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Porto Ercole (IPA: [pòrto èrkole]) è una frazione di 2 676 abitanti del comune italiano sparso di Monte Argentario, nella provincia di Grosseto, in Toscana. Posto nella Maremma Grossetana e parte della Costa d'Argento all'estremità meridionale della Toscana, ha una grande tradizione marinaresca. La località, nota per la sua vocazione turistica, è centro di rilevanza internazionale per la vela e la nautica da diporto. Con Porto Santo Stefano, costituisce uno dei due abitati maggiori che formano il comune.
Johann Joachim Winckelmann (Stendal, 9 dicembre 1717 – Trieste, 8 giugno 1768) è stato un bibliotecario, storico dell'arte e archeologo tedesco. Appassionato di letteratura e di arte greca, dopo aver studiato alle università di Halle e di Jena, si recò a Roma dove divenne soprintendente alle antichità (1764) e poté dedicarsi allo studio della cultura classica. Considerato uno fra i massimi teorici ed esponenti del Neoclassicismo, Winckelmann sostenne un'arte basata sul senso dell'armonia, su una «nobile semplicità e quieta grandezza»: i suoi ideali ebbero vastissima eco nella cultura del tempo, soprattutto nelle arti figurative, influenzando artisti come Canova, Mengs, David.
La Gipsoteca canoviana parte del Museo Canova, situato a Possagno, Treviso, dedicato alle opere dello scultore Antonio Canova (1757-1822). Del museo fa parte anche la casa dell'artista. La Gipsoteca ospitata in un grande edificio a forma basilicale che raccoglie modelli in gesso (gipsoteca infatti significa letteralmente "raccolta dei gessi"), bozzetti in terracotta, marmi del celebre artista. Accanto alla gipsoteca, la casa natale dell'artista raccoglie la pinacoteca (oli su tela e tempere), alcuni disegni, le incisioni delle opere e numerosi cimeli. La raccolta delle centinaia di gessi conservati nella Gipsoteca di Possagno la testimonianza di un lavoro continuo e gravoso che Canova profondeva nelle sue opere: le statue canoviane infatti non nascevano quasi mai dalla lavorazione diretta e intuitiva del marmo, ma dopo un metodico e precisissimo studio, dal disegno all'argilla, dal gesso al marmo. Il modello in gesso, in particolare, veniva realizzato con una colata in un calco ricavato dalla precedente opera in argilla; nel gesso venivano applicate le "rep re", i chiodini di bronzo tuttora visibili nelle statue di Possagno, che consentivano - con un apposito pantografo - di trasferire le misure e le proporzioni dal gesso al marmo. Nel giardino davanti alla casa, tuttora coltivato secondo le modalit e con le essenze arboree del tardo Settecento, vive ancora una grande "pignera", un Pino italico, piantato dallo stesso Canova nel 1799.
Francesco Hayez (AFI: /franˈʧesko ˈajeʦ/; Venezia, 10 febbraio 1791 – Milano, 12 febbraio 1882) è stato un pittore italiano. Passato dalla temperie neoclassica a quella romantica (della quale è stato il maggiore esponente in Italia), Hayez è stato un artista innovatore e poliedrico, lasciando un segno indelebile nella storia dell'arte italiana per esser stato l'autore del dipinto Il bacio e di una serie di ritratti delle più importanti personalità del tempo. Molte sue opere, solitamente di ambientazione medioevale, contengono un messaggio patriottico risorgimentale criptato. Dopo aver trascorso la giovinezza a Venezia e Roma, si spostò a Milano, dove entrò in contatto con Manzoni, Berchet, Pellico e Cattaneo, conseguendo numerosissimi uffici e dignità; tra queste, degna di menzione è la cattedra di pittura all'Accademia di Brera, della quale divenne titolare nel 1850.
Le fatiche di Ercole è un film peplum del 1958 diretto da Pietro Francisci. La pellicola è una delle prime e più famose a trattare del famoso eroe greco e delle sue imprese ed è tratta dall'opera Le Argonautiche di Apollonio Rodio. Il film fu uno dei più grandi successi dell'anno, sia in Italia che all'estero, tanto che l'anno successivo Francisci ne realizzò un seguito, altrettanto fortunato: Ercole e la regina di Lidia.
Gli amori di Ercole è un film del 1960 diretto da Carlo Ludovico Bragaglia.
Ercole furioso (in latino Hercules furens) è una tragedia di Lucio Anneo Seneca. Viene considerata una delle tragedie della maturità di Seneca, come la Fedra e le Troades. Modello principale è l'Eracle di Euripide.
Le dodici fatiche (in greco dodekathlos) di Eracle, poi Ercole nella mitologia romana, sono una serie di episodi della mitologia greca, riuniti a posteriori in un unico racconto, che riguardano le imprese compiute dall'eroe Eracle per espiare il fatto di essersi reso colpevole della morte della sua famiglia. Secondo un'ipotesi, il ciclo delle dodici fatiche sarebbe stato per la prima volta fissato in un poema andato perduto, l'Eracleia, scritto attorno al 600 a.C. da Pisandro di Rodi. Attualmente le fatiche di Eracle non sono presenti tutte insieme in un singolo testo, ma si deve raccoglierle da fonti diverse. Nelle metope del Tempio di Zeus ad Olimpia, che risalgono al 450 a.C. circa, si trova una famosa rappresentazione scultorea delle Fatiche: potrebbe essere stato proprio il numero di queste metope, 12 appunto, ad aver fin dai tempi antichi indotto a fissare a questa cifra il tradizionale numero delle imprese.
Le Colonne d'Ercole nella letteratura classica occidentale indicano il limite estremo del mondo conosciuto. Oltre che un concetto geografico, esprimono metaforicamente anche il concetto di "limite della conoscenza". Geograficamente e tradizionalmente, visto che la loro esistenza è presunta, vengono collocate in corrispondenza della Rocca di Gibilterra e del Jebel Musa (oppure del Monte Hacho) che sorgono rispettivamente sulla costa della Spagna e del Marocco, e una volta chiamate Calpe e Abila. Una ipotesi oggetto di studio è che la loro collocazione sia mutata nel tempo, con l'espandersi della civiltà greca, passando dallo stretto di Messina alla Rocca di Gibilterra appunto. Attualmente si considera lo stretto di Gibilterra essere il confine non plus ultra (lett. "non più avanti") scelto da Ercole. Secondo la mitologia l'eroe, in una delle sue dodici fatiche, giunse sui monti Calpe e Abila creduti i limiti estremi del mondo, oltre i quali era vietato il passaggio a tutti i mortali. Separò il monte ivi presente in due parti (le due colonne d'Ercole) e incise la scritta non plus ultra.