielaborazioni (vertere), mescolate ad alcuni elementi di tradizione etrusca. Era anche d'uso la contaminatio, consistente nell'inserire in un testo principale scene di altre opere, adattandole al contesto. Non di rado i testi erano censurati, impedendo riferimenti diretti alla vita civile o politica, mentre era esaltato il gusto della gestualità e della mimica. Il teatro era rivolto alla popolazione intera, e l'ingresso era gratuito.
Il termine mimo deriva da mimus, che è un prestito latino dal greco μῖμος, ed indica l'imitazione della vita reale e si riferisce sia al genere artistico sia all'attore che lo esercita. Rispetto all'accezione odierna del termine, nell'antichità tale etichetta copre sia forme di letteratura piuttosto sofisticata, non sempre destinata alla recitazione, sia generi di spettacolo più simili all'avanspettacolo o al cabaret, con numeri slegati fra loro, non sempre basati su veri e propri testi, con componenti di improvvisazione teatrale e largo spazio a musica, danza e a quella che oggi è intesa specificamente come "arte mimica".
Il mimo è una rappresentazione di azioni, caratteri e personaggi che si serve solamente della gestualità invece che della parola. La parola "mimo" indica in italiano anche l'esecutore della rappresentazione mimica; la parola è usata inoltre con una connotazione neutra, come sinonimo di "imitazione muta", ma la connotazione prevalente nell'immaginario dei parlanti italiani prende l'accezione più specifica di “azione artistica di rappresentazione teatrale senza parole” e relativo attore.