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La partecipazione dell'Italia alla prima guerra mondiale ebbe inizio il 24 maggio 1915, circa dieci mesi dopo l'avvio del conflitto, durante i quali il paese conobbe grandi mutamenti politici, con la rottura degli equilibri giolittiani e l'affermazione di un quadro politico rivolto a mire espansionistiche, legate al fervore patriottico e a ideali risorgimentali. Inizialmente il Regno d'Italia si mantenne neutrale e parallelamente alcuni esponenti del governo iniziarono trattative diplomatiche con entrambe le forze in campo, che si conclusero con la sigla di un patto segreto con le potenze della Triplice intesa. Durante questo lungo periodo di trattative l'opinione pubblica giocò un ruolo decisionale fondamentale, e la scelta o meno di entrare in guerra fu condizionata dalle decisioni delle masse popolari, divise tra interventisti e neutralisti. A conclusione delle trattative il Regno d'Italia abbandonò lo schieramento della Triplice alleanza e dichiarò guerra all'Austria-Ungheria il 23 maggio 1915, avviando le operazioni belliche a partire dal giorno seguente; l'Italia dichiarò poi guerra all'Impero ottomano il 21 agosto 1915, al Regno di Bulgaria il 19 ottobre 1915 e all'Impero tedesco il 27 agosto 1916. L'entrata in guerra dell'Italia aprì un lungo fronte sulle Alpi Orientali, esteso dal confine con la Svizzera a ovest fino alle rive del mare Adriatico a est: qui, le forze del Regio Esercito sostennero il loro principale sforzo bellico contro le unità dell'Imperial regio Esercito austro-ungarico, con combattimenti concentrati nel settore delle Dolomiti, dell'Altopiano di Asiago e soprattutto nel Carso lungo le rive del fiume Isonzo. Contemporaneamente alle operazioni belliche, la guerra ebbe anche una profonda influenza sullo sviluppo industriale del paese oltre ad avviare grandi cambiamenti in ambito sociale e politico. Il fronte interno giocò un ruolo fondamentale per il sostegno dello sforzo bellico: gran parte della vita civile e industriale fu completamente riadattata alle esigenze economiche e sociali che il fronte imponeva, e comparve la militarizzazione dell'industria, la soppressione dei diritti sindacali a favore della produzione di guerra, i razionamenti per la popolazione, l'entrata della donna nel mondo del lavoro e moltissime altre innovazioni sociali, politiche e culturali. La guerra impose uno sforzo popolare mai visto prima; enormi masse di uomini furono mobilitate sul fronte interno così come sul fronte di battaglia, dove i soldati dovettero adattarsi alla dura vita di trincea, alle privazioni materiali e alla costante minaccia della morte, che impose ai combattimenti la necessità di dover affrontare enormi conseguenze psicologiche collettive ed individuali, che andavano dalla nevrosi da combattimento, al reinserimento nella società fino alla nascita delle associazioni dei reduci. Dopo una lunga serie di inconcludenti battaglie, la vittoria degli austro-tedeschi nella battaglia di Caporetto dell'ottobre-novembre 1917 fece arretrare il fronte fino alle rive del fiume Piave, dove la resistenza italiana si consolidò; solo la decisiva controffensiva di Vittorio Veneto e alla rotta delle forze austro-ungariche, sancì la stipula dell'armistizio di Villa Giusti il 3 novembre 1918 e la fine delle ostilità, che costarono al popolo italiano circa 650.000 caduti e un milione di feriti. La firma dei trattati di pace finali portò a un rigetto delle condizioni a suo tempo fissate nel Patto di Londra e a una serie di contese sulla fissazione dei confini settentrionali del paese, innescando una grave crisi politica interna sfociata nella cosiddetta "Impresa di Fiume", cui si sommarono i rivolgimenti economici e sociali del biennio rosso; questi fattori gettarono poi le basi per il successivo avvento del regime fascista.
La battaglia di Caporetto, o dodicesima battaglia dell'Isonzo (in tedesco Schlacht von Karfreit, o zwölfte Isonzoschlacht), conosciuta in Italia e all'estero anche come "rotta" o "disfatta di Caporetto", fu uno scontro combattuto sul fronte italiano della prima guerra mondiale, tra le forze congiunte degli eserciti austro-ungarico e tedesco, contro il Regio Esercito italiano. L'attacco, cominciato alle ore 2:00 del 24 ottobre 1917 contro le linee della 2ª Armata italiana sulla linea tra Tolmino e Caporetto (l'odierna Kobarid), portò alla più grave disfatta nella storia dell'esercito italiano, al collasso di interi corpi d'armata e al ripiegamento dell'intero esercito italiano fino al fiume Piave. La rotta produsse quasi 300 000 prigionieri e 350 000 sbandati, tanto che ancora oggi il termine "Caporetto" è entrato nell'uso comune della lingua italiana per indicare una pesante sconfitta, una disfatta, una capitolazione. Approfittando della crisi politica interna alla Russia zarista, dovuta alla rivoluzione bolscevica, Austria-Ungheria e Germania poterono trasferire consistenti truppe dal fronte orientale a quello occidentale e italiano. Forti di questi rinforzi, gli austro-ungarici, con l'apporto di reparti d'élite tedeschi, sfondarono le linee tenute dalle truppe italiane che, impreparate a una guerra difensiva e duramente provate dalle precedenti undici battaglie dell'Isonzo, non ressero all'urto e dovettero ritirarsi fino al fiume Piave, a 150 chilometri di distanza. La sconfitta portò a immediate conseguenze politiche (le dimissioni del Governo Boselli e la nomina di Vittorio Emanuele Orlando) e militari, con l’avvicendamento del generale Luigi Cadorna (che cercò di nascondere i suoi gravi errori tattici, imputando le responsabilità alla presunta viltà di alcuni reparti) con il generale Armando Diaz. Le unità italiane si riorganizzarono abbastanza velocemente e fermarono le truppe austro-ungariche e tedesche nella successiva prima battaglia del Piave, riuscendo a tenere a oltranza la nuova linea difensiva su cui aveva fatto ripiegare Cadorna.
Il Servizio P fu un'organizzazione costituita per la vigilanza, l'assistenza e la propaganda all'interno del Regio Esercito, voluta all'inizio del 1918 su disposizione del comando supremo militare italiano. L'attività di propaganda nell'esercito sotto la guida di Luigi Cadorna non fu considerata fondamentale, se escludiamo alcune iniziative autonome all'interno delle armate, ma ebbe un sostanziale impulso nel suo sviluppo dopo la rotta di Caporetto, quando i vertici politici e militari guidati dal nuovo comandante supremo, generale Armando Diaz, acquisirono la consapevolezza della necessità di far partecipare ai fini della guerra larghi strati della popolazione e soprattutto i soldati. Oltre ad essere stata una grave sconfitta militare, Caporetto all'epoca venne interpretata come un fallimento di tutta la società italiana e soprattutto della gestione politica dell'esercito; rese manifesta l'estraneità dei soldati alle motivazioni ed ai fini della guerra per cui combattevano, e sancì l'inizio di corposi stanziamenti per la propaganda che portarono all'istituzione presso il comando supremo del Servizio P. Questo servizio, con apposite sezioni e sottosezioni d'armata, aveva il compito di vigilare sul morale e sulla condizione umana e spirituale dei soldati, assisterli nella comunicazione con le famiglie e motivarli sulla necessità della guerra. Per questo compito furono incaricati diverse centinaia di ufficiali denominati «P», che vennero arruolati all'interno dell'esercito, ma che ebbero tra le loro file anche intellettuali, artisti, e uomini di spettacolo, che collaborarono nella stesura e nella distribuzione di materiale propagandistico di vario genere, destinato sia agli ufficiali di complemento, sia ai soldati. Il Servizio P si dimostrò di grande importanza, soprattutto durante gli ultimi e decisivi mesi di guerra, comportando notevoli miglioramenti nelle condizioni morale e materiale dei soldati, che durante il periodo di comando di Cadorna vennero sottoposti ad un pesante regime oppressivo e punitivo che li voleva relegare all'obbedienza assoluta. Dopo Caporetto però tutto ciò cambiò, e se l'obiettivo ultimo dell'organizzazione militare rimase il medesimo, il comando supremo volle realizzarlo dando al soldato una condizione più umana, utilizzando nel contempo nuove forme di propaganda atte a tale scopo. Per questo compito vennero incaricati gli ufficiali P, che instauravano contatti con ufficiali di complemento e avevano l'ordine di effettuare un capillare servizio di vigilanza morale nei confronti di ufficiali e soldati. Vennero stampati giornali di trincea, istituite le Case del soldato, allestiti luoghi atti allo svago e organizzate classi per combattere l'analfabetismo. Citando lo storico Giorgio Rochat si può quindi affermare che «il Servizio P fu dunque uno strumento duttile e articolato che consentì a Diaz e Badoglio di avere "il polso" della situazione nell'esercito e di curarne tempestivamente il morale e l'efficienza».
Raffaele Cadorna (Pallanza, 12 settembre 1889 – Verbania, 20 dicembre 1973) è stato un generale, politico e antifascista italiano, comandante del Corpo Volontari della Libertà. Fu decorato dagli Stati Uniti con la Bronze Star Medal.
La battaglia degli Altipiani fu lo scontro che, durante la prima guerra mondiale, ebbe luogo nella primavera del 1916 sugli altipiani di confine tra Veneto e Trentino tra l'Imperiale e regio esercito austroungarico e il Regio esercito italiano, comandati rispettivamente da Franz Conrad von Hötzendorf e Luigi Cadorna. La battaglia è nota con il nome di Offensiva di primavera (in tedesco Frühjahrsoffensive) o anche Offensiva di Maggio o Offensiva del Sud Tirolo (in tedesco Maioffensive o Südtiroloffensive). L'offensiva austriaca è poi conosciuta impropriamente in Italia anche con il termine di Strafexpedition (in italiano Spedizione punitiva). Questa denominazione non trova alcun riscontro nella documentazione ufficiale austriaca del tempo ed è considerato di origine popolare italiana per sottolineare la presunta volontà dell'Austria di punire l'Italia per l'entrata in guerra a fianco dell'Intesa.Questa fu anche l'unica offensiva austriaca sul fronte italiano tra l'entrata in guerra dell'Italia nel 1915 e l'offensiva di Caporetto dell'ottobre 1917. La battaglia durò dal 15 maggio 1916 al 27 luglio 1916. L'offensiva austriaca si esaurì il 16 giugno 1916; da quella data fino al 27 luglio ebbe invece luogo la controffensiva italiana. Questa battaglia segnò la volontà austriaca di condurre un'offensiva su grande scala che avrebbe permesso all'esercito imperial-regio di invadere la pianura veneta e isolare il fronte dell'Isonzo dal resto della penisola italiana. Tuttavia, le difficoltà logistiche dell'Austria-Ungheria e l'Offensiva Brusilov sul fronte orientale decretarono il fallimento dei piani austroungarici, con l'esercito imperiale che decise di ripiegare su posizioni facilmente difendibili. Si stima che, al termine della battaglia, le perdite italiane ammontarono a quasi 150.000 uomini e quelle austriache a circa 83.000 uomini.
La presa di Roma, nota anche come breccia di Porta Pia, fu l'episodio del Risorgimento che sanc l'annessione di Roma al Regno d'Italia. Avvenuta il 20 settembre 1870, decret la fine dello Stato Pontificio quale entit storico-politica e fu un momento di profonda rivoluzione nella gestione del potere temporale da parte dei papi. L'anno successivo la capitale d'Italia fu trasferita da Firenze a Roma (legge 3 febbraio 1871, n. 33). L'anniversario del 20 settembre stato festivit nazionale fino al 1930, quando fu abolito a seguito della firma dei Patti Lateranensi.
Pietro Badoglio (Grazzano Monferrato, 28 settembre 1871 – Grazzano Badoglio, 1º novembre 1956) è stato un generale e politico italiano, maresciallo d'Italia, senatore e capo del governo dal 25 luglio 1943 all'8 giugno 1944. Fu nominato marchese del Sabotino motu proprio dal re Vittorio Emanuele III e duca di Addis Abeba. Membro del PNF, dopo la deposizione di Mussolini guidò un governo militare durante la seconda guerra mondiale che condusse il paese all'armistizio dell'8 settembre 1943. Venne poi inserito nella lista dei criminali di guerra dell'ONU su richiesta dell'Etiopia, ma non venne mai processato.
La guerra di Abissinia (Abissinia era l'antico nome dell'odierna Etiopia), fu un conflitto militare combattuto tra il dicembre del 1895 e l'ottobre del 1896 tra il Regno d'Italia e l'Impero d'Etiopia. La sconfitta delle forze armate del Regno d'Italia ad opera di Menelik II portò alla firma del trattato di Addis Abeba, con cui veniva riconosciuta la piena indipendenza dell'Etiopia.
Aleramo (Sezzadio, 904 – Grazzano Badoglio, 991), figlio di Guglielmo I del Monferrato, fu il primo marchese del Monferrato e il fondatore della dinastia degli Aleramici.