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In morte del fratello Giovanni è un sonetto scritto da Ugo Foscolo nel 1803.
L'Eneide (in latino: Aeneis) è un poema epico della cultura latina scritto dal poeta Publio Virgilio Marone tra il 29 a.C. e il 19 a.C. Narra la leggendaria storia dell'eroe troiano Enea (figlio di Anchise e della dea Venere) che riuscì a fuggire dopo la caduta della città di Troia, e che viaggiò per il Mediterraneo fino ad approdare nel Lazio, diventando il progenitore del popolo romano. Alla morte di Virgilio il poema, scritto in esametri dattilici e composto da dodici libri per un totale di 9.896 esametri, rimase privo degli ultimi ritocchi e revisioni dell'autore, testimoniate da 58 esametri incompleti (chiamati tibicines, puntelli); perciò nel suo testamento il poeta fece richiesta di farlo bruciare, nel caso in cui non fosse riuscito a completarlo, ma gli amici Vario Rufo e Plozio Tucca, non rispettando le volontà del defunto, salvaguardarono il manoscritto dell'opera e, successivamente, l'imperatore Ottaviano Augusto ordinò di pubblicarlo così com'era stato lasciato. I primi sei libri raccontano la storia del viaggio di Enea da Troia all'Italia, mentre la seconda parte del poema narra la guerra, dall'esito vittorioso, dei Troiani - alleati con i Liguri, con alcuni gruppi locali di Etruschi e con i Greci provenienti dall'Arcadia - contro i Rutuli, i Latini e le popolazioni italiche in loro appoggio, tra cui i Volsci e altri Etruschi; sotto il nome di Latini finiranno per essere conosciuti in seguito Enea e i suoi seguaci. Enea è una figura già presente nelle leggende e nella mitologia greca e romana, e compare spesso anche nell'Iliade; Virgilio mise insieme i singoli e sparsi racconti dei viaggi di Enea, la sua vaga associazione con la fondazione di Roma e soprattutto un personaggio dalle caratteristiche non ben definite tranne una grande devozione (pietas in latino), e ne trasse un avvincente e convincente "mito della fondazione", oltre a un'epica nazionale che allo stesso tempo legava Roma ai miti omerici, glorificava i valori romani tradizionali e legittimava la dinastia giulio-claudia come discendente dei fondatori comuni, eroi e dei, di Roma e Troia.
Didone è una figura mitologica. Persona di grande importanza, è la fondatrice e prima regina di Cartagine ed era stata precedentemente regina consorte del regno fenicio di Tiro. Secondo la narrazione virgiliana dell'Eneide, si innamorò dell'eroe troiano Enea, figlio di Anchise, quando egli approdò a Cartagine colpa di una tempesta causata da Giunone prima di arrivare nel Lazio, ed ebbero una relazione. Disperata per la partenza improvvisa di Enea, costretto dal Fato, Didone si uccise con la spada di Enea, chiedendo al suo popolo di vendicarla e profetizzando i futuri scontri tra Cartagine e i discendenti di Enea, futuri romani.
Camilla è un personaggio, dell'Eneide di Virgilio, nel quale vengono narrate le gesta nel libro XI, figlia di Casmilla e di Metabo, tiranno di Privernum, una delle città dei Volsci. Quando il padre viene cacciato dalla sua città a causa del duro governo, porta con sé Camilla ancora in fasce (della madre di Camilla non si sa più nulla, forse è morta nel dare la figlia alla luce). Durante la fuga, inseguito da bande di concittadini, giunge sulla riva del fiume Amaseno che per le piogge abbondanti si era gonfiato al punto da non poter essere guadato. Metabo avvolge la piccola con la corteccia di un albero, la lega alla sua lancia e la getta sull'altra riva del fiume. Incalzato dai suoi avversari, si tuffa in acqua e attraversa il fiume a nuoto. La leggenda narra che Camilla sia arrivata sull'altra sponda del fiume sana e salva perché il padre l'aveva consacrata alla dea Diana (da questa consacrazione le sarebbe derivato il nome Camilla). La bambina cresce con il padre nei boschi, tra animali selvaggi e pastori, nutrita di latte di cavalle selvagge. Appena comincia a muovere i primi passi, Metabo le dona arco e frecce e le insegna ad usarli. Camilla non indossa vestiti, ma solo pelle di tigre. La ragazza impara ad usare anche il giavellotto e la fionda, ha un fisico perfetto: così veloce da superare il vento nella sua mascolinità, ma al tempo stesso donna di grande bellezza. La sua fama si diffonde, e i Volsci, affascinati, le chiedono di diventare la loro regina: Camilla accetta e torna così nella sua città senza colpo ferire. Camilla sembra provare amore solo per le armi dopo aver giurato verginità eterna come la dea alla quale il padre l'aveva affidata quando era ancora bambina. Quando Enea giunge nel Lazio per scontrarsi con i Rutuli, Camilla soccorre Turno alla testa della cavalleria dei Volsci e di uno stuolo di fanti. La sua figura incute spavento e la sua baldanza è senza pari. Camilla guida una schiera di cavalieri volsci e un'armata di fanti con armature di bronzo. Al suo seguito ha anche donne guerriere, tra cui la fedele Acca. Non sa filare e non conosce i lavori femminili, ma è abituata a sopportare fin da ragazza i duri scontri ed è velocissima nella corsa, tanto da superare i venti. La ammirano le madri e tutta la gioventù riversata dalle case e dai campi mentre avanza in corteo alla testa della sua schiera: un regale mantello le vela le spalle, un diadema d'oro le orna la chioma bruna, porta con disinvoltura la faretra licia e, come pastorale, un'asta di mirto, sormontata da una punta. Turno, pur ammirando il coraggio di Camilla, decide che la sua alleata affronti solo la pericolosa cavalleria tirrenica, riservando per sé il compito di contrastare e battere Enea. Gli atti di valore di Camilla non si contano: fa strage di nemici, si lancia in ogni mischia, insegue e colpisce a morte ogni avversario che vede, affronta ogni pericolo. Solo non si accorge del giovane etrusco Arunte che la segue nella battaglia per cercare di sorprenderla. Camilla crea lo scompiglio nei pur forti Etruschi e mette in fuga le schiere nemiche al punto che deve intervenire il re Tarconte per fermare i suoi ormai in rotta. Arunte coglie l'occasione: l'eroina, avida di ricca preda, scorge il frigio Cloreo, che in patria era sacerdote di Cibele; questi sfoggia una panoplia abbagliante di oro e porpora, coperto da una clamide color del croco mentre scaglia frecce dalle retrovie col suo arco cretese. Camilla si mette al suo inseguimento e dimentica tutto il resto. Allora il giovane etrusco, non visto dall'eroina, le scaglia contro una freccia che Apollo guida e che la ferisce a morte, trafiggendola al seno. Accorrono le sue compagne per soccorrerla: Camilla si strappa la freccia, ma la punta resta incastrata tra le costole. Camilla si sente venir meno, cade e affida ad Acca, la sua compagna più fedele, un ultimo messaggio per informare Turno. Alla morte di Camilla, Arrunte timoroso cerca di fuggire, ma sarà ucciso da una freccia di Opi, ninfa del seguito di Diana, per volere della dea stessa. La morte della vergine Camilla è il preludio della sconfitta dei Rutuli e degli italici tutti che si erano stanziati nell'Italia meridionale. Sorge a questo punto una domanda spontanea per tutti noi: Camilla sarà stato un personaggio vero o inventato da Virgilio? Certamente la vergine Camilla non può essere considerato un personaggio storico nell'Eneide, in quanto il quadro storico in cui vengono ambientate le sue gesta, si collega a quello omerico dell'Iliade e dell'Odissea XIII-XII sec. a.C., mentre, i Volsci stando agli studi più accreditati, giunsero nel Lazio meridionale presumibilmente verso la fine del VI sec. a.C. Tuttavia può essere considerato un personaggio mitologico, poiché cantato da diversi poeti e scrittori in diverse epoche storiche (oltre ai già citati Virgilio e Dante ha ispirato autori come il Petrarca con la sua PETRARCA Epist. fam. V 4, 10-6 dall'edizione critica Le Familiari, Firenze 1934.]], Torquato Tasso nella Gerusalemme Liberata), inserito in poemi a narrazione storica e perciò molto vicini alla credibilità o veridicità storica. Dobbiamo così affidarci alle citazioni di antichi storici e poeti, al buon senso e alla leggenda. Cade a proposito l'apoftegma di [[ ARISTOTELE Metaphysica I 982b 18-19 in G.Arrigoni "Camilla Amazzone e Sacerdotessa di Diana" Milano 1982]] "Chi ama la leggenda, ama la conoscenza". Sicuramente Virgilio deve aver ripreso il fatto storico, naturalmente arricchendolo e ritoccandolo con qualche licenza dalle Origines di [3] CATONE ediz. Peter F 62 ap. Serv. Aen. XI 567 di cui è rimasta celebre la sua onestà e rettitudine di studioso e di storico che trattò in particolare la dominazione etrusca sui Volsci, ma, il fatto di inserire tale nome tra le gesta di valorosi condottieri forse realmente esistiti come Enea e di collocarla, in maniera precisa, come vergine guerriera dei Volsci, regina di Privernum, figlia di Metabo, lascia effettivamente pensare che un personaggio con quelle doti e caratteristiche nell'antichità sia realmente esistito nel nostro territorio. Dante nel canto I, v.107 dell'Inferno, la fa menzionare da Virgilio, insieme ad altri personaggi del poema, nello specifico Eurialo, Turno e Niso, nel suo secondo monologo, dove spiega a Dante il percorso che dovrà seguire. Camilla appare inoltre in persona accanto alla regina delle Amazzoni Pentesilea nel canto IV, v. 124, nel nobile castello degli Spiriti Magni. Boccaccio include Camilla nel suo libro De mulieribus claris.