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Domenico Romeo

Domenico Romeo (Santo Stefano in Aspromonte, 1796 – Reggio Calabria, 1847) è stato un patriota italiano, martire del Risorgimento. Fratello minore di Giovanni Andrea Romeo, crebbe in mezzo alle dolorose agitazioni che straziavano il suo paese, sviluppando amor patrio e avversione verso ogni forma di tirannide. Svolse una imponente opera al fine di risvegliare i liberali, sfiduciati e intimoriti dalle persecuzioni, in tutto il meridione d'Italia. A seguito del fallimento della spedizione dei fratelli Bandiera, decise di preparare una rivolta che partisse proprio dalla Calabria. Organizzò quindi il moto del settembre 1847, di cui è considerato dagli storici come l'ideatore, il promotore e il capo indiscusso. Ordì una trama tra Calabria, Sicilia e Basilicata; la congiura coinvolse i veterani della Carboneria. Il 29 agosto Domenico Romeo lanciò il proclama della rivolta, facendo sventolare il tricolore italiano sulla piazza di Santo Stefano in Aspromonte. Il 2 settembre, assieme al fratello Giannandrea Romeo, al nipote Pietro Aristeo Romeo e al cugino Stefano Romeo, alla testa di cinquecento seguaci, prese Reggio Calabria, istituendovi un governo provvisorio, presieduto dal canonico Paolo Pellicano. Tuttavia, era mancata l'unità di intenti, e il segreto era stato tradito. A muoversi furono solo i Romeo: a Messina, addirittura, il comitato d'azione locale si scisse in due tronconi, e le teste più calde e i patrioti più facinorosi tentarono, di propria iniziativa, un'azione già il 1º settembre: la rivolta era prontamente schiacciata. Mentre a Catanzaro non scoppiò neppure. Le forze regie poterono quindi agevolmente concentrarsi su Reggio. La repressione fu durissima: il 15 settembre, a seguito di un conflitto a fuoco, in contrada Cicciarello di Marrappà, nei pressi di Podàrgoni, Domenico Romeo fu assassinato e barbaramente decapitato dalle guardie urbane di Pedavoli (comune filo-borbonico), e la sua testa fu esposta nel cortile delle carceri di San Francesco a Reggio Calabria, per due giorni, quale monito per i tanti rivoltosi ivi detenuti. Secondo Carlo Pisacane un parente di Romeo venne obbligato a portarne la testa insanguinata da mostrare, come monito, agli abitanti di Seminara . Scriverà il nipote Pietro Aristeo, nel suo opuscolo Cenni biografici sopra Domenico Romeo, che lo zio cadde inneggiando "all'Italia".

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