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Guerra civile greca

La guerra civile greca (in greco: ο Eμφύλιος [Πόλεμος], traslitterato: Emfýlios [Pólemos], "la guerra civile") fu combattuta dal 1946 al 1949 in Grecia fra guerriglieri comunisti (appoggiati dai partigiani jugoslavi del NOF) e le forze governative monarchiche greche, sostenute dapprima dalla Gran Bretagna e poi soprattutto dagli Stati Uniti d'America. La guerra fu un momento estremamente delicato della contrapposizione USA-URSS (guerra fredda) perché si temette un allargamento dell'egemonia sovietica all'area dell'Egeo. Grazie agli appoggi internazionali e alla netta superiorità numerica (le forze governative erano il triplo di quelle marxiste), l'Esercito ellenico riuscì a vincere il conflitto. La guerra civile volse in favore delle forze anglo-greche anche per il venir meno dell'appoggio delle forze jugoslave in seguito alla rottura dei rapporti con Mosca. Nel 1949 le ultime bande armate comuniste si scioglievano e prevaleva così lo schieramento occidentale. Durante la guerra da entrambe le parti in lotta vennero deportati decine di migliaia di bambini. Circa 30.000 bambini vennero infatti deportati dalle forze comuniste del DSE in "campi di rieducazione socialista" situati nei vicini Paesi del blocco sovietico, mentre altri 25.000 vennero forzatamente trasferiti dai monarchici nel sud del Paese in 30 villaggi (chiamati "Città dei bambini") sotto il diretto controllo della regina Federica di Hannover.

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