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Il totalitarismo è un idealtipo usato da alcuni studiosi politici e storici per spiegare le caratteristiche di alcuni regimi nati nel XX secolo, che mobilitarono intere popolazioni nel nome di un'ideologia o di una nazione, accentrando il potere in un unico partito o in un gruppo ristretto. È il termine più usato dagli storici per definire un tipo di regime politico, affermatosi nel XX secolo al quale possono essere ricondotti il nazismo, il fascismo e lo stalinismo. Uno Stato totalitario è caratterizzato soprattutto dal tentativo di controllare capillarmente la società in tutti gli ambiti di vita, imponendo l'assimilazione di un'ideologia: il partito unico che controlla lo Stato non si limita cioè a imporre delle direttive, ma vuole mutare radicalmente il modo di pensare e di vivere della società stessa. Il termine totalitarismo, inoltre, è usato nel linguaggio politico, storico e filosofico per indicare "la dottrina o la prassi dello stato totalitario", cioè di qualsiasi Stato intenda ingerirsi nell'intera vita, anche privata, dei suoi cittadini, al punto da identificarsi in essi o da far identificare essi nello Stato.
Con l'espressione storia culturale ci si riferisce ad uno specifico metodo di ricerca storica sviluppatosi nel corso del XIX e XX secolo. Insieme alla storia politica, alla storia delle idee, alla storia economica e a quella sociale, essa rappresenta uno dei filoni più importanti della storiografia tradizionale. La storia culturale si caratterizza per un'attenzione particolare verso fattori culturali quali la mentalità, le credenze, le pratiche e le usanze dei popoli antichi.
La nazionalizzazione delle masse è il processo messo in atto dai totalitarismi protagonisti in Europa nella prima metà del XX secolo per coinvolgere le masse e attirarle a sé per rafforzare e rendere indomita la propria ideologia e di conseguenza, attraverso l'appoggio del popolo, aumentare la potenza della nazione. Per raggiungere ciò i capi al potere volevano offrire alle masse, non un governo rappresentativo e parlamentare, bensì una democrazia di massa, che si avvicinasse di più a una partecipazione politica “più vitale e più significativa” e a una identità collettiva che si riconoscesse in tradizioni già radicate. Creare quindi un insieme di mezzi che potessero coinvolgere e influenzare non solo la gran maggioranza delle classi medie, ma anche le masse popolari. Questo tipo di nazionalizzazione, secondo molti intellettuali tra cui Victor Klemperer, va a privare il singolo della sua natura di individuo, anestetizzando la sua personalità. Lo rende quindi membro di un gregge spinto dai sentimenti e dalle emozioni e privo di autocoscienza. Alla base di questa nazionalizzazione sta l'idea romantica ed elitaria di nazione nata all'epoca del romanticismo e utilizzata dal fascismo e dal nazismo per coinvolgere a sé le masse.
Il fascismo è stato un movimento politico nato in Italia all'inizio del XX secolo, ad opera del politico, giornalista e futuro dittatore Benito Mussolini. Alcune delle dottrine e delle pratiche elaborate e adottate dal fascismo italiano si sono diffuse in seguito, anche se con caratteristiche differenti, in Europa e in altri paesi del mondo. Si caratterizzò come un movimento nazionalista, autoritario, autocratico e totalitario; l'ideologia sottesa a tale movimento è stata interpretata allo stesso tempo come rivoluzionaria e reazionaria; in particolare, il fascismo si autodefiniva, ed è considerato da alcuni, come alternativo al capitalismo liberale. Sul piano ideologico fu populista, collettivista, statalista, fautore della funzione sociale della proprietà privata e della divisione della società in classi. Trovò i suoi precursori, negli anni precedenti alla prima guerra mondiale, nel movimento artistico del futurismo - il cui ispiratore, Filippo Tommaso Marinetti, aderì successivamente al movimento di Mussolini -, nel decadentismo di D'Annunzio e in numerosi altri pensatori e azionisti politici nazionalisti che si ritrovarono nella rivista Il Regno (Giuseppe Prezzolini, Luigi Federzoni, Giovanni Papini), molti dei quali militarono in seguito nelle file fasciste. Importante fu anche il contributo di correnti di pensiero della sinistra non marxista, quali il sindacalismo rivoluzionario, ispirato alla dottrina del pensatore francese Georges Sorel. Una spinta decisiva alla nascita del fascismo è dovuta anche al fenomeno, conseguenza della prima guerra mondiale, dell'arditismo e del reducismo. La critica storica di alcuni studiosi come Piero Calamandrei o Paolo Alatri esita tuttavia ad attribuire una base ideologica al movimento fascista connotato, specie fra il 1920 e il 1924, da diverse filosofie operative, con repentini e opportunistici cambiamenti di impostazione politica tali da negare di per se stessi l'esistenza di una dottrina unitaria al movimento prima e al partito poi. Dopo la fine della seconda guerra mondiale si sono sviluppate una serie di correnti che si rifanno all'ideologia, definite come neofascismo; tuttavia, la natura prevalente del movimento è tuttora oggetto di dibattito. L'apologia del fascismo ad oggi nell'ordinamento giuridico italiano è un reato.