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La storia dell'antica Grecia riguarda gli eventi che caratterizzarono la civiltà sviluppatasi nella Grecia continentale, in Albania, nelle isole del Mar Egeo, sulle coste del Mar Nero e quelle occidentali della Turchia, in Sicilia, nell'Italia Meridionale (poi chiamata Magna Grecia), nelle isole del Mediterraneo occidentale di Corsica e Sardegna, nonché sulle coste di Spagna e Francia e, successivamente, dell'Africa settentrionale. Dal punto di vista cronologico non esistono date certe e universalmente accettate per l'inizio e la fine del periodo greco antico. Ufficialmente viene fatto iniziare con la data della prima Olimpiade (776 a.C.), anche se alcuni storici propendono per retrodatare l'inizio della storia antica della Grecia verso il 1000 a.C.La data tradizionale per la fine del periodo greco antico viene generalmente fatta coincidere con la morte di Alessandro Magno, nel 323 a.C., o con l'integrazione della Grecia nella Repubblica romana nel 146 a.C.
La pace di Filocrate fu un trattato di pace stipulato tra Atene ed il Regno di Macedonia nel 346 a.C., che sancì la fine della Terza guerra sacra.
La pace di Callia è un controverso armistizio del V secolo a.C. (vedi datazione), stipulato tra l'ambasciatore ateniese Callia e gli inviati di Artaserse I, in base al quale Atene si impegnava a non intromettersi negli affari interni dell'Impero Persiano, a non attaccare le zone sotto il suo diretto controllo (in particolar modo l'Egitto e l'Asia Minore), e a rispettare le città greche dell'Asia Minore. In cambio il Gran Re riconosceva l'autonomia delle città ioniche lungo la costa anatolica, e garantiva che la sua flotta non sarebbe più stata inviata nel Mar Egeo, né il suo esercito avrebbe più marciato lungo la costa in questione. L'effettiva storicità di questa pace è considerata controversa da molti storici moderni (già nell'antichità si discuteva sull'argomento) sulla base di numerose considerazioni: Tucidide, nostra principale fonte su questo periodo, non ne parla. Gli autori che ne fanno menzione, tra i quali Diodoro Siculo, tendono a non essere del tutto chiari nell'esposizione di questi fatti e nella cronologia proposta. Lo stato di rivalità tra persiani e ateniesi permase, tanto che il gran Re tentò molte volte (fino a riuscirci definitivamente dopo il crollo dell'impero di Atene) di riprendere il controllo su queste aree.A difesa della veridicità di quanto affermato dagli antichi che credevano alla pace bisogna dire che: Il fatto che Tucidide non ne parli non è certo una garanzia, visto che i suoi capitoli sulla Pentecontaetia sono, per sua stessa ammissione, una sintesi selettiva degli eventi, volta a dimostrare la sua tesi sull'inevitabilità della guerra del Peloponneso. Parlarne avrebbe voluto dire mettere in evidenza un discrimine tanto forte, da far traballare la cronologia da lui proposta (che vedeva la Pentecontaetia stessa come un periodo uniforme di cinquant'anni, tra le guerre del 480-79 a.C. e il 431 a.C., data d'inizio della guerra del Peloponneso, appunto). Inoltre questa pace privava di significato l'antipersiana Lega Delio-Attica, che invece non venne sciolta per mantenere la potenza ateniese. Le rivalità endemiche tra Atene e la Persia continuarono in effetti per lungo tempo, ma senza più manifestarsi sotto forma di guerra aperta; il Gran Re agì piuttosto tramite i suoi satrapi e senza mai mandare direttamente contingenti nell'area dell'Egeo.
Il cosiddetto impero di Alessandro Magno indica nelle ricerche sulla storia antica quel grande, antico impero, che si sviluppò sotto Alessandro Magno nel corso della sua campagna militare e si affermò nella sua piena grandezza dal 324 al 319 a.C. circa. Poiché la posizione politica di Alessandro in alcune zone era diversamente legittimata e corrispondentemente egli esercitava diversamente la sua sovranità locale, nessun concetto di spazio geografico a questa creazione di stato poteva essere classificato diversamente che con il nome del suo sovrano. L'impero di Alessandro si basava su un'unione personale di tre diverse aree di sovranità: il regno dei Macedoni, la parte occidentale dell'impero degli Achemenidi e il regno degli Egizi (dominio in origine achemenide). Oltre a ciò Alessandro aveva la sovranità sulla maggior parte delle città greche con la lega di Corinto e su alcune tribù barbare balcaniche. Il suo impero si estendeva su almeno 19 territori dei moderni stati di oggi (Grecia, Macedonia, Bulgaria, Turchia, Siria, Giordania, Israele, Libano, Cipro, Egitto, Libia, Iraq, Iran, Kuwait, Afghanistan, Turkmenistan, Tagikistan, Uzbekistan e Pakistan) e toccava alcune altre nella loro periferia (Ucraina, Romania, Albania, Armenia e India). Tra il 336 e il 323 a.C., assorbendo la porzione occidentale dell'impero achemenide di Persia, portando la propria superficie da 1,2 a 5,2 milioni di km2; divenne così, per un ventennio, il più vasto impero del suo tempo. Dopo la sua morte il suo impero si dissolse nel quadro delle guerre dei diadochi e fu diviso tra i suoi successori, i diadochi e gli epigoni. Di qui emerse il mondo dei cosiddetti regni ellenistici.
La Guerra del Peloponneso (in greco antico: Περὶ τοῦ Πελοποννησίου πoλέμου, Perí toû Peloponnēsíou polémou) è un'opera di Tucidide sulla guerra del Peloponneso, scritta dallo storico greco nel periodo di permanenza ad Atene. Il titolo dell'opera e la divisione in otto libri, realizzati dai bibliotecari alessandrini, sono entrambi posteriori. Infatti all'opera viene attribuito anche il titolo di Storie, come quelle di Erodoto.
La guerra del Peloponneso, o seconda guerra del Peloponneso per distinguerla da un conflitto antecedente, fu combattuta nell'antica Grecia tra il 431 e il 404 a.C., fra Sparta e Atene, ciascuna con la propria coalizione. Gli storici dividono la guerra in tre fasi: nella prima, la fase Archidamica, Sparta effettuò continue incursioni contro l'Attica, mentre Atene utilizzava la propria potente flotta per colpire le coste del Peloponneso. Questo periodo di scontri si concluse nel 421 a.C. con la firma della pace di Nicia. La pace durò poco: al 415 a.C. risale infatti la spedizione ateniese in Sicilia, evento disastroso per le forze della Lega delio-attica (costituita da Atene e da varie città-stato greche nel 478-477 a.C., durante la fase conclusiva delle guerre persiane), tanto da rinnovare il contrasto tra le due coalizioni greche che si contendevano l'egemonia. Nel 413 a.C. ebbe inizio la fase Deceleica, caratterizzata dall'intenzione spartana di fomentare moti di ribellione tra le forze sottoposte ad Atene; questa strategia, unita agli aiuti economici provenienti dalla Persia e a diversi errori strategici da parte di Atene, portò nel 404 a.C. alla vittoria della Lega peloponnesiaca, dopo la battaglia navale di Egospotami. La guerra del Peloponneso cambiò il volto della Grecia antica: Atene, che dalle guerre persiane aveva visto crescere enormemente il proprio potere, dovette sopportare alla fine dello scontro con Sparta un gravissimo crollo e riconoscere l'egemonia del Peloponneso. Tutta la Grecia interessata dalla guerra risentì fortemente del lungo periodo di devastazione, sia dal punto di vista della perdita di vite umane sia da quello economico e, proprio per questo motivo, il conflitto viene considerato come evento finale del secolo d'oro della civiltà ellenica; Atene, in particolare, non avrebbe mai più recuperato la sua antica prosperità. Fonte fondamentale per la ricostruzione storica rimane l'imponente opera di Tucidide, la Guerra del Peloponneso. Lo storico ateniese concluse però la trattazione della guerra con la battaglia di Cinossema (411 a. C.). Della fase finale dello scontro danno conto le Elleniche di Senofonte, il quale continuò l'esposizione del conflitto da dove Tucidide l'aveva interrotta.
Epaminonda (in greco antico: Ἐπαμεινώνδας, Epameinóndas; Tebe, 418 a.C. – Mantinea, 362 a.C.) è stato un politico e militare tebano.Grazie ad Epaminonda, Tebe uscì dal dominio di Sparta, assurgendo ad una posizione di maggior grado nella politica greca: egli sbaragliò la potenza militare spartana con la sua vittoria a Leuttra e liberò gli Iloti della Messenia, un gruppo di abitanti del Peloponneso che era stato schiavo degli Spartani fin dalla sconfitta nelle guerre messeniche dell'VIII secolo a.C. Epaminonda ridisegnò la mappa politica della Grecia, sciolse antiche alleanze, ne creò altre e controllò la costruzione di intere città. Fu l'artefice, insieme a Pelopida, dell'egemonia tebana; a lui si devono anche le innovazioni tattiche militari adottate dall'esercito tebano, come la falange obliqua e l'ordine obliquo d'attacco dell'ala sinistra. L'oratore romano Cicerone lo chiamò "il primo uomo della Grecia" e Michel de Montaigne lo giudicò uno dei tre "uomini più valorosi ed eccellenti" che siano mai esistiti, ma Epaminonda è piombato in una relativa oscurità in tempi moderni. I cambiamenti da lui portati nell'ordine della politica greca non gli sopravvissero a lungo, e il ciclo delle effimere egemonie e alleanze continuò senza sosta: infatti, solo ventisette anni dopo la sua morte, Tebe fu distrutta da Alessandro Magno, che la puní per il rifiuto della città di sottometterglisi. Così Epaminonda, al suo tempo lodato come un idealista ed un liberatore, oggi è ricordato per le sue campagne militari (dal 371 a.C. al 362 a.C.), che minarono la forza delle grandi potenze greche e, di fatto, spianarono la strada alla conquista macedone.