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I fratelli Karamazov (in russo: Братья Карамазовы?, Brat'ja Karamazovy) è l'ultimo romanzo scritto da Fëdor Dostoevskij. È ritenuto il vertice della sua produzione letteraria, un capolavoro della letteratura dell'Ottocento e di ogni tempo.Pubblicato a puntate su Il messaggero russo dal gennaio 1879 al novembre 1880, lo scrittore morì meno di quattro mesi dopo la sua pubblicazione. L'opera è un appassionato romanzo filosofico ambientato nell'Impero Russo del XIX secolo, che verte sui dibattiti etici concernenti Dio, il libero arbitrio e la moralità; il dramma spirituale di una lotta che coinvolge la fede, il dubbio, la ragione, messi in rapporto con una Russia allora pervasa da fermenti modernizzatori. Al centro della trama stanno le vicende della famiglia Karamazov e i loro conflitti e sentimenti contrastanti: tre fratelli molto diversi fra loro e un padre tanto superficiale nella vita privata quanto poco generoso verso i figli. È il contesto nel quale matura il parricidio del capofamiglia Fëdor, del quale viene accusato Dmitrij, figlio primogenito. Secondo l'originale progetto dell'autore, la storia dei fratelli Karamazov doveva essere la prima parte di una complessa e vasta biografia di Aleksej (Alëša), uno dei fratelli (il più caro all'autore): l'opera, dopo cinque anni, due di studio e tre di lavoro, rimase incompiuta. L'autore compose la maggior parte del testo a Staraja Russa.
«Homo sum, humani nihil a me alienum puto» (pronuncia: òmo sum, umàni nìil a mè ali̯ènum puto) è una frase in lingua latina che significa letteralmente: «Sono un essere umano, niente di ciò ch'è umano ritengo estraneo a me» (in parole più semplici: «Nulla che sia umano mi è estraneo»). La frase è di Publio Terenzio Afro che la usò nella sua commedia Heautontimorùmenos (Il punitore di sé stesso, v. 77) del 165 a.C.