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La pace di Callia è un controverso armistizio del V secolo a.C. (vedi datazione), stipulato tra l'ambasciatore ateniese Callia e gli inviati di Artaserse I, in base al quale Atene si impegnava a non intromettersi negli affari interni dell'Impero Persiano, a non attaccare le zone sotto il suo diretto controllo (in particolar modo l'Egitto e l'Asia Minore), e a rispettare le città greche dell'Asia Minore. In cambio il Gran Re riconosceva l'autonomia delle città ioniche lungo la costa anatolica, e garantiva che la sua flotta non sarebbe più stata inviata nel Mar Egeo, né il suo esercito avrebbe più marciato lungo la costa in questione. L'effettiva storicità di questa pace è considerata controversa da molti storici moderni (già nell'antichità si discuteva sull'argomento) sulla base di numerose considerazioni: Tucidide, nostra principale fonte su questo periodo, non ne parla. Gli autori che ne fanno menzione, tra i quali Diodoro Siculo, tendono a non essere del tutto chiari nell'esposizione di questi fatti e nella cronologia proposta. Lo stato di rivalità tra persiani e ateniesi permase, tanto che il gran Re tentò molte volte (fino a riuscirci definitivamente dopo il crollo dell'impero di Atene) di riprendere il controllo su queste aree.A difesa della veridicità di quanto affermato dagli antichi che credevano alla pace bisogna dire che: Il fatto che Tucidide non ne parli non è certo una garanzia, visto che i suoi capitoli sulla Pentecontaetia sono, per sua stessa ammissione, una sintesi selettiva degli eventi, volta a dimostrare la sua tesi sull'inevitabilità della guerra del Peloponneso. Parlarne avrebbe voluto dire mettere in evidenza un discrimine tanto forte, da far traballare la cronologia da lui proposta (che vedeva la Pentecontaetia stessa come un periodo uniforme di cinquant'anni, tra le guerre del 480-79 a.C. e il 431 a.C., data d'inizio della guerra del Peloponneso, appunto). Inoltre questa pace privava di significato l'antipersiana Lega Delio-Attica, che invece non venne sciolta per mantenere la potenza ateniese. Le rivalità endemiche tra Atene e la Persia continuarono in effetti per lungo tempo, ma senza più manifestarsi sotto forma di guerra aperta; il Gran Re agì piuttosto tramite i suoi satrapi e senza mai mandare direttamente contingenti nell'area dell'Egeo.
La guerra di Corinto fu un conflitto svoltosi in Grecia dal 395 a.C. al 387 a.C., che vide Sparta e parte della lega peloponnesiaca contrapposta a una coalizione formata da quattro poleis: Tebe, Atene, Corinto e Argo, la quale venne inizialmente sostenuta dalla Persia. La causa scatenante del conflitto fu una disputa territoriale locale nel nord-ovest della Grecia, in cui intervennero sia Tebe sia Sparta, ma la motivazione di fondo si deve individuare nel dilagante espansionismo spartano in Asia Minore, in Grecia centrale e settentrionale e in Occidente.La guerra, combattuta sia per terra sia per mare, ebbe come scenario le zone circostanti Corinto e Tebe e il Mar Egeo. Sul fronte terrestre, l'inizio delle ostilità fu favorevole agli Spartani, ma ciò non permise loro di godere di un reale vantaggio, e il combattimento giunse ben presto a un punto morto. In mare la flotta spartana fu completamente annientata da quella persiana all'inizio del conflitto, evento che pose fine ai tentativi di Sparta di diventare una potenza navale. In questo contesto, negli ultimi anni di guerra, Atene lanciò diverse campagne navali, riannettendo un certo numero di isole che avevano fatto parte dell'antico impero ateniese durante il V secolo a.C. Allarmati dai successi ateniesi, i Persiani tolsero il sostegno agli alleati e iniziarono ad aiutare Sparta, costringendo gli alleati a cessare le ostilità: nel 387 a.C. fu firmata la Pace di Antalcida, nota anche come "pace del Re", che pose fine alla guerra. Questo trattato sancì il controllo della Persia su tutte le poleis della costa asiatica e l'indipendenza di gran parte delle altre città greche delle isole; Sparta sarebbe stata la custode della pace, con il potere di farne rispettare le clausole. La guerra aveva quindi rafforzato la posizione persiana nella politica greca, dove Sparta deteneva la posizione egemonica.
La Guerra del Peloponneso (in greco antico: Περὶ τοῦ Πελοποννησίου πoλέμου, Perí toû Peloponnēsíou polémou) è un'opera di Tucidide sulla guerra del Peloponneso, scritta dallo storico greco nel periodo di permanenza ad Atene. Il titolo dell'opera e la divisione in otto libri, realizzati dai bibliotecari alessandrini, sono entrambi posteriori. Infatti all'opera viene attribuito anche il titolo di Storie, come quelle di Erodoto.
La guerra del Peloponneso, o seconda guerra del Peloponneso per distinguerla da un conflitto antecedente, fu combattuta nell'antica Grecia tra il 431 e il 404 a.C., fra Sparta e Atene, ciascuna con la propria coalizione. Gli storici dividono la guerra in tre fasi: nella prima, la fase Archidamica, Sparta effettuò continue incursioni contro l'Attica, mentre Atene utilizzava la propria potente flotta per colpire le coste del Peloponneso. Questo periodo di scontri si concluse nel 421 a.C. con la firma della pace di Nicia. La pace durò poco: al 415 a.C. risale infatti la spedizione ateniese in Sicilia, evento disastroso per le forze della Lega delio-attica (costituita da Atene e da varie città-stato greche nel 478-477 a.C., durante la fase conclusiva delle guerre persiane), tanto da rinnovare il contrasto tra le due coalizioni greche che si contendevano l'egemonia. Nel 413 a.C. ebbe inizio la fase Deceleica, caratterizzata dall'intenzione spartana di fomentare moti di ribellione tra le forze sottoposte ad Atene; questa strategia, unita agli aiuti economici provenienti dalla Persia e a diversi errori strategici da parte di Atene, portò nel 404 a.C. alla vittoria della Lega peloponnesiaca, dopo la battaglia navale di Egospotami. La guerra del Peloponneso cambiò il volto della Grecia antica: Atene, che dalle guerre persiane aveva visto crescere enormemente il proprio potere, dovette sopportare alla fine dello scontro con Sparta un gravissimo crollo e riconoscere l'egemonia del Peloponneso. Tutta la Grecia interessata dalla guerra risentì fortemente del lungo periodo di devastazione, sia dal punto di vista della perdita di vite umane sia da quello economico e, proprio per questo motivo, il conflitto viene considerato come evento finale del secolo d'oro della civiltà ellenica; Atene, in particolare, non avrebbe mai più recuperato la sua antica prosperità. Fonte fondamentale per la ricostruzione storica rimane l'imponente opera di Tucidide, la Guerra del Peloponneso. Lo storico ateniese concluse però la trattazione della guerra con la battaglia di Cinossema (411 a. C.). Della fase finale dello scontro danno conto le Elleniche di Senofonte, il quale continuò l'esposizione del conflitto da dove Tucidide l'aveva interrotta.