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La Torre Guinigi è la più importante torre di Lucca, nonché una delle poche rimaste all'interno della città, visitabile con accesso dalla via Sant'Andrea 45.
Il Pecorone è una raccolta di cinquanta novelle scritte da un non meglio identificato ser Giovanni Fiorentino tra il 1378 e 1385. L'opera è conservata in tre manoscritti: il Laurenziano Rediano 161 databile al XVI secolo, conservato presso la Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze, il codice 85 della Biblioteca Trivulziana di Milano e il codice magliabechiano II.IV.139 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, del XV secolo. L'A. afferma a chiare lettere nel prologo di aver iniziato a comporre l'opera nel periodo del tumulto dei Ciompi, 1378, e fu quasi sicuramente terminata nei dieci anni seguenti come infatti risulta dalla datazione più tarda che è possibile ricavare dalle stesse novelle e quindi non oltre il 1385. La prima edizione della quale si ha notizia risale al 1558 ed è da attribuire a Lodovico Dominichi che fece diverse modifiche sia sul piano linguistico che su quello formale.
Castruccio Castracani degli Antelminelli (Lucca, 29 marzo 1281 – Lucca, 3 settembre 1328) è stato un condottiero italiano. Fu duca di Lucca, signore di Carrara, Lerici, Pisa, Pistoia, Pontremoli e Sarzana e gonfaloniere del Sacro Romano Impero.
Il campanile di San Martino è la torre campanaria della cattedrale di Lucca e si trova in piazza San Martino.
Massa (anticamente anche Massa di Carrara) è un comune italiano di 67 105 abitanti, capoluogo della provincia di Massa-Carrara in Toscana. Fu capitale del Ducato di Massa, periodo nel quale la città raggiunse il suo massimo splendore, nel 1829 la città passò ai duchi di Modena della famiglia degli Este d'Austria e nel 1859 si unì al Regno di Sardegna. La Città di Massa ha una storia che si perde nei secoli, anche se probabilmente conosce il periodo di massimo splendore nel Medioevo. La storia di Massa, nel recente passato, si è indissolubilmente intrecciata con l'adiacente Carrara, cittadina toscana con la quale ha, da decenni, forti legami.
Il Granducato di Toscana fu un antico Stato italiano esistito per duecentonovanta anni, tra il 1569 e il 1859, costituito con bolla emessa da papa Pio V il 27 agosto 1569, dopo la conquista della repubblica di Siena da parte della dinastia dei Medici, reggitori della Repubblica di Firenze, nella fase conclusiva delle guerre d'Italia del XVI secolo. Fino alla seconda metà del XVIII secolo fu uno stato confederale costituito dal Ducato di Firenze (detto "Stato vecchio") e dallo Stato Nuovo di Siena, in unione personale nel granduca. Il titolo traeva origine da quello del Ducato di Tuscia, poi Marca di Tuscia e quindi Margraviato di Toscana, titolo giuridico di governo del territorio di natura feudale in epoca longobarda, franca e post-carolingia. Dopo l'estinzione della dinastia medicea, nel 1737 subentrò la dinastia degli Asburgo-Lorena, che resse le sorti del granducato sino all'unità d'Italia, pur con l'interruzione dell'epoca napoleonica. Tra il 1801 ed il 1807, infatti, Napoleone Bonaparte occupò la Toscana e l'assegnò alla casata dei Borbone-Parma col nome di regno d'Etruria. Col crollo dell'impero napoleonico nel 1814, venne restaurato il granducato. Nel 1859 la Toscana venne occupata dalle truppe del regno di Sardegna e divennero note col nome di Province dell'Italia Centrale. La Toscana venne formalmente annessa al regno sardo nel 1860, come parte del processo di unificazione nazionale, con un referendum popolare che sfiorò il 95% dei si.
Fica e figa sono termini volgari della lingua italiana di uso comune impiegati per indicare una parte dell'apparato genitale femminile, ossia la vulva e, per estensione, anche la stessa vagina. Come il termine cazzo, non si tratta di semplici sinonimi del termine anatomico, bensì rappresentano una forma dell'espressività letteraria e popolare. Il termine viene dal tardo latino fica "frutto del fico", come femminile di ficus, "l'albero del fico" (Ficus carica) ma anche dell'apparato sessuale femminile. La dicotomia al frutto del fico usata in latino infatti è sempre parallela alla parte anatomica femminile, fatto lamentato dallo stesso Aristotele, (300 a.C.). Il significato per la parte sessuale femminile era già presente nella parola greca (συκον) sykon "fico", usato gìà da Aristofane nelle proprie commedie. Si tratterebbe quindi di un calco che dal greco è passato alla lingua italiana tramite il tardo latino. Il termine greco però deriva direttamente attraverso il fenicio dal precedente accadico: pīqu, ovvero sīqu (2300 A. C) in cui assume propriamente e solo il significato comune dell'organo sessuale, ed anche a verbi ed aggettivi associati alla copula ed alla penetrazione. In latino venne usato in parallelo come termine più gentile per sostituire il più volgare cunnus (in italiano conno, termine poco usato) e viene descritto come una ferita in locis uericundioribus, ovvero nei posti più vergognosi. L'assunzione semantica del termine con valore prettamente sessuale, presto trasformato in senso osceno, ha fatto sì che, molto più tardi con la formazione del volgare, il nome del frutto dell'albero del fico in italiano, venisse "censurato" e passato al maschile, così come è l'albero, cioè "fico", in deroga all'usuale regola della lingua italiana (mela frutto del melo, pera frutto del pero ecc.), dove il nome del frutto è il nome dell'albero passato al femminile. Nei dialetti e nelle lingue romanze in cui fica non ha assunto il senso primario di "vulva", il frutto è rimasto al femminile (ad esempio francese la figue, nel napoletano, nel ligure, nei dialetti reggino e salentino fica o figa). In tali linguaggi il significato sessuale od osceno è espresso da altri termini. In alcuni dialetti italiani meridionali si usano termini direttamente derivanti dal lemma latino cunnus. Ad esempio cunno o cunnu nel catanzarese viene utilizzato sia nel significato di "apparato genitale femminile" sia come offesa per l'interlocutore. Nell'accezione dispregiativa vuole indicare la scarsa intelligenza della persona apostrofata con questo termine, nei significati di fesso, bonaccione, tonto, imbecille. Nella variante campidanese della Lingua sarda, invece, il termine cunnu indica esclusivamente l'apparato genitale e viene usato anche, nel gergo giovanile cagliaritano, il termine "cunnata", con cui si intende una cosa bella, gradevole, come nell'equivalente italiano "figata". Il termine fa parte di uno dei filoni principali della letteratura - a volte anche alta - e dello scrivere tipico della goliardia. Termini volgari analoghi in altre lingue sono cunt in inglese, con in francese e coño in spagnolo, tutti e tre dal latino cunnus.
Per cornice narrativa si intende una parte di testo all'interno della quale l'autore s'inserisce. Si ha in questo modo un racconto nel racconto; È usato nella novellistica: diverse novelle possono essere raccontate dai narratori descritti nello stesso testo ed essere quindi legate da un contesto comune. Il primo esempio si trova nella letteratura indiana nella raccolta Pañcatantra, scritta in sanscrito. Altri esempi esistono nella successiva letteratura indiana, come nella raccolta Kathasaritsagara del secolo XI. Le mille e una notte sono il più noto esempio di questo artificio letterario. Infatti l'opera caratterizzata da vari racconti è incorniciata dalla saggia Sharāzād che, condannata a morte, intrattiene il sultano per una notte intera con svariati racconti nel tentativo di rimandare l'esecuzione ed essere salvata. L'intrattenersi tra Sharāzād ed il sultano costituiscono la cornice, il resto dei testi sono le novelle; Libro de' sette savi, raccolta medievale di novelle di origine orientale; Il Decameron di Giovanni Boccaccio. È costruito interamente entro una cornice narrativa in cui i narratori, dei giovani, fuggono da un'epidemia di peste a Firenze: passano due settimane in un luogo ameno e appartato e, per trascorrere meglio il tempo, si raccontano le varie novelle: è questa la cornice dell'opera, mentre il resto del testo è costituito dalle cento novelle che si susseguono nell'opera. Tra una novella e l'altra, riemerge la cornice sotto forma di descrizione delle azioni o dei dialoghi dei dieci giovani; Il Pecorone di Giovanni Fiorentino (XIV secolo), raccolta di cinquanta novelle; Il Novelliere di Giovanni Sercambi (XIV secolo), raccolta di centocinquanta novelle; Le piacevoli notti, settantacinque novelle del bergamasco Giovanni Francesco Straparola (XV - XVI secolo); I racconti di Canterbury di Geoffrey Chaucer. Un gruppo di ventinove pellegini partono dal Tabard Inn (Locanda del Tabarro) nel Southwark a Londra e si recano in pellegrinaggio alla tomba di san Tommaso Becket posta nella Cattedrale di Canterbury. Il narratore si unisce a loro e l'oste suggerisce ai pellegrini di raccontare delle novelle durante il cammino; gli Ecatommiti di Giambattista Giraldi Cinzio (XVI secolo); Lo cunto de li cunti; raccolta di fiabe di Giambattista Basile (secolo XVII).
Borgo del Ponte è una frazione del comune di Massa, in provincia di Massa e Carrara.