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La storia d'Italia è l'insieme di numerose vicende locali e cittadine e riflesso della storia universale della sua capitale, Roma, sede dell'Impero prima e del Papato poi. Essa è parte fondante della cultura occidentale, europea e mediterranea. L'eredità storico-culturale dell'Italia si riflette nell'elevato numero di patrimoni dell'umanità presenti nel paese. Luogo di incontro di culture arcaiche come quella etrusca, latina, e sabina, di insediamenti celti e colonie greche e fenicio-cartaginesi, l'Italia antica fu federata dalla Repubblica Romana e divenne il centro dell'Impero Romano. Una prima sistemazione amministrativa in regioni le fu data da Cesare Augusto (27 a.C.-14 d.C.). Divenne poi terra a maggioranza cristiana, abbandonando l'antico politeismo, tra la promulgazione dell'Editto di Milano (313) che garantiva la libertà di culto e quella dell'Editto di Tessalonica (380), che impose di seguire la religione del vescovo di Roma. Con la caduta dell'Impero, l'Italia venne invasa dagli Eruli di Odoacre (476), e poi dagli Ostrogoti di Teodorico (492), dai Bizantini di Giustiniano (535), e dai Longobardi di Alboino (568). Alla dominazione straniera, si accompagnò il processo di divisione politica: l'Italia meridionale fu contesa tra Longobardi, Bizantini e Berberi, quella centrale si consolidò come Stato Pontificio, e quella settentrionale venne inglobata da Carlomagno nel Sacro Romano Impero Germanico con l'incoronazione di quest' ultimo da parte di Papa Leone III nell'anno 800. Con l'umiliazione di Canossa (1077) prima e la pace di Venezia (1177) poi, il Papa indebolì l'Imperatore germanico, favorendo l'ascesa di autonomi Comuni nell'Italia imperiale. Tra questi, le repubbliche marinare di Genova e Venezia acquistarono un grande peso nel corso delle crociate, fatto che provocò una rivoluzione commerciale e mercantile in tutta Italia. Contestualmente, il mezzogiorno veniva unificato nel regno di Sicilia dai vichinghi Normanni. Per intrecci dinastici, corona di Sicilia e diadema imperiale pervennero entrambi a Federico II di Svevia, il quale fu a capo di un impero che si espanse nei paesi baltici e in Terra Santa, ma che si disgregò dopo il fallimento del progetto assolutista di dominare tutta l'Italia per la resistenza di Stato Pontificio, baroni meridionali, e Comuni centro-settentrionali. Dopo le drammatiche crisi del Trecento, la penisola conobbe una nuova epoca di prosperità economica e culturale tra XV e XVI secolo, periodo noto come Rinascimento. Per la sua ricchezza e centralità negli affari europei, divenne il principale teatro dello scontro delle Guerre d'Italia, che coinvolsero le principali potenze dell'epoca, tra cui il Regno di Francia, l'Impero germanico, l'Impero spagnolo, la Confederazone Elvetica, l'Inghilterra e l'Impero ottomano. Sul piano culturale, l'Italia conosceva poi la controriforma, il barocco, ed il neoclassicismo. Dopo la parentesi Napoleonica, gli italiani lottarono per la loro indipendenza ed unificazione in una serie di guerre sotto la guida del Regno di Sardegna sabaudo, occupando il nord, sottoposto direttamente o indirettamente agli Asburgo d'Austria, e le Due Sicilie, governate dai Borbone di Napoli, un ramo cadetto dei Borbone di Spagna. Roma, nel mezzo della guerra franco-prussiana (1870-1871), fu fatta capitale a conclusione del Risorgimento. L'Italia unita divenne uno stato liberale sul fronte economico-politico, mentre in politica estera creò un proprio spazio coloniale in Libia e Corno d'Africa. Le ambizioni territoriali in Europa e la volontà di trovare un suo posto nel concerto di blocchi politici e alleanze sicure portò l'Italia a partecipare alla prima guerra mondiale a fianco della Triplice Intesa. La società italiana, colpita dalla propaganda nazionalista della "vittoria mutilata", aderì gradualmente al fascismo di Benito Mussolini e dei suoi seguaci, saliti al potere nell'ottobre del 1922. L'avvicinamento alla Germania nazista e la formazione dell'asse Roma-Berlino del 1936 saranno determinanti nella scelta italiana di entrare nella seconda guerra mondiale, nel 1940. Dopo il suo fallimento militare, ebbe termine la forma di governo monarchica: l'attuale repubblica fu infatti istituita nel giugno 1946. In seguito alla ricostruzione, vi fu un periodo storico di ripresa economica, militare, sportiva e politica, così come la riaffermazione dell'Italia come potenza industriale, essendo tra le nazioni fondanti del G6 (poi G7, G8 e nuovamente G7 nell'attualità) nel 1975 e del G20 nel 1999. L'Italia è inoltre tra i sei Paesi fondatori dell'Unione europea, la quale opera tramite meccanismi e politiche sovranazionali (come l'euro).
La tregua è un libro-memoria di Primo Levi, séguito di Se questo è un uomo, che descrive le esperienze dell'autore dall'abbandono di Auschwitz (Monowitz) da parte dei tedeschi con l'arrivo dell'Armata Rossa sovietica. Racconta il lungo viaggio del deportato ebreo per ritornare in Italia, nella città natale di Torino, con mesi di spostamenti nell'Europa centro-orientale. La sua testimonianza rappresenta quella dei milioni di sfollati al termine della Seconda Guerra Mondiale, in grandissima parte ex detenuti del Reich tedesco, sia lavoratori coatti che sopravvissuti ai campi di concentramento. Il libro vinse il Premio Campiello nel 1963. Lo stesso anno aveva raggiunto la finale del Premio Strega, che venne assegnato a Natalia Ginzburg.
Hurbinek (luogo di nascita sconosciuto, 1941? – Auschwitz, marzo 1945) Hurbinek è stato un bambino, di nazionalità sconosciuta e figlio di genitori ignoti, quasi certamente nato nel campo di concentramento di Auschwitz da una madre verosimilmente deceduta poco dopo il parto. La peculiarità della sua esistenza lo ha reso un simbolo chiave della storia dell'Europa durante l'ultimo conflitto mondiale, al punto di diventare oggetto di libri, blog, spettacoli teatrali, o partiture di musica classica. Hurbinek ha trascorso la sua vita interamente ad Auschwitz e ivi è morto all'età circa di tre anni poco dopo la liberazione del campo di concentramento. Della sua esistenza si ha notizia attraverso la testimonianza di Primo Levi, che di Hurbinek scrive sia ne La tregua che ne I sommersi e i salvati. Come racconta Levi, "quel curioso nome, Hurbinek, gli era stato assegnato da noi, forse da una delle donne, che aveva interpretato con quelle sillabe una delle voci inarticolate che il piccolo ogni tanto emetteva". Di lui non esistono fotografie né altre testimonianze oltre a quella di Primo Levi, che lo descrive come un bambino di circa tre anni, "figlio della morte", che non sapeva parlare né poteva camminare avendo le gambe atrofiche. Assistito da alcuni prigionieri e in particolare da un giovane ungherese, Hurbinek avrebbe con insistenza proferito una sola misteriosa parola "mass-klo" o "matisklo", che non è stato possibile interpretare. Durante la sua breve esistenza, Hurbinek conobbe solo la realtà di Auschwitz, di cui portava tatuato il numero di immatricolazione, e dunque il suo intero orizzonte visivo e cognitivo non fu altro che le baracche e il filo spinato del campo e le continue violenze ivi perpetrate. Senza genitori, abbandonato al suo destino nel campo di concentramento, Hurbinek non ebbe alcuna relazione familiare o sociale al di là del rapporto con pochi detenuti. Tuttavia, Primo Levi ha insistito sulla straordinaria forza umana del bambino a esprimersi con lo sguardo, che suppliva alla sua incapacità di parlare: "La parola che gli mancava, e che nessuno si era curato di insegnargli, il bisogno della parola, premeva nel suo sguardo con urgenza esplosiva": era uno sguardo definito "selvaggio e umano ad un tempo, anzi maturo e giudice, che nessuno fra noi sapeva sostenere, tanto era carico di forza e di pena". La tragica peculiarità dell'esistenza di Hurbinek, ne ha fatto uno dei personaggi a suo modo fondamentali del Novecento europeo, su cui si sono interrogati in modo crescente filosofi, antropologi e artisti: una vita in quanto vittima, racchiusa esclusivamente nel luogo considerato in assoluto come il più estremo per violenza e disumanizzazione, privata di qualsiasi forma di educazione formale e di affetto familiare, e in una condizione di grave disabilità fisica. Eppure, questo minuscolo e sfortunato bambino ha dimostrato una straordinaria forza di volontà e una capacità di lotta per sopravvivere, quasi a riscatto della condizione esistenziale dei detenuti. Primo Levi ne riconosce l'eroismo e la determinazione a combattere "come un uomo, per conquistarsi l'entrata nel mondo degli uomini, da cui una potenza bestiale lo aveva bandito". Sfinito a seguito della sua prigionia, Hurbinek è morto poco dopo un mese l'arrivo delle truppe sovietiche ad Auschwitz, "libero ma non redento", come conclude Primo Levi.